Omelia per la Festa della Presentazione – 2 febbraio: “Celebrazione per la vita consacrata”

15-04-2013
Omelia per la Festa della Presentazione del Signore
Ravenna, 2 febbraio 2013
 
Celebrazione per la vita consacrata
Festa della Presentazione del Signore
Carissime religiose e religiosi, consacrati secolari, carissimi fratelli e sorelle,
oggi facciamo memoria dell’ultimo atto compiuto secondo la Legge di Mosè, che chiude ‘per così dire ‘ i giorni della nascita di Gesù, con la purificazione della Madre e la presentazione del primogenito al tempio per la sua consacrazione. Ad esso si unisce un gesto suggestivo che vede la benedizione dei ceri e l’accoglienza di Cristo, vera luce di tutte le genti.
Siamo invitati da questa liturgia ad accogliere Cristo che viene incontro a noi. Simeone ed Anna, anziani credenti, mossi dallo spirito di profezia, lo hanno riconosciuto, ‘ come era successo ai pastori, ai magi, a Maria stessa ‘, non solo come un bimbo dal destino straordinario, ma come il futuro Re e Messia di Israele, anzi come l’autore della salvezza rivolta a tutti i popoli. Lo hanno saputo riconoscere con gli occhi della fede, perché lo attendevano nella fede. Simeone, ‘era giusto e timorato di Dio; aspettava il conforto di Israele e lo Spirito Santo era sopra di lui’. Anna ‘non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere’; era unita a ‘quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme’.
Questa fede piena di fiducia che si fa attesa e coinvolge tutta la vita, che diviene lo scopo superiore a tutti gli altri e dà un orientamento, un senso unitario a tutte le azioni, le fatiche, le lotte quotidiane, alimentando una speranza che non si affievolisce, è anche una bella descrizione della vita totalmente dedicata a Dio. I due anziani profeti sembrano quasi preannunciare la vita consacrata, nella sua dimensione profetica e nella sua dedizione radicale all’attesa dell’incontro con il Signore che verrà alla fine dei tempi, ma che già ora colma il cuore di chi è consacrato a lui nella verginità per il Regno dei cieli. Fede piena e speranza inflessibile sono il vero sostegno dei consacrati.
È vero che tutti i cristiani sono già consacrati a Dio mediante il Battesimo, e sono chiamati all’offerta di se stessi nella vita di preghiera e nella partecipazione personale all’offerta eucaristica, come anche nell’attività quotidiana in famiglia e nel mondo. Ma nulla di tutto questo può avvenire senza una grazia preveniente che va scoperta, invocata, accolta con gioia e poi lasciata agire in se stessi. E i consacrati sono in questo un segno per gli altri cristiani, indicano la via e anche il suo arrivo. Con il distacco dai beni e dagli idoli del mondo; con la sottomissione alla volontà di Dio come essa si manifesta nella storia e in alcuni fratelli ai quali ci si affida; con una castità che permette di tenere il cuore, l’anima e la corporeità centrate su Dio solo; sono testimoni non solo per i non cristiani, ma anche per gli altri fedeli, che si può vivere per il Signore e della sua grazia, cercando solo il Regno di Dio. E sono testimoni di un mondo nel quale tutte le cose della terra, anche i beni e i legami oggi necessari, saranno abbandonati per l’unico e sommo Bene, che allora ‘sarà tutto in tutti’. 
La Chiesa intera ha bisogno di questa vocazione alla vita consacrata, che fa risplendere la necessità per tutti della vita in Cristo e il suo essere capace di riempire in profondità ogni nostro desiderio di vita e di amore, di liberazione e di pace. La Comunità cristiana ha bisogno dei consacrati, dei religiosi, dei missionari, dei monasteri, non tanto per quello che fanno, che può essere condiviso con i laici e con i ministri ordinati, ma piuttosto per quello che sono: totalmente di Dio, nella fede e nella speranza.
Nelle parole di Simeone c’è anche un secondo messaggio. ‘Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione ‘ e anche a te una spada trafiggerà l’anima ‘, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»’. La vita consacrata è anche chiamata a seguire Cristo nell’offerta di sé fino alla rinuncia totale. In qualche caso fino al martirio, e anche ai giorni nostri succede non raramente, ‘ basta vedere l’elenco dei missionari martiri che ogni anno si allunga. La sequela di Cristo più da vicino, nella povertà, nella castità, nell’obbedienza, nella vita comune con gli altri fratelli o sorelle che condividono lo stesso carisma, nel servizio caritativo o nell’impegno di preghiera contemplativa, comporta una rinuncia al mondo, alle seduzioni del tentatore, e anche all’affermazione o alla realizzazione di se stessi, che è una croce dolorosa. Certo la porta il Signore con noi, e la porta più lui che noi, ma ci chiede una vera e piena spogliazione per rivestirci di lui, uno svuotamento per colmarci di lui, un cammino continuo verso l’umiltà e la semplicità, perché solo lui sia il Signore della nostra vita. E qui, solo qui, si sperimenta già un anticipo della gioia finale, un centuplo concreto in molti fratelli e sorelle, in nuovi campi d’azione, in orizzonti aperti sul mondo, in situazioni di giustizia e di pace che fioriscono. Segni di risurrezione che danno gioia a chi li realizza e in chi li riceve.
Ma tutto ciò si deve vedere; gli altri fratelli se ne devono accorgere: il nostro stile di vita esteriore e interiore, pubblico e privato, noto e segreto, deve essere coerente. Perché delle vite consacrate, ‘ e ciò vale anche per la vocazione al sacerdozio e al celibato ‘, se non sono capaci di testimoniare e di far apparire nei fatti i valori tipici della vocazione a cosa servono? Se il sale non dà sapore, se la lampada non risplende, se l’unguento prezioso non viene versato così che il profumo si senta in tutta la casa’ a cosa servono? La povertà deve essere vera, la castità deve essere vera, l’obbedienza deve essere vera, il servizio deve essere umile, la preghiera deve avere il suo tempo, la vita comune deve essere praticata’ e tutto deve essere reso gradito a Dio e agli uomini con una carità che contrassegni il pensare e l’agire. Quanto la natura umana e le nostre abitudini non siano affatto propense a tutto ciò, lo sappiamo bene! Ma questa condivisione positiva della croce di Cristo, è proprio la forza della nostra testimonianza: se gli altri battezzati ci vedono non perfetti, ‘ e non lo saremo mai ‘, ma in cammino, in ricerca, tesi a seguire Cristo con tutte le nostre forze e la nostra povera libertà, ne trarranno grande aiuto per le loro fatiche e le loro lotte per essere fedeli alla loro vocazione, non più facile della nostra.
Il Signore Gesù Cristo ci faccia riscoprire amati da Dio, già consacrati a Lui mediante il battesimo, chiamati all’offerta di noi stessi nell’amore, sostenuti dalla grazia dello Spirito. Faccia sì che in Lui ritroviamo ogni giorno il senso della nostra vocazione e la gioia di essere discepoli e testimoni nella verità e nella coerenza.
+ Lorenzo, Arcivescovo