La Fiorita

La Fiorita
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 46/2011
 
A Ravenna è la festa della ‘Fiorita’ che ha una lunga tradizione.
Fiorita perché, come ha detto il Vescovo, in tutte le navate del Duomo e anche sul sagrato sono spuntati tanti piccoli fiori, i bimbi accorsi con i loro catechisti, i parroci ed i parenti commossi; ‘Fiorita’ perché la loro presenza richiama il fiorire della vita; ‘Fiorita’ perché un cestino di fiori offerto alla Madonna simboleggia l’affidamento alla sua protezione.
Ma quest’anno la risposta cosi numerosa e sentita ha fatto percepire qualcosa di eccezionale, di miracoloso: il ‘fiorire’ delle speranze.
Si avvertiva una partecipazione corale, uno slancio che, come ha osservato una nonna presente, è la manifestazione del bisogno di volersi più bene, di stare insieme condividendo un momento di gioia ineffabile.
I volti sorridenti dei tanti sacerdoti che hanno preparato con cura l’incontro, la sapiente e discreta organizzazione dell’Ufficio missionario, la puntualità e la disciplina dei bambini e dei ragazzi dell’Acr che hanno detto il loro si al mandato missionario, hanno dato ancora più profondità all’evento.
Con nelle mani i Gesù Bambino benedetti, i palloncini, i salvadanai delle offerte per il progetto che quest’anno è rivolto all’Uganda, queste schiere di pargoli si sono avviati per assistere all’ultima parte della cerimonia: la deposizione dei fiori sulla statua della Madonna.
I pompieri, lodati dal Vescovo per la loro opera civile, hanno compiuto, con i loro mezzi di alta tecnologia, l’atto di devozione verso la Madonna e al via del Vescovo, tante mani festanti hanno liberato i palloncini; alcuni hanno fatto fiorire, con i loro colori, gli alberi della piazza, la facciata del duomo, ma tutti gli altri si sono diretti in una sola direzione, disegnando nel cielo una gigantesca ‘V’, come vittoria del bene, dell’amore, della fraternità.
Ognuno di loro porta un impegno, una promessa: far conoscere Gesù.
Una promessa che si fa da fanciulli, ma che va rinnovata sempre lungo il cammino della vita.
La formazione cristiana ha radici profonde e non basta l’adesione emotiva ad un progetto, ma va alimentata con l’esemplarità dei comportamenti di altruismo e di apertura agli altri e con quello spirito missionario che riesce a trasformare gli animi.
Padre Francesco Borghero, missionario piemontese, fondatore della Chiesa cattolica in Benin, dove si è recato in visita Benedetto XVI in novembre, nel suo Diario indicava chi può essere missionario: ‘Persone di ampie vedute che sappiano che il mondo non è racchiuso nel Paese da cui ciascuno proviene” o vive.
Anna Martino
 
Video di Ravenna WebTv