L’incontro su Don Minzoni

L’incontro su Don Minzoni

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 2/2012
 
Antifascista in quanto prete, la scelta degli scout e dei giovani, un sacerdote che si offre al suo Dio, una figura umana di grande rilievo, che si colloca nella tradizione del cattolicesimo democratico: questi i temi toccati nel dibattito in occasione della presentazione della pubblicazione ‘Memorie. 1909-1919’, avvenuta venerdì 13 gennaio presso la Biblioteca Classense di Ravenna, che ripropone i diari di Don Giovanni Minzoni, prete della Chiesa di Ravenna, ucciso dai fascisti il 23 agosto 1923.
Poche settimane prima era stato ufficialmente immatricolato dal comitato centrale Asci il reparto scout di Argenta, oggetto principale dell’ultimo scontro con il fascio locale.
Il sindaco Fabrizio Matteucci, Natalino Guerra, Enzo Tramontani, l’on. Pierluigi Castagnetti con i curatori dell’opera, Gian Luigi Melandri e Rocco Cerrato, hanno riproposto la testimonianza di questo prete, che diede la vita per la libertà e la giustizia, denunciando con il proprio sacrificio la dittatura fascista, proprio all’inizio del suo lungo cammino.
Un nome, quello di Don Minzoni, ignorato dai più durante il ventennio fascista, ricordato, insieme a quello di Matteotti dai fuoriusciti italiani, riscoperto nel secondo dopo guerra da Don Lorenzo Bedeschi, su sollecitazione dell’allora Arcivescovo di Ravenna, Giacomo Lercaro.
L’on. Castagnetti ha messo in risalto lo stretto legame tra l’esperienza umana e pastorale di Don Minzoni, con quella di Don Primo Mazzolari, perché ambedue hanno lasciato un messaggio di speranza, di unità, di solidarietà, di libertà, messaggio nel quale è necessario anche oggi ricomporre i problemi della nostra società.
Don Minzoni in tutta la sua esperienza di vita ha espresso una fortissima carica di autenticità cristiana e umana: dai suoi diari emerge il prete che ha un rapporto con le coscienze, con i singoli, c’è l’apertura all’uomo e alla sua dignità, che nel fascismo è calpestata.
Da questo nasce il suo antifascismo religioso, il suo essere sacerdote entra in collisione con la nuova realtà politica dominata dalla violenza, la sua morte non fu un fatto occasionale, ma la conclusione del suo modo di testimoniare la fede.
I relatori hanno inoltre sottolineato come Don Minzoni appartenga a pieno titolo alla tradizione dei cattolici democratici e questo non deve essere strumento di divisione nella Chiesa, ma elemento che caratterizza l’appartenenza comune alla chiesa, pur con una sua specificità culturale e spirituale.
Mons. Baldassarri, a cui è dedicata la pubblicazione, nel 1967 commentando l’opera di Don Bedeschi ,’La crisi di un prete’, scriveva: ‘Questo prete è Don Giovanni Minzoni, e io come Vescovo di Ravenna, sono il suo Vescovo’, e spiegava la santità di questo suo prete.
Giovanni Paolo II nel messaggio indirizzato all’Arcivescovo Tonini nel 60° anniversario della morte, indicava questo prete come modello ai sacerdoti e ai laici impegnati in ogni settore della realtà sociale e li esortava a far propria l’ansia missionaria di Don Minzoni.
Credo dobbiamo essere grati all’Istituto Storico della Resistenza di Ravenna di avere voluto fortemente questa pubblicazione, che permette, dentro e fuori il mondo cattolico, un riconoscimento necessario a una testimonianza religiosa e civile.
Aldo Preda