Veglia per la conclusione dell’Anno della Fede – 23 novembre

26-11-2013
Veglia diocesana per la conclusione dell’Anno della Fede
 
S. Apollinare in Classe, 23 novembre 2013
 
 
I ‘ Noi abbiamo bisogno di Dio.
 
Non è Dio che ha bisogno di noi. Siamo noi ad avere bisogno di Dio.
 
1) La morte. Ne abbiamo bisogno prima di tutto perché noi moriamo.
 
In faccia alla morte l’enigma della condizione umana raggiunge il culmine. L’uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.’ (GS 18)
 
La paura di morire o il tentativo di sconfiggere la morte, sono stati una fonte straordinaria di ricerche e di scoperte scientifiche, di filosofie, di riti e di tradizioni religiose, di grandi racconti e di miti, di conflitti interiori e di nevrosi, ma alla fine Dio stesso ha dato l’unica risposta che sentiamo veramente degna dell’uomo: ci ha rivelato che siamo suoi figli, amati da Lui uno per uno, creati ‘per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene‘; e che la morte corporale ‘sarà vinta un giorno, quando l’onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno all’uomo la salvezza perduta per sua colpa’. (GS 18)
 
Questo è un tema centrale della nostra fede cristiana. È la risposta a una delle ansie più profonde di quella parte dell’umanità che si è allontanata da Dio e tenta affannosamente o anche orgogliosamente, di vivere come se lui non esistesse. E fa l’esperienza del figlio prodigo uscito di casa per godere di una autonomia assoluta e di una libertà senza limiti, che si ritrova in terra straniera e schiavo delle potenze del mondo, senza la garanzia di qualcuno che lo ami e lo aiuti a vivere una vera libertà e una autentica autonomia.  Senza Dio l’uomo è come perduto, smarrito anche per se stesso: non avendo una meta, non ha una via, non ha un senso da dare a tutte le sue fatiche, le sue lotte, le sue imprese. Soprattutto davanti alla morte, senza Dio, l’uomo è destinato al nulla; se ci pensa seriamente e non affoga l’angoscia nella ricerca ossessiva di attimi di felicità materiale, rischia la disperazione.  La nostra fede invece professa che ‘Dio ha chiamato e chiama l’uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l’ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l’uomo dalla morte mediante la sua morte.’ (GS18)
 
2) La libertà ferita. Abbiamo bisogno noi di Dio anche perché siamo alla ricerca continua della libertà e tanti limiti interiori e tanti ostacoli esterni ce la tolgono.  Per diventare liberi o per riconquistare la libertà per sé, per le persone care, per il proprio popolo, gli uomini e le donne di tutti i tempi hanno dato persino la vita. Condividiamo con i nostri contemporanei la grande stima per il suo valore e l’ardore per ricercarla. Ma con loro facciamo tutti l’esperienza drammatica della confusione tra libertà e l’impulso a fare ciò che ci piace, cadendo nella schiavitù dei bisogni immediati, delle emozioni, dei messaggi seduttivi della pubblicità, delle ideologie, delle mode, o dei personaggi che ci sanno incantare. Con l’esaltazione del relativismo ci viene istillata l’idea che tutto ciò che piace è lecito, non c’è male o bene in sé, tutto dipende dalle scelte del soggetto. Così ciascuno mescola bene e male nella sua vita e siamo sempre meno liberi, perché non cerchiamo la verità.  La nostra fede però ha una propria visione dell’uomo e del suo essere destinato a Dio, perché da lui creato. Essa dice che ‘la vera libertà è nell’uomo un segno privilegiato dell’immagine divina. Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso da convinzioni personali, ‘ liberandosi da ogni schiavitù di passioni, etendendo al suo fine, cioè Dio, mediante la scelta libera del bene. Ma la libertà dell’uomo, realmente ferita dal peccato, non può fare questo se non mediante l’aiuto della grazia divina’ (cfr. GS 17).
 
Abbiamo bisogno di Dio perché la nostra libertà sia liberata e noi diventiamo ciò per cui siamo stati creati (Gal 5,1: Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù!).
 
Abbiamo bisogno di Dio per riuscire a trovare la verità e il bene da compiere, per formarci una coscienza retta che ci orienti a mettere l’amore sopra ogni altro valore.
 
3) L’uomo senza Dio. E per sapere cosa è l’uomo, e se sia lui il padrone dell’universo o se sia solo un frammento di vita regolato dal caso, a chi lo chiediamo? Alle tecno-scienze, alla medicina, alla filosofia, alla psicanalisi, alle statistiche’? Noi siamo ancora in balia di visioni che oscillano tra l’esaltazione dei nostri poteri, tanto da cercare di intervenire sulla vita, sul patrimonio genetico, sulla identità di genere’ e dall’altra parte inseguono il nichilismo per cui si lasciano crescere pratiche di morte, anche tra i giovani, senza lottare per la vita. 
 
Senza Dio l’uomo smarrisce anche il senso della sua identità, perde la percezione della sua bellezza, perde la misura dei suoi confini di creatura, dei suoi limiti e delle sue possibilità.  La nostra fede fondata sulla Bibbia accetta che l’uomo sia segnato da miseria e grandezza, contemporaneamente. Essa dà una spiegazione a questa situazione e nello stesso tempo riconosce la dignità e la vocazione unica dell’uomo.
 
