09-06-2014
Veglia di Pentecoste
Ravenna, 7 giugno 2014
La nostra Chiesa in Uscita Missionaria
La Diocesi di Ravenna-Cervia Risponde a Papa Francesco
1) Come Paolo e Barnaba
Paolo e Barnaba (Atti 13,1ss.) vengono scelti nell’assemblea liturgica, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, e vengono mandati ‘ad annunciare la Parola di Dio’ con l’imposizione delle mani: un gesto forte (‘sacramentale’) che istituisce un nuovo ministero missionario, come poco prima era stato istituito il ministero caritativo dei Sette. E con loro va anche Giovanni detto Marco, come ‘aiutante’, almeno all’inizio della missione (dalla quale poi si ritirerà, contrariando Paolo; ma diventerà un missionario convinto, poco a poco, dopo alcune esperienze insieme con Barnaba, lo stesso Paolo e Pietro: At 15,37; Col 4,10, Fil 24 e 1Pt 5,13). Più tardi, mentre Barnaba andrà a Cipro con Giovanni Marco, Paolo si muoverà con Sila, Timoteo, e con lo stesso Luca, come appare dal suo racconto.
La missione della Chiesa nasce quindi da un’ispirazione dello Spirito, si concretizza con delle scelte della comunità e inizia con un mandato in un contesto di preghiera. Non è mai missione solitaria, non ha motivazioni umane o sociali, non è frutto di discernimento individuale ma comunitario, non è decisa da qualcuno ma si basa sul mandato apostolico; e la si relizza insieme, almeno a due a due o anche in piccoli gruppi.
Sono criteri che vorremmo tenere come normativi anche per noi, se è vero che tutta l’azione pastorale della Chiesa deve partire dalla Parola di Dio.
2) La svolta missionaria della Chiesa di Ravenna Cervia
Siamo anche noi, Chiesa di Ravenna Cervia, davanti ad una svolta missionaria. Ci stiamo impegnando a metterci ‘in stato di missione‘, non solo sul nostro territorio, che oggettivamente e storicamente è terra di missione, come ricordò il Papa a mons. Conforti quando lo inviò qui all’inizio del 1900, ma vogliamo iniziare ad aprirci alla missione ad gentes in modo stabile. E proprio a S. Guido Maria Conforti già Arcivescovo di Ravenna e fondatore di una congregazione missionaria, i Saveriani, vorrei dedicare questa opera. Alla sua intercessione potente, al suo esempio, alla sua passione missionaria vogliamo fare riferimento per avere un patrono sicuro per gli inizi di questa svolta missionaria.
Attenzione però, non partiamo da zero: ci sono già state negli anni passati alcune persone che dalla nostra diocesi sono partite per l’evangelizzazione di territori lontani dove c’era da impiantare la Chiesa, sia sacerdoti che religiosi e religiose. Alcuni di loro ancora oggi sono a servizio del Vangelo in varie parte del mondo. L’ultimo è stato don Stefano Morini che ha svolto il suo servizio pastorale in Perù e che oggi anima il nostro CMD: lui sarà alla guida dei giovani che staranno in Perù per oltre un mese. C’è anche questa bella ricchezza missionaria dentro la storia della nostra chiesa diocesana, che non va dimenticata e che riporteremo alla luce nei prossimi tempi.
Oggi però nella Vigilia della Pentecoste del 2014 iniziamo un percorso che vorremmo sempre più condiviso non solo dai Consigli o dagli organismi diocesani, o dai collaboratori del Centro Missionario diocesano che già si sono espressi con entusiasmo, ma anche da tutto il clero e dai fedeli delle parrocchie. Vorremmo che fosse scelta diocesana, per coinvolgere tutti i battezzati e sentire questa come la nostra missione diocesana. Senza chiudere le amicizie e i collegamenti o gli aiuti che tante parrocchie danno a molte esperienze missionarie, ma dando un’attenzione privilegiata, un po’ più di cuore, di preghiera e di disponibilità anche personali, per questa nostra missione.
3) La Chiesa di Carabayllo, in Perù
La diocesi con la quale siamo in contatto è quella di Carabayllo, in Perù a nord di Lima: nata 18 anni fa, si estende su 1299 Km2, ha 44 parrocchie, 2.500.000 abitanti (cattolici 2.295.000), quasi un centinaio di sacerdoti tra diocesani e religiosi, una decina di diaconi, circa duecento religiose; ha varie opere sociali e una università cattolica. Il suo Vescovo Lino Panizza Richero, Francescano Cappuccino (originario della Liguria) verrà nella nostra diocesi a metà giugno e potremo così stabilire come portare avanti il nostro cammino comune.
