Omelia della Veglia di Preghiera per le Vocazioni – 19 aprile: “Progetta con Dio… abita il futuro”

22-04-2013
Omelia della Veglia di Preghiera per le Vocazioni
Ravenna, 19 aprile 2013
 
PROGETTA CON DIO… ABITA IL FUTURO
Prendo alcune delle parole dette all’inizio di questa veglia e cerco di commentarle con voi.
1) Siamo nel cuore dell’Anno della fede: la crisi di fede è anche crisi di vocazione. Ma attenzione! Questo non è un fenomeno indolore! L’uomo ‘senza vocazione’, è un soggetto che si muove ma senza un senso, una direzione, non ha uno scopo per cui vivere.
È come uno che vaga nel deserto e non vede una pista dove dirigersi. È uno che vive senza sperare in nulla, perché non ha un futuro, non lo immagina, non lo aspetta, non ci crede. È come un nomade senza casa, alla ricerca di esperienze via via sempre più emozionanti, come per sentirsi ancora vivo, per avere qualcosa da raccontare a qualcuno’ non è un pellegrino con una meta; è come chi naviga attraverso i siti della vita, quasi tutti già visitati, già visti e abbandonati, sempre più annoiato.
Senza una vocazione, non c’è la possibilità di gustare la vita presente né di aspettare, con desiderio e speranza, il proprio futuro!
Dov’è l’errore che commettiamo di solito e che porta ad una vita senza vocazione? È nella non conoscenza della natura umana, dell’uomo così come è fatto. Infatti se si cerca direttamente una felicità immediata nelle cose possedute, nelle relazioni, nelle persone, negli eventi, si trovano solo momenti effimeri di felicità; la voglia saziata in fretta, si spegne e nasce subito la spinta a ripetere la ricerca, in un circolo vizioso che non si chiude mai e rende sempre più schiavi. Si finisce nella noia, si gira sempre intorno a se stessi.
Se invece, seguiamo con intelligenza la nostra natura, e cerchiamo qualcosa che ci permette di uscire dal sé e di fare cose ‘grandi’ o meglio cose piccole, ma belle, gesti piccoli, ma di umanità vera, gesti di amicizia autentica, di aiuto gratuito, di vicinanza a chi ha un bisogno; oppure se ci fermiamo col Signore Dio in momenti di preghiera di lode e di ringraziamento, di ricerca nella Parola di Dio di qualche risposta ad una domanda interiore difficile; se diamo spazio al dialogo con una persona più adulta e affidabile; se ci buttiamo in piccoli atti di consegna di noi stessi ad una missione anche piccola, ma significativa per qualcuno (un’ora ogni settimana nella caritas parrocchiale, la visita ad un vicino malato, la compagnia ad un anziano solo)’ in tutti questi gesti noi possiamo sperimentare una grande potenzialità che è iscritta nel cuore umano: la capacità di trascendenza di sé verso l’altra persona o verso Dio! Nell’aprirsi e nell’uscire da sé, dimenticandosi per prendersi cura dell’altro, si scopre una gioia più vera e più profonda, forse meno scoppiettante, ma che dura più a lungo e riempie il cuore più delle emozioni immediate. È questa la vera gioia che tutti cercano, spesso nelle esperienze sbagliate e in un modo sbagliato, ma è possibile. E questa via ce la insegna l’esempio di Gesù, l’uomo che ha vissuto solo per gli altri.
Impariamo a stare attenti e a leggere i nostri sentimenti più profondi, dopo le esperienze quotidiane e scopriremo quelle che danno vera gioia e quelle che danno solo briciole di felicità passeggera.
Ora chi esce da sé e si apre alle occasioni dell’amore, dell’amicizia, del servizio; chi ci crede che ‘c’è più gioia nel dare che nel ricevere’ e ci prova a volere bene, scopre che lì c’è la sua vera umanità, la sua vera realizzazione, e troverà anche la sua vocazione, cioè è il dono unico e speciale che Dio Padre ha messo nella sua vita. Chi non si apre e non va oltre a sé, non può amare, scoprire la sua vocazione, e getta via la vita.
2) La seconda parola che commento è: in comunione di preghiera. C’è la preghiera per avere vocazioni dal Signore per la nostra Chiesa e per tutte le Chiese del mondo; c’è la preghiera per la propria vocazione; la preghiera di una Chiesa con i suoi giovani e per i suoi giovani (come stasera), ma c’è anche la preghiera per scoprire quanto Dio ci ha già amato per primo e quanto ha già messo segni ed esperienze di amore nella nostra vita. Questa è le preghiera vocazionale più efficace e che dà più gioia: ci da la piena coscienza di sapersi amati, di sentirsi amati, gratuitamente, di sapersi preziosi agli occhi di Dio. Questa preghiera si impara soprattutto dalla Sacra Scrittura. Nella Parola di Dio ci sono tanti esempi di gratitudine verso Dio per le meraviglie che ha fatto per il suo popolo, per alcuni chiamati (i salmi, i cantici, come il cantico di Mosè, di Anna, il cantico di Maria il Magnificat).
