Riflessioni sulla Terra Santa

Riflessioni sulla Terra Santa

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 46/2011
 
Pubblichiamo una testimonianza relativa a un pellegrinaggio a Gerusalemme, scritta da una ravennate.
 
L’esperienza del pellegrinaggio è paragonabile al guardare attraverso un caleidoscopio, i ricordi diventano colori che si sovrappongono in una policromia sempre nuova e in movimento.
Al ritorno, il pellegrinaggio continua il suo cammino e bisogna seguirlo con fiducia. Così la dimensione del tempo che emerge è simile a quella agostiniana dell’anima.
Il tempo dell’anima è quello che si dilata dal presente dell’oggi sino al passato ormai lontano per avere la forza di pensarsi rivolto al futuro, per Sant’Agostino esisteva un solo tempo, quello dell’anima appunto, dove tutto è presente perché ‘presente del passato, presente del presente, presente del futuro’. Queste tre specie di tempo esistono in qualche modo nell’animo e nel pellegrinaggio: memoria, visione e attesa.
I passi del mio pellegrinaggio a Gerusalemme, a distanza di un anno, sono continuati nel tempo, nella mia terra e nella mia casa’ solo oggi però mi accingo a ripercorrere alcune riflessioni.
Quello che più mi ha colpito di Gerusalemme è questa sua vocazione a essere luogo di convivenza fra popoli e religioni diverse. Vocazione meravigliosa e difficilissima, perché chiede semplicemente di accogliere l’altro nella sua diversità, di lasciarlo esistere.
Questa sfida è molto viva anche nella comunità delle suore Clarisse che ci ha ospitato perché di nazionalità, età e carattere molto diversi. Il dono di questo incontro speciale e, soprattutto, l’infinita generosità nel condividere la loro esperienza di Custodi in Terra Santa, sono stati preziosissimi per poter farmi capire che la comunione è un miracolo, ma anche per farmi vedere che i miracoli esistono! Bisogna solo saperli vedere e saperli accogliere’ saperli desiderare.
Poi essi accadono, quando il cuore, desiderando amare, diventa povero e quindi capace di ‘riconoscere’ la vita dell’altro. Riconoscere per me è diventata una parola importante, cioè rendersi conto che i conflitti non si risolvono in termini di giustizia, chi ha ragione, chi ha torto, ma di riconoscimento: cioè tu esisti, così come sei.
Posso non capirti, non essere d’accordo, ma tu sei questo e vivi questo’ Lasciar esistere l’altro.
L’altra ‘scoperta’ importante è stata comprendere che il cuore dell’uomo non è fatto per la giustizia, ma per l’amore. E quindi quando subiamo un torto, una ferita – e questo accade e anche noi lo facciamo accadere! – il nostro cuore ha bisogno non tanto di essere risarcito – cosa impossibile! – ma di saper perdonare, cioè di essere più grande del male, di non dare al male l’ultima parola.
Alla fine, questo è possibile solo perché il Padre, per primo, ci ha amati così, in Gesù. E, volendo, questa è l’esperienza più grande che possiamo fare, cioè quella della Grazia; un Dio che si fa povero per immetterci dentro questa gratuità d’amore, dove c’è posto per tutti.
Ecco, imparare ad avere un cuore così è la sfida di Gerusalemme, di ogni comunità e di ogni vita.
Qui, come a Betlemme, possa nascere Gesù.
Buon Natale!
Antonella Zagnoli