L’invio col mandato di questa sera, dei giovani con don Stefano, rappresenta nelle nostre intenzioni la prima tappa, che il Vescovo Lino ha già approvato e accolto con gioia. Nelle lettere che ci siamo scritti ha condiviso con noi una visione di Chiesa che vive la comunione nello scambio dei doni, dei diversi carismi e realtà che lo Spirito Santo suscita nel suo popolo. Ci ha scritto, tre giorni fa, a proposto di questa prima tappa: ‘Speriamo che questo sogno corrisponda alla volontà del Signore e sia davvero una Pentecoste per la Chiesa di Ravenna e di Carabayllo. Aspettiamo con desiderio e preghiamo intensamente perché crediamo che questa relazione sarà arricchente per le due diocesi: porterà a noi la vostra esperienza di una lunga tradizione di Chiesa che accompagna i fedeli nella crescita e consolidamento della fede e da parte nostra la trasmissione di una fede semplice e popolare piena di entusiasmo con molto desiderio di conoscere sempre più il Signore e la sua misericordia‘ (stanno vivendo “l’anno della misericordia’ in diocesi).
4) I valori guida della nostra missione con le parole di Papa Francesco
Ci sono però alcuni valori guida, sui quali vogliamo costruire questa missione diocesana. Sono pienamente in linea con quelli che abbiamo raccolto dagli Atti degli Apostoli, ma li riprendiamo dalla Evangelii Gaudium e dalle riflessioni offerte ai Vescovi nell’Assemblea di metà maggio. Sono parole di Papa Francesco, sono spunti da approfondire, ma centrali.
I valore: una Chiesa in uscita
Abbiamo in cantiere un mandato missionario, ma il primo mandato lo abbiamo ricevuto tutti quanti da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium quando dice: ‘Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione‘ (25). È la sua proposta di una conversione missionaria: ‘Ogni Chiesa particolare, porzione della Chiesa Cattolica sotto la guida del suo Vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione’ (30). È la riforma della chiesa in uscita missionaria. Un’immagine che per noi è un compito e anche un dono: ‘La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che fruttificano e festeggiano’ (24).
Sono parole che ci impegnano tutti, e il Vescovo in modo specifico: ‘Il Vescovo deve sempre favorire la conversione missionaria nella Chiesa diocesana perseguendo l’ideale delle prime comunità cristiane, nelle quali i credenti avevano un cuor solo e un’anima sola’ (31). Il Papa è chiaro, come lo è per quanto riguarda la pastorale missionaria qui nella nostra terra: ‘La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del ‘si è sempre fatto così’.
Invito tutti a essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità’ (34).
II valore: la missione di un popolo
Un’altra parola chiara di Francesco ci tocca da vicino là dove dice che la missione della Chiesa non è fatta da individui separati, da protagonisti, o dai loro programmi pastorali, ma è missione di un popolo e in un popolo.
Scrive: ‘Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le proprie forze’ (113). E più avanti: ‘Essere Chiesa significa essere popolo di Dio, in accordo con il grande progetto di amore del Padre’ (114).
Nella prospettiva del popolo, la missione coinvolge perciò tutti i battezzati e non solo gli specialisti (120) e deve in qualche modo raggiungere tutti. ‘La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo’ (268).
III valore: una Chiesa che annuncia il kerigma
Papa Francesco sottolinea l’approfondimento del kerigma, cioè l’annuncio della misericordia, della ‘gioia del Vangelo‘: Cristo è vivo, è risorto; con il suo sangue ci ha ottenuto il perdono e la guarigione, siamo stati liberati e abbiamo una vita nuova in noi! Questo annuncio non può essere abbandonato (163 ss) ‘Non c’è nulla di più solido, di più profondo’ e di più saggio di tale annuncio. La centralità del kerigma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio, previo all’obbligazione morale e religiosa; che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà; che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità; e un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna’(165).
Quindi il fondamento di ogni opera di evangelizzazione è la Parola di Dio: ‘Tutta l’evangelizzazione è fondata su di essa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata, testimoniata. La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione’ (174). Una chiesa missionaria è una chiesa della Parola, la sola che può far ardere il cuore e convertirlo.
IV valore: evangelizzazione e ‘carità’
La dimensione della Chiesa come popolo che evangelizza, si sviluppa nella esortazione del Papa anche là dove parla con ampiezza della ‘dimensione sociale del kerigma‘ che è parte integrante di una Chiesa in uscita ed esprime ‘l’assoluta priorità dell’uscita da sé verso il fratello, come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale. Per ciò stesso anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua essenza’ (179).
