Diaconato di Andrea Marchetti e 5 ammissioni al diaconato – 7 dicembre: “Il Diaconato per una Chiesa serva”

10-12-2015

Diaconato
di Andrea Marchetti
e 5 ammissioni al diaconato

 

Ravenna, S. Maria in Porto,
7 dicembre 2015

 

Il Diaconato per una “Chiesa serva”

 

Con Maria anche noi lodiamo e ringraziamo il Signore perché continua a guardare con benevolenza la nostra Chiesa di Ravenna–Cervia.

Ci dona infatti un nuovo ministro ordinato, un diacono, nella persona di Andrea Marchetti e vengono oggi presentati a tutta la Chiesa diocesana alcuni candidati per lo stesso ministero: Anton, Giampiero, Mauro, Davide e Andrea.

Siamo ormai prossimi all’inaugurazione del Giubileo della Misericordia, e il Signore Gesù pur sapendo che siamo sempre peccatori e sempre bisognosi di conversione, come singoli e come Chiesa, ci accoglie come in Padre misericordioso e ci riempie di doni. Con Maria cantiamo anche noi: “di generazione in generazione si estende la sua misericordia su quanti lo temono”, perché è lui che innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati. E la nostra Chiesa ha bisogno di “uomini di buona reputazione, pieni di sapienza e di Spirito santo” (At 6,1-6) perché collaborino col Vescovo e coi presbiteri nello svolgimento del ministero fondamentale che nel Nuovo Testamento  è descritto come annunciare, insegnare, battezzare; guidare presiedere e edificare; respingere le false dottrine; assistere i più poveri; chiamare altri nuovi ministri… (negli Atti degli Apostoli, nelle Lettere di Paolo, nelle Lettere pastorali).

 

Nuovi ministri e nuovi ministeri

Siamo in un momento storico nel quale le vocazioni presbiterali sono poche, e i presbiteri soprattutto in parrocchia sono affannati per i tanti compiti, come al tempo della Chiesa nascente lo Spirito ci mette a disposizione un altro ministero, anch’esso ordinato per mezzo dell’imposizione delle mani del Vescovo e l’invocazione allo Spirito santo. La sua risposta alle nostre necessità pastorali è quindi che non dobbiamo solo pregare per le vocazioni sacerdotali e suscitarle esplicitamente nelle nostre comunità. Se ce ne fossero anche di più, non basterebbero i soli presbiteri.

Il Signore ci fa capire che si devono anche allargare i ministeri, farli crescere e chiedere a ciascuno una collaborazione vera, responsabile, piena, secondo i propri talenti e il mandato ricevuto. La Chiesa degli inizi, che doveva evangelizzare il mondo, ha moltiplicato i ministeri, non semplicemente i ministri, sotto l’impulso dello Spirito santo. La bellezza e l’attrattività della comunità cristiana sta anche in questo allargare lo spazio ai carismi piccoli o più impegnativi dei fedeli, nel trovare uno spazio di collaborazione per tanti. “Ciascuno ha il suo dono da Dio” diceva s. Paolo ai Corinzi (1Cor7).

Dobbiamo far crescere questa mentalità anche noi nella Chiesa diocesana, perché ci sia la disponibilità concreta nelle parrocchie e nella diocesi alla presenza e all’azione, alla testimonianza e alla grazia di Dio, portata dai nuovi ministri.

 

Collegialità e fraternità

Non solo. Abbiamo riscoperto con la visione di Chiesa della Lumen Gentium, che il ministero ordinato in tutti i suoi gradi ha una imprescindibile dimensione collegiale. I presbiteri col sacramento entrano a far parte del Presbiterio diocesano, i Vescovi con l’ordinazione fanno parte del collegio episcopale, i diaconi entrano col “servizio al Vescovo” nella comunione con lui e il suo presbiterio, uniti tra loro e uniti con gli altri ministri ordinati.

C’è dunque una fraternità sacramentale che si aggiunge a quella battesimale partecipata da tutti i battezzati, che deve essere coltivata dai diaconi anche umanamente con rapporti intensi, amicizia, aiuto reciproco, attenzione ai più deboli, formazione dei nuovi arrivati.

 

Presenza di Cristo servo in una Chiesa serva

E siccome con la vocazione diaconale c’è una assunzione del valore evangelico del servizio che è nuova e specifica, rispetto al servizio che i cristiani sono chiamati a praticare come espressione ordinaria della carità, anche questo deve essere condiviso. C’è infatti anche nei diaconi, come nei Vescovi e nei Presbiteri, una presenza sacramentale di Cristo servo che viene resa efficace in tutti i compiti concreti che i diaconi assumono dentro la comunità cristiana, nella loro azione missionaria o nell’impegno lavorativo, familiare o sociale che sono affidati a ciascuno. Questa ripresentazione sacramentale del Cristo che lava i piedi ai suoi, che dà la vita per amore fino in fondo, fino all’umiliazione della sua natura divina, non può essere vissuta come un atteggiamento, un sentire o una devozione personale: si è presenza di Cristo servo solo dentro ad una Chiesa serva! E se la comunità cristiana manca di questa qualità essenziale il primo compito dei diaconi è quello di trasformare il volto della propria Chiesa, delle proprie comunità, perché siano a servizio della diffusione del Vangelo, della promozione dell’uomo, della accoglienza verso i più poveri, della trasformazione della società, impegnandosi per la giustizia e la pace. Si diventa diaconi perché tutta la Chiesa assuma la diaconia come atteggiamento verso il mondo, e il mondo si converta al Vangelo e si lasci amare e servire da Cristo servo!

 

A servizio di una Chiesa comunione

Perciò il ministero diaconale ha bisogno di essere svolto in modo comunitario, collegiale, condiviso con gli altri diaconi prima di tutto, anche se ogni diacono può avere la sua famiglia, la parrocchia dove prevalentemente svolge una azione pastorale, un compito diocesano o laicale che lo assorbe. Nessuno deve correre da solo, a nessuno è chiesto di fare l’eroe solitario. Si deve vincere la tentazione di ritagliarsi il proprio spazio pastorale dove si può dominare e al limite fare tutto da sé. È finito il tempo delle parrocchie autarchiche, delle associazioni e dei movimenti autosufficienti, dell’esercizio monarchico dei ministeri ordinati.

Siamo una Chiesa dