Omelia del Corpus Domini – 19 giugno: “Eucaristia e Missione: ‘per la vita del mondo'”

21-06-2014
Corpus Domini
 
Ravenna, 19 giugno 2014
 
Eucaristia E Missione: ‘per la vita del mondo’
(Giovanni 6,51-58)
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e
il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»
 
È per donarci se stesso e per farci partecipare alla vita di Dio che è in Lui, che Gesù è stato mandato dal Padre. La sua missione è riassunta nelle parole appena ascoltate. È disceso, si è abbassato, si è fatto nostro servo assumendo la nostra condizione umana in tutto. È entrato nella storia di un popolo, ne ha assunto la fede e le tradizioni religiose, la cultura, la lingua, le abitudini di vita; ha voluto vivere in una famiglia, ha lavorato, e quando si è avvicinata la sua ora ha fatto il missionario itinerante passando di villaggio in villaggio annunciando il regno di Dio, curando i malati, liberando dai demoni. Un vero modello di missionario, in ogni senso!
Secondo il linguaggio del Vangelo di Giovanni, ha dato tutto se stesso, ha dato la sua carne e il suo sangue, ha amato il mondo tanto da dare la sua Vita perché il mondo riavesse la vita, persa con il peccato. È l’atteggiamento di fondo che ci viene proposto con forza dalla contemplazione del mistero eucaristico: il Pane della vita ci è donato non perché lo contempliamo passivamente, ma perché lo mangiamo e così la sua forza ci trasformi in veri discepoli di Cristo, pronti a testimoniarlo e annunciarlo alle genti. Fino in fondo, fino a lavare i piedi ai fratelli, nei servizi umili e non tanto nelle grandi imprese.
L’Eucaristia ci nutre e ci trasforma, portando a compimento il nostro Battesimo, però solo se ci lasciamo ‘mangiare’ a nostra volta dai fratelli; se rinunciamo ad essere i padroni della nostra esistenza e la mettiamo a disposizione del Vangelo, come il chicco di frumento che solo se muore porta frutto. Se moriamo per gli altri, risorgeremo con Cristo. È la logica dell’eucaristia, è la logica della missione!
Non dovremmo aver paura di donarci per la vita del mondo, cioè perché gli altri abbiano la vita in abbondanza, perché il Signore ci promette la piena comunione con Lui: ‘Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me‘. La nostra Chiesa se vuole essere evangelizzatrice e se vuole essere utile ai disegni dello Spirito di Dio, qui a Ravenna Cervia e anche in terra peruviana, bisogna che viva con questa disponibilità piena, aperta. Bisogna che si esponga al rischio del rifiuto e della persecuzione, che sia pronta alle fatiche dell’insuccesso; che abbia pazienza, umiltà, e speranza contro ogni speranza; che abbia un cuore di madre che vuole generare ad ogni costo qualcuno alla fede, come ha detto Papa Francesco lunedì sera ai suoi operatori pastorali della diocesi di Roma.
Vorrei però fare anche memoria con voi di ciò che abbiamo raccolto dalla Parola di Dio nel Corpus Domini dell’anno scorso perché lì abbiamo ascoltato nel Vangelo secondo Luca il legame tra Eucaristia e Missione. Il contesto in cui Luca colloca la ‘moltiplicazione dei pani’, segno dell’Eucaristia, è la scelta di Gesù di lanciare i Dodici per la missione nel mondo (9,1-6), dopo averli tenuti con sé per formarli, coinvolgendoli nella sua missione e nella sua vita quotidiana.
Gli spunti di quel passo sono importanti per noi soprattutto ora che abbiamo deciso di intraprendere un’apertura missionaria con una chiesa sorella in Perù (è qui presente il Vescovo della diocesi di Carabayllo, mons. Lino Panizza Richero). Impegno di evangelizzazione che abbiamo assunto d’accordo con il Vescovo Lino non solo per aiutare loro, ma anche per essere aiutati noi a vivere il Vangelo: per avere viva coscienza che ci siamo messi ‘in stato di missione’, là e qui da noi, in obbedienza al Signore e a Papa Francesco.
Il primo spunto del Vangelo di Luca è che tutta la comunità è evangelizzante, se vive la comunione ecclesiale (9,1-2). La missione è al plurale: si è mandati insieme; si annuncia e si testimonia insieme. Altrimenti le singole voci non sono molto efficaci dal punto di vista apostolico. Ho già detto nella veglia di Pentecoste, dando il mandato missionario ai nostri giovani e a don Stefano per questa estate nella diocesi di Carabayllo, che la nostra deve essere missione di popolo e per un popolo. In concreto, si va in missione ‘ e si andrà come e quando Dio vorrà ‘ in comunità o almeno a due a due, cioè come cellula di una comunità diocesana con la quale si è in piena comunione e per entrare in un’altra comunità diocesana con la quale vivere in piena comunione.
Il secondo spunto. I primi missionari ritornano da Gesù, dopo la missione. Riconoscono che la loro missione è stato Lui a compierla per mezzo di loro. Si è corresponsabili nella missione che resta opera sua, Lui è il primo inviato dal Padre. Quindi è giusto rendere grazie per le meraviglie che si sono viste operare da Lui. Di solito sono ‘piccole’ meraviglie quelle che operiamo noi, perché Dio agisce bene nel piccolo e si trova poco a suo agio nel grande. E Gesù, ‘ lo dico a quelli che partono per il Perù, ma anche a tutti noi che portiamo la responsabilità della missione qui ‘, Gesù ha bisogno della nostra piccolezza, perché solo nella fragilità e nella piccolezza delle opere o dei segni si rivela la forza dell’amore suo e del Padre.
Poi ci sono le folle ‘che rappresentano l’umanità intera ‘ che lo cercano. E Gesù le accoglie, annuncia a tutti il Regno di Dio e guarisce. Gesù non ci vuole gruppo chiuso o cittadella che si sente sotto assedio e non lascia uscire, né lascia entrare nessuno. Ci vuole città aperta, famiglia accogliente, ci vuole chiesa madre che mentre accoglie genera e rigenera alla fede. Gesù vuole una comunità missionaria che accoglie le folle, annuncia il regno di Dio e guarisce i mali di tutti con i sacramenti e con l’Eucaristia. Vuole che tentiamo di costruire il Regno definendo i confini della Chiesa non a nostra misura, ma sulla larghezza della sua misericordia.
La logica della diffusione del suo Regno e la logica del gesto eucaristico di Gesù, è la stessa: raccogliere i figli di Dio dispersi. E l’Eucaristia è al centro di questo mandato fondamentale ricevuto dalla Chiesa. Perché l’Eucaristia origina e porta a compimento la missione, la nutre e la fa ripartire. Noi usciamo dalla messa con l’invito ad assumerci la responsabilità ‘per la vita del mondo’, e a convocare in un popolo gli uomini e le donne che incontriamo, in una ecclesìa, che diventi segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano (LG 1)
Raccoglierli per nutrirli. E nutrirli col pane di vita, anche se i nostri mezzi sono poveri e pochi. L’importante è che siano i mezzi di Gesù. Egli raccoglie infatti i figli di Dio dispersi attorno alle tre mense: la mensa della Parola, (‘Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio’), la mensa della carità (prese ‘a guarire quanti avevano bisogno di cure’) e la mensa dell’Eucaristia (‘Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero).
Sono i mezzi fondamentali della Missione: il Vangelo, l’amore fraterno, il pane della vita.  Con essi si testimonia a tutti la gioia del Risorto che vive in noi.
Grazie Signore, perché con l’Eucaristia
la vita di Cristo rigenera la nostra vita,
e ci trasforma in un dono per il mondo.
 
Grazie Signore, perché mandandoci nel mondo
con il Vangelo, con la tua Carità e il Pane di vita,
lo trasformi da luogo della solitudine e del non senso,
in un banchetto di festa e di grazia.
 
+Lorenzo, Arcivescovo