V valore: l’inclusione dei poveri
La Chiesa si qualifica, secondo l’Evangelii gaudium, per la capacità di ‘ascoltare il grido dei poveri’. ‘La Chiesa ha riconosciuto che l’esigenza di ascoltare quel grido deriva dalla stessa opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi, per cui non si tratta di una missione riservata solo ad alcuni‘ (188). Si tratta di includere i poveri nella famiglia universale della Chiesa, perché nella società sono spesso emarginati a causa di un’economia dell’esclusione e dello scarto, per cui si è sviluppata la ‘globalizzazione dell’indifferenza’ (53-54). L’ascolto del ‘grido’ porta a commuoversi di fronte al dolore (193), quindi a uscire dall’indifferenza.
Ma questa Chiesa ha bisogno anche di gesti di guarigione. I Vangeli sono pieni di racconti di guarigione. E Gesù nell’invio in missione dei settantadue dice: ‘Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano e dite loro: È vicino a voi il Regno di Dio’ (Lc 10,8-9). Annuncio del Vangelo e guarigione fanno parte della missione di Gesù e dei discepoli, sono un tutt’uno. Entrambi manifestano l’inizio e la realizzazione del Regno di Dio.
Oggi, dice il Papa, c’è un fastidio quando si parla di etica, di solidarietà mondiale, di distribuzione dei beni, di difesa dei posti di lavoro, di dignità dei deboli, di un Dio che ‘esige un impegno per la giustizia‘ (204), ma questa è la missione della Chiesa, che si interessa del mondo e ascolta il grido dei poveri. Una Chiesa che non s’interessa dei poveri ‘corre il rischio della dissoluzione’ (208). Una Chiesa missionaria non può non vivere questo amore preferenziale per i poveri: ‘Il povero, quando è amato, è considerato di grande valore, e questo differenzia l’autentica opzione per i poveri da qualsiasi ideologia’ (199).
VI valore: evangelizzatori che pregano e lavorano
‘Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano‘ (262). Papa Francesco mette in guardia dalla tentazione di una ‘spiritualità intimistica e individualistica, che mal si comporrebbe con le esigenze della carità’ (262). ‘Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, lavora con lui’ (266). Si tratta di recuperare uno spirito contemplativo, non schiavo dell’attivismo e dei programmi. Il Papa invita a meditare le Scritture per poterle comunicare: ‘La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle sue pagine e leggerlo con il cuore’ (264).
Vita spirituale e missione sono strettamente connesse: ‘Se vogliamo crescere nella vita spirituale, non possiamo rinunciare ad essere missionari’ (272). ‘La missione è qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo’ (273). Noi siamo nel mondo per essere missionari dell’amore di Dio, per aiutare a scoprire la gioia e la forza del Vangelo a uomini e donne.
Conclusione
Io stesso avevo dichiarato diverse volte dopo il mio arrivo nel gennaio del 2013 che mi sembrava necessaria un’apertura missionaria di tutta la diocesi verso una chiesa sorella. Dopo la prima lettera di invito da parte del Vescovo Lino, l’anno scorso, ne ho parlato con il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale, ma mi è parso che non ci fosse abbastanza convinzione. Più entusiasmo ho visto in don Stefano e oggi anche in questi giovani. Il consenso è cresciuto in questi mesi e anche l’animazione missionaria dei giovani ha dato frutto.
Così ho parlato con il nuovo Consiglio Episcopale, appena nominato, e col Consiglio presbiterale, e ho chiesto di partire con questa iniziativa missionaria raccogliendo un consenso di massima. Così che l’esperienza missionaria dei 9 giovani e di don Stefano Morini, diventi la prima tappa di un cammino diocesano.
Il mio desiderio, d’accordo con il Vescovo di Carabayllo, sarebbe quello arrivare ad inviare una piccola equipe, non un individuo isolato, con almeno due preti; due o tre (o più) laici giovani e/o adulti; anche una coppia di sposi se si trova; un consacrato o una consacrata diocesani’ per essere segno di una Chiesa che si mette in stato di missione con una sua rappresentanza completa di tutte le vocazioni che possano testimoniare il Vangelo facendo prima comunione ecclesiale tra loro. Non so se e quando riusciremo ad avere tutto questo, ma mi sembra la via migliore per iniziare.
Mi aspetto una animazione vocazionale verso la missione da parte di tutti i presbiteri, i diaconi, i catechisti, gli educatori. La comunità può e deve chiamare i suoi membri alla missione: alcuni così scopriranno che c’è anche una ispirazione divina in loro e accetteranno.
Ci affidiamo allo Spirito del Signore, con fiducia e con gioia.
+Lorenzo, Vescovo di Ravenna Cervia