Riconquistare il cortile con il cuore di Don Bosco

Riconquistare il cortile con il cuore di Don Bosco

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 3/2012
 
Don Bosco cerca sempre uno spazio ampio, il ‘Cortile’, per il gioco dei ragazzi. Gira tutta Torino per trovare un benedetto cortile dove poter lasciare in pace i suoi ragazzi (Valdocco). Lì fonda il suo primo oratorio. Attorno al cortile sorgono la Chiesa, il teatro, le sale per gli incontri, le sale giochi, la scuole e i laboratori. Nella pedagogia di don Bosco il ragazzo viene incontrato attraverso il gioco e l’incontro in un cortile pieno di vita.
Sentite cosa scrive Don Bosco da Roma nel 1884 ai confratelli sacerdoti e laici collaboratori che avevano deciso di stare con lui.
” Era una scena tutta vita, tutta moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva saltare. Qui si giuocava alla rana, là a barrarotta ed al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani che pendeva dalle labbra di un prete, il quale narrava una storiella. In un altro luogo un animatore il quale in mezzo ad altri giovanetti giuocava all’asino vola ed ai mestieri. Si vedeva che fra i giovani ed educatori regnava la più grande cordialità e confidenza. Io ero incantato a questo spettacolo e Valfrè mi disse: ‘Veda: la familiarità porta amore, e l’amore confidenza. Ciò è che apre i cuori e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti ed agli animatori. Diventano schietti in confessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuol comandare colui dal quale sono certi di essere amati”.
  [‘] Osservai e vidi che ben pochi preti e animatori si mescolavano fra i giovani e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. Gli animatori non erano più l’anima della ricreazione.
[‘] La causa del presente cambiamento dell’oratorio è che un certo numero di giovani non ha confidenza con gli educatori. Anticamente i cuori erano tutti aperti agli animatori, che i giovani amavano ed ubbidivano prontamente. Ma ora gli educatori sono considerati come maestri e non più come padri, fratelli ed amici; quindi sono temuti e poco amati. Perciò se si vuol fare un cuor solo ed un’anima sola per amore di Gesù bisogna che si rompa quella barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale.
[…] Come dunque far rompere questa barriera?.
Familiarità coi giovani specialmente in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l’amore e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della familiarità’-
 
Il cortile è Don Bosco tra i giovani: un’idea, una immagine, che non ha bisogno di commento.
Bisogna ricordarsi che Don Bosco tra i giovani significa Don Bosco nel cortile.
Il Don Bosco dell’immaginazione e della simpatia popolare, il Don Bosco padre e maestro della gioventù, è questo dalle origini alla fine: Don Bosco, circondato dai ragazzi, che esce dagli schemi ecclesiastici ed ecclesiali del tempo: fuori dalla sacrestia, fuori dalle aule scolastiche, addirittura fuori dalla chiesa per incontrare i suoi ragazzi nel gioco, nel dialogo e nella confessione sacramentale.
Inoltre la vita del cortile per Don Bosco, e sotto la sua guida, è stato e deve essere il campo dell’impegno educativo e apostolico dei suoi giovani. Nel cortile i giovani più maturi e più disponibili si prendono cura di quelli che vi entrano per la prima volta e dei più piccoli, li accolgono, li inseriscono in un gruppo, li impegnano in attività varie, li correggono da ogni atteggiamento grossolano o violento, li impegnano a conoscere i propri diritti e a rispettare le regole della convivenza.
La lettera del l0 maggio 1884 è un documento molto significativo.
Togliete dalla vita di Don Bosco, come dalla vita di una casa, la vita del cortile: rimane una figura
senza originalità e nella casa si fa un vuoto incolmabile, in cui sprofonda senza rimedio una gran
parte della tipica costruzione educativa salesiana, e proprio quella dell’incontro dell’un per uno,
che è la più necessaria anche oggi.
L’allievo di don Bosco ricorda della sua vita giovanile tra i salesiani non tanto la scuola o la
predica, quanto la maniera intelligente con la quale, nella libertà della vita all’aperto, sul terreno di
un cortile o sotto un portico, in mezzo al chiasso spensierato della massa, i suoi educatori o quel particolare prete salesiano gli dicevano parole che restavano impresse, perché dette con schiettezza e sincerità, alla buona e amorevolmente, e perché rivolte solo a lui.
E’ quanto per esempio ricordano non pochi ex-allievi del vecchio oratorio di via Alberoni ai tempi del grande don Carlo Sala, autentico e sagace educatore dei ragazzi il cui ricordo è ancor oggi vivo e profondo per il suo essere stato salesiano sempre in cortile.
Riconquistare il cortile, scendere in cortile, animare il cortile credo sia tutt’oggi una strategia vincente per quanti in ambito sociale e pastorale si occupano di educazione e di gioventù.
Don Mino Gritti
Direttore Salesiani Ravenna