Noi infatti crediamo che ‘l’uomo è stato creato «ad immagine di Dio » capace di conoscere e di amare il suo Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio.’  Dice il Salmo 8: «Che cosa è l’uomo, che tu ti ricordi di lui? o il figlio dell’uomo che tu ti prenda cura di lui? L’hai fatto di poco inferiore agli angeli, l’hai coronato di gloria e di onore, e l’hai costituito sopra le opere delle tue mani».
Questa è la sua identità; questa è la base della dignità di tutti gli esseri umani, della uguaglianza dei diritti fondamentali.
 
‘Ma Dio non creò l’uomo lasciandolo solo: fin da principio «uomo e donna li creò» (Gen1,27) e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.’ (GS 12). Anche queste verità circa l’uomo e la donna, circa la complementarietà nella diversità, la destinazione alla comunione, la socialità come compito vitale, sono valori per i quali oggi abbiamo più che mai bisogno di Dio, per riscoprirli, crederli e per realizzarli. In un certo senso solo Dio può salvare l’uomo dal pericolo che egli è per se stesso, se smarrisce la sua identità e di conseguenza mette in dubbio la sua natura. Abbiamo bisogno di Dio per ritrovare chi è l’uomo, chi siamo noi stessi.
 
 
II ‘ Dio ha bisogno dell’uomo
 
Detto questo, possiamo, ‘ in un altro senso però ‘, affermare che anche Dio ha bisogno dell’uomo.
 
1) La creazione. Il nostro Dio così come si è rivelato in Gesù di Nazareth ‘ e come ce lo trasmette la fede cristiana, la fede della Chiesa ‘ è infatti Uno che non solo viene incontro alle esigenze fondamentali dell’uomo. Egli prima ancora di soccorrere le sue creature in difficoltà ed esaudire le loro suppliche, ha bisogno di amarle. Noi crediamo che le abbia create per amarle e per servirle, per liberarle e risanarle, per farle risplendere di vita e renderle degne della sua gloria.
 
2) La storia della salvezza. Gli uomini di tutti i tempi lo hanno cercato, sotto le figure degli dei, nei riti e nei templi delle varie religioni, negli spazi e nei tempi sacri a lui dedicati’ avvicinandosi a lui a tentoni, come ciechi (At 17,22-31: discorso di Paolo all’areopago). Ora però in Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, abbiamo visto e crediamo che è sempre stato lui che ci cercava e ci attirava. Era lui che voleva fare alleanza con noi e voleva moltiplicarci ‘come le stelle del cielo e come la sabbia del mare’ (Abramo), per fare di noi il suo popolo santo. È lui che ci ha liberato dall’Egitto (Mosè) e ci libera dalle nostre schiavitù prima ancora che rivolgiamo a lui il nostro grido, affinché da uomini liberi possiamo amarlo e amarci tra noi.
 
3) Il popolo di Dio. È lui che chiama a salire sul suo santo monte tutte le genti, spezzando le spade e le lance perché una nazione non alzi più la mano sull’altra, e perché le genti camminino unite nella sua luce (Is. 2, 2-5). La riconciliazione tra noi, la pace, la giustizia nei rapporti tra le persone, sono doni che egli fa in anticipo, suscitandone il desiderio nei cuori di tutti per mezzo del suo Spirito. Poi ci chiede di fare la nostra parte, ma con la forza dello Spirito in noi, perché noi crediamo che egli ci ha ritenuto degni di poterlo ospitare in noi; siamo suo vero tempio! La Chiesa nasce e si edifica da questo desiderio di Dio: è lui che vuole riunire i suoi figli dispersi e fa della Chiesa la primizia e l’inizio del suo Regno.
 
4) La redenzione. Al centro della nostra fede c’è l’abbassamento di Dio verso di noi, nell’incarnazione e nella morte, ma c’è anche la risurrezione, l’esaltazione del Cristo Signore, che porta con sé tutti noi, traendoci fuori dall’abisso della morte e del male (Fil. 2,6-11). Noi crediamo che lui si è fatto uno di noi, perché noi divenissimo come lui, capaci di amare Dio e di lasciarci amare, perché in questo si manifesta la gloria di Dio: nell’uomo che vive!
 
Possiamo dire con verità che ‘solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
 
‘E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. ‘ (GS 22)
 
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Grande è la nostra gratitudine verso il nostro Dio, vero Padre, pieno di amore verso ciascuno di noi e verso tutte le sue creature, per averci dato il dono della fede che ci illumina sui misteri della vita; che ci permette di accogliere il dono della grazia che è puro amore gratuito; che ci fa entrare in dialogo con Gesù il Signore per ascoltare e obbedire alla sua Parola di vita e ci permette di condividere la sua morte e risurrezione, nel Battesimo e nei sacramenti della Chiesa.
 
Grande è la gioia che la nostra fede ci permette di sperimentare già ora per la certezza di essere amati in questo modo da Dio e per la speranza di esserlo in modo pieno nella vita futura.
 
Concludo con le parole della Gaudium et Spes (22), la Costituzione conciliare che fu promulgata quasi 50 anni fa alla fine del Concilio Vaticano II, ‘ l’evento a cui si è riferito questo Anno della Fede che oggi concludiamo. Anche del Concilio rendiamo grazie a Dio perché ci permette di annunciare la nostra fede oggi con quelle parole, quell’entusiasmo e quegli atteggiamenti che ci rendono possibile il dialogo e l’annuncio a tutti gli uomini di buona volontà.
 
‘Tale e così grande è il mistero dell’uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime.
Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre’.
 
 
 
+ Lorenzo, Arcivescovo