Una vocazione vera, costruita sulla roccia che resisterà a tutte le prove e le fatiche, è quella che sorge dalla gratitudine verso l’amore di Dio! Amore personale che si è manifestato in momenti precisi della vita, con esperienze che hanno generato una intuizione spirituale, hanno lasciato una ferita positiva nel cuore, una traccia indelebile nella memoria. Esperienze che vanno riscoperte: ciascuno ne ha almeno una da ricordare e sulla quale costruire la sua vocazione. Per es.: un incontro di preghiera illuminante da soli o in famiglia; un momento di contemplazione della natura; una pagina della Bibbia meditata in silenzio che ha fatto sgorgare una lode a Dio; una confessione fatta con grande sincerità che ha fatto sentire la misericordia del Padre dei cieli (es. di Papa Francesco); una testimonianza scioccante di un missionario o di un consacrato; l’aver visto pregare la propria mamma o il papà con serietà e serenità; la fedeltà di un parroco e la sua cura per la fede in Dio delle persone’ Sono solo pochi esempi di quei fatti che muovono il cuore e la volontà e spingono a dire al Signore: Eccomi! Sono disponibile! Voglio anch’io fare come loro! Voglio vivere nell’amore di Gesù Cristo! dedicarmi a Lui nei poveri o nei giovani o per annunciare il vangelo ai più lontani e quelli senza speranza e senza gioia!
Tutta la vita diventa un rendimento di grazie. La vocazione è rispondere con gratitudine e gioia a Colui che ti ha amato per primo, sapendo quando e come ti ha amato. Provate a chiederlo ad un consacrato, ad un prete, ad un missionario, ad un seminarista, ad una monaca di clausura’ e vi sapranno rispondere con precisione!
Senza la preghiera però, tutto questo non è possibile.
3) Infine, abbiamo sentito: ‘invochiamo la grazia, lo Spirito Santo, affinché tutti sappiano discernere, accogliere, vivere in pienezza, la chiamata del Signore.’
Perché questa preghiera, questa invocazione allo Spirito Santo?
Perché in ogni vocazione c’è un cammino di scoperta a partire dalle prime intuizioni spirituali, che ha bisogno di una purificazione del cuore e delle abitudini. Aprendosi all’amore di Dio, ci si scopre infatti molto più egoisti e superbi, e molto meno umili e miti di quello che si credeva! Più si lascia perdere la ricerca di se stessi e dei propri bisogni e più si ha la chiarezza sul proprio dono, sulla volontà di Dio, sul bene che ci vuole. Più è libero il cuore, più gli occhi della fede vedono la strada giusta, quella della gioia sicura!
La gratitudine verso il Dio amore, ci spinge così a darci gratuitamente e ad accogliere i suoi pensieri e i suoi doni sulla nostra vita: più si accettano e più ci si sente ‘suoi’, liberamente suoi e sempre più nella gioia. Anche se le rinunzie costano, ma ne vale la pena!
La preghiera, la Parola di Dio, l’Eucaristia e l’accompagnamento spirituale, il sacramento della riconciliazione, permettono poi di mantenere la scelta fatta e di crescere nel dono sincero di sé.
E non sottovalutiamo l’importanza della famiglia in questo cammino. Se è vero che la famiglia oggi per i grandi ostacoli che deve superare, senza aiuti dalla società, magari senza famiglie amiche che le stiano a fianco, è spesso in crisi, è però vero che ogni famiglia ha anche delle potenzialità. Lì si può imparare l’amore fraterno e paterno o materno e filiale, l’amore fatto di impegni e sacrifici, per il bene dell’altro. È in famiglia che si può imparare la gratuità e l’apertura. Ma in una famiglia cristiana, i figli vedono anche una vocazione che si sta realizzando: quella dei genitori! Vedono la ricchezza del matrimonio cristiano con i suoi valori evangelici di amore fedele, indissolubile anche nella cattiva sorte, di servizio alla vita, di donazione totale di sé per gli altri. I ragazzi e i giovani possono imparare la preghiera, la carità, la giustizia.
Qui i ragazzi però si aspettano anche il rispetto della loro vocazione, dei loro desideri più alti e nobili: è parte della vocazione dei genitori sostenerli nel loro cammino spirituale e vocazionale. Lo hanno fatto Maria e Giuseppe con Gesù dopo la sua fuga nel tempio alla ricerca della volontà del Padre suo. Lo possono e devono fare anche i genitori oggi: lasciare liberi i figli di amare e servire il Signore e di scegliere liberamente la loro strada, anzi sostenendoli con la preghiera e un amore rinnovato.
Lasciamoci dunque amare tutti da Dio, secondo il suo progetto: è lì il nostro futuro!
+ Lorenzo G., Arcivescovo