Omelia della Veglia di Pentecoste – 18 maggio

03-06-2013
Omelia della Veglia di Pentecoste
 
Ravenna, 18 maggio 2013
 
 
1)  Babele (Gn 11,1-9)
«Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
L’unità iniziale di quella ‘originaria’ città degli uomini che diverrà Babele, è un anti’valore perché è vissuta come potenza, autonomia da Dio, autosufficienza; come capacità di organizzarsi, di dominare con le proprie forze la natura, il creato e di costituire una società, una vita comune, a partire solo da se stessi; di darsi in proprio l’identità, come in una specie di auto-creazione’ è il trionfo dell’esaltazione di sé stessi (come nel racconto del peccato originale)!
È l’uomo senza Dio, senza bisogno della vita che viene da lui, della sua sapienza, del suo amore che unisce e edifica’
Così Dio mette alla prova l’uomo lasciando emergere il conflitto delle differenze. Senza Dio, ciascuno vuole parlare la sua lingua, affermare se stesso: e appare tutta la debolezza e la fragilità degli uomini, che si dividono e disperdono le loro forze.
 
2)  Le ossa inaridite e lo Spirito (Ez 37,1-14)
Profetizza su queste ossa e annuncia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete.
La storia dei popoli è fatta di continui episodi di fallimento delle imprese, delle civiltà, degli imperi e delle nazioni, con la conseguente morte dei sogni, delle utopie; e con la perdita delle speranze.
Gli uomini si scoprono tragicamente destinati alla morte, allo svanire delle loro opere; e della loro memoria. La sconfitta, l’esilio, la perdita dei beni o delle relazioni più care e importanti: tutto passa!
Ma Dio interviene: lui apre i sepolcri dentro i quali gli uomini, ‘anche i membri del suo popolo’, si rinchiudono per paura o per vergogna o per i peccati di infedeltà. Lui compie una nuova creazione, soffia di nuovo lo spirito e tutto riprende vita, come all’inizio. La vita è sua. La dona e la ri-dona secondo la sua volontà, secondo il suo disegno, secondo il suo amore che non si stanca e non si lascia sconfiggere dalle nostre opere e dai nostri pensieri di morte.
Il suo santo Spirito è il protagonista di questa nuova creazione e della nuova vita del popolo e dei singoli. Dio genera e rigenera i suoi figli, in una maternità ininterrotta, con l’effusione del suo Santo Spirito, e non li abbandona mai.
 
3)  Un Corpo e molte membra (1Cor. 12,12-31)
Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. 
E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.
La prima verità della Chiesa è di essere come Cristo. È Uno e ha molte membra: noi suoi discepoli, legati a lui indissolubilmente per il Battesimo nella sua morte e risurrezione, e per il dono del suo Spirito, fonte di acqua viva, che ci disseta abbeverandoci con la vita stessa di Dio.
 
I conflitti nella Chiesa nascono invece dalla seconda verità: tutte le membra sono diverse e hanno vocazioni e missioni diverse.
Tutto ciò può generare due atteggiamenti spontanei ma pericolosi.
Il primo è il non sentirsi appartenenti alla comunità, perché portatori di doni che altri non hanno; quasi come impossibilitati a sopportare la propria differenza e quindi a mettere in comune il proprio dono spirituale, con la tentazione di soffocare la propria vocazione e di rinunciare alla propria missione.
Lo Spirito invece opera per unire le differenze, e non per rendere tutti omogenei; anche se è più difficile l’accordo, l’amicizia è più faticosa; ma la comunità risulta così arricchita di doni complementari, non di membri appiattiti e inquadrati.
Il secondo è l’escludere altri dicendo loro: ‘Non abbiamo bisogno di voi’. E questo per la difficoltà ad integrare doni nuovi, che comporterebbero cambiamenti di abitudini o di equilibri di potere dentro la comunità, cambiamenti di ruoli e di responsabilità. Oppure perché i nuovi doni sono portati da persone semplici, povere, sofferenti, che non danno particolare onore o prestigio o ricchezza umana e sociale alla comunità. Anzi che hanno bisogno delle cure degli altri. E invece di accoglierle con gratitudine, perché fanno scattare la circolazione della carità, sono percepite come un ostacolo all’efficienza e alla superiorità della comunità su altre aggregazioni. Lo Spirito anche qui fa cadere i muri e apre i cuori perché si affermi nella comunità dei battezzati l’amore preferenziale per i poveri e si accolgano loro stessi come dono, ma anche i loro doni, con i quali il Signore arricchisce in modo speciale la comunità.
Inoltre lo Spirito ci illumina circa l’origine dei doni gerarchici e carismatici: ‘Alcuni‘ Dio stesso li dota di carismi e li chiama ai corrispondenti ministeri nella Chiesa per il bene di tutti, per edificare la comunità; non per il loro prestigio, né per la loro autorealizzazione. Perché tutti i doni sono per il servizio, comportano una croce e una rinuncia a se stessi, chiedono di diventare esperti nella carità, praticandola con pazienza, grandezza d’animo, benevolenza, rispetto; e senza invidia, gelosie, vanterie, egoismi, rancori, ingiustizie. Lo Spirito dona questa carità alla Chiesa e ai singoli credenti.
 
