Omelia della I domenica di Quaresima – 17 febbraio: “La rinuncia del Papa e la Quaresima”

15-04-2013
Omelia della I domenica di Quaresima
La rinuncia del Papa e la Quaresima
Ravenna, 17 febbraio 2013
 
Stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa Cattolica universale per l’annuncio (lunedì scorso) di Benedetto XVI davanti al Concistoro, della sua rinuncia al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro. Rinuncia per la quale la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e si dovrà procedere all’elezione del nuovo Sommo Pontefice.
Credo che questo avvenimento meriti il rilievo principale in questa celebrazione.
1) LA RINUNCIA DEL PAPA BENEDETTO XVI
Nell’udienza di mercoledì il Papa ha riconfermato la sua scelta di rinunciare al ministero petrino: ‘Ho fatto questo in piena libertà, per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede.
Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura.
Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con cui mi avete accompagnato. ‘ Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa.
Il Signore ci guiderà.
Ringraziamo Benedetto XVI per il suo servizio paterno, autorevole, attento alla verità di Dio e alla verità dell’uomo, in questi 8 anni. Ci è stato maestro di dottrina con un magistero acuto e teologicamente originale. Le sue riflessioni teologiche, soprattutto nei momenti più importanti del suo ministero, si sono sempre fuse con una ispirazione spirituale così ricca che le faceva essere non solo illuminazione per l’intelligenza della fede, ma anche nutrimento dello spirito e del cuore.
Nelle celebrazioni più solenni, nei viaggi apostolici, negli incontri con i leaders religiosi o le autorità civili o gli scienziati, Benedetto XVI ha dato prova di come la ragione umana sia capace di motivare e rendere comprensibile alla intelligenza umana non chiusa dai pregiudizi, sia la fede cristiana fondata sulla rivelazione biblica e tenuta viva dal magistero ecclesiale, sia la nostra tradizione culturale europea e occidentale nelle sue radici ebraico’cristiane.
La sua mitezza personale unita ad una testimonianza ferma di fedeltà alla tradizione apostolica, lo hanno fatto essere luce per i credenti e a volte segno di contraddizione per gli altri, ma per tutti un esempio di dedizione alla guida pastorale della Chiesa.
È stato un saldo timoniere della barca di Cristo, in unità con il Collegio episcopale, aperto al dialogo con gli ortodossi, con i protestanti, con i tradizionalisti non in piena comunione con la chiesa cattolica, con le grandi religioni, sempre nella custodia della verità del cristianesimo, che ha al suo centro Gesù Cristo unico salvatore del mondo.
Ha ripreso più volte la riflessione sull’evento principale per la storia della Chiesa nel secolo XX, il Concilio Vaticano II e in particolare questo giovedì nell’ultimo discorso al Clero della sua diocesi di Roma ‘che mi ha ricordato l’ultimo discorso di Paolo ai presbiteri di Efeso. Ha voluto lasciarcelo in eredità, in una specie di testamento spirituale, come la cosa più importante della sua vita di teologo, di vescovo e del suo ministero petrino. Ha combattuto ripetutamente le chiavi di lettura mondane, proprie della politica o della sociologia o quelle tipiche dei mass-media, per riaffermare che i testi conciliari vanno accolti integralmente e con atteggiamento di sottomissione spirituale, lasciandosi guidare dallo Spirito di Dio e dal magistero ordinario della Chiesa, la sola che può interpretare con pienezza i suoi significati.
Ci ha richiamato ai temi fondamentali della vita cristiana. Il primato di Dio, amato e desiderato, pensato e annunciato alla luce dei Padri della Chiesa e dell’esperienza dei santi; la carità: forma e sostanza del rapporto con Lui e con gli uomini; la speranza in Lui, che ci salva; la fede che ci apre al Dio amore affinché possiamo riamarlo e in lui amare i fratelli.
Ci ha insegnato secondo il pensiero agostiniano, la sintonia tra il desiderio umano di verità e di bellezza e la riposta amorosa e sapiente di Dio.
Alla fine della sua vita ci ha insegnato l’umiltà. Lui che si era definito l’umile operaio della vigna del Signore, avendo compiuto tutto quello che poteva fare, ‘con le opere e con le parole’, ma anche ‘soffrendo e pregando’, con lucidità di coscienza, è giunto alla ‘certezza che le sue forze per l’età avanzata non erano più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino.’ Il suo rispetto per l’alta missione alla quale è chiamato il Papa nel mondo di oggi con i grandi mutamenti e le complesse questioni da affrontare, per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e per annunciare il Vangelo, lo hanno portato con un vero realismo cristiano a vedere che il vigore del fisico e dell’animo, non erano più sufficienti.
Lo ringraziamo per un gesto che aprirà nuove porte all’ecumenismo.
È un gesto già previsto dalla disciplina ecclesiale, da lui compiuto in piena libertà, senza alcuna misteriosa pressione o lotta esterna o interna, senza significati oscuri, senza manovre di alcuno. Ha sorpreso tutti anche i suoi collaboratori più importanti. Compiuto con la serenità di chi sa di essere nella volontà di Dio. Di chi sa che la Chiesa è nelle mani di Cristo, prima che nelle nostre, e che con il suo Santo Spirito continuerà a guidarla, come ha sempre fatto, anche nella scelta del nuovo Pontefice.
La sua scelta di rinunciare perché la Chiesa sia servita sempre al meglio, conferma noi Vescovi, presbiteri e diaconi, nella comprensione del ministero ordinato come un servizio alla comunità e non alla realizzazione personale. Ci sprona evangelicamente a sentirci servi inutili, quando avremo fatto tutto ciò che dovevamo, perché il Signore della Chiesa sia solo Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre.
Cosa farà ora Benedetto XVI? In altro modo quello che ha sempre fatto: servire. Rimanendo vescovo, anche in futuro vuole ‘servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la santa Chiesa di Dio.’ Ministro di Gesù Cristo era fin dalla giovinezza, ministro di Gesù Cristo rimarrà fino alla fine, continuando a pregare e soffrire perché Cristo sia generato in noi e in tutta la sua Chiesa. E speriamo possa ancora regalarci qualche riflessione teologica e spirituale su Dio, su Gesù, sulla Chiesa, sull’uomo.
+ Lorenzo, Arcivescovo