4)  Se qualcuno ha sete venga a me (Gv 7,37-39)
Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva.
Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui.
Gesù offre a chi lo ascolta non solo il dono della fede, ma ancora prima il dono della sete! La sete di Lui, dell’incontro con il suo volto, la sua parola, il suo spirito, il suo cuore. Poi sazia questa sete. La fede in lui permette di bere qest’acqua viva che scende da lui e di essere dissetati dal suo Spirito, di entrare così nella sua intimità. Questo miracolo di solito avviene nella preghiera.
Ancora oggi nella vita della Chiesa, è lo Spirito di Dio che rende presente il Cristo, che ci unifica in lui, ci colma di doni, ci racoglie nell’unità, ci manda a tutti i fratelli anche a quelli più lontani ‘o allontanati dai nostri cattvi esempi,’ per riconquistarli alla sua grazia.
Anche la missione, che in questi ultimi decenni è diventata sempre più uno scambio di persone e doni tra Chiese sorelle, più che impegno a senso unico di una chiesa verso l’alttra, è sospinta dal suo Santo Spirito: è lui che svolge il compito di spingerci tutti ad annunciare la buona notizia di Gesù e a creare fraternità con tutti, perchè arriviamo all’unità di un solo Corpo e di un solo Spirito.
Ricordiamo in modo particolare nella preghiera di stasera e anche nei prossimi tempi, i giovani che si rendono disponibili a qualche servizio missionario anche fuori dalle nostre terre: sono dentro la comunione e lo scambio che vorremmo aumentasse tra noi e le altre Chiese, dalle quali ci aspettiamo anche qualche dono spirituale. E sono gli anticipatori di un cammino che dovrà crescere tra presbiteri, consacrati e laici per rendere la nostra Chiesa più missionaria dentro e fuori i suoi confini. Invochiamo lo Spirito anche per questo!
 
+ Lorenzo, Arcivescovo
 
 
 
MANDATO MISSIONARIO
 
Carissimi, si rinnova oggi per noi l’esperienza della Chiesa delle origini, la quale inviava alcuni suoi figli non solo a confermare nella fede i propri fratelli, ma ad annunziare con franchezza apostolica il Vangelo ai popoli che ancora non conoscevano il Cristo. L’invio di fratelli e sorelle in regioni diverse, secondo le concrete necessità delle Chiese particolari, renda più forte il vincolo di comunione fraterna che già vive e opera mediante la preghiera.
 
Ti benediciamo e ti lodiamo, o Dio,
‘hai mandato nel mondo il tuo Figlio per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato
‘e colmarli dei doni dello Spirito Santo.

Guida i loro passi con la tua destra
e sostienili con la potenza della tua grazia,
perché non vengano meno
sotto il peso delle fatiche apostoliche.
Risuoni nelle loro parole la voce di Cristo
e quanti li ascolteranno
siano attirati all’obbedienza del Vangelo.
Infondi nei loro cuori il tuo Santo Spirito,
perché, fatti tutto a tutti,
conducano a te, o Padre, una moltitudine di figli

che nella santa Chiesa ti lodino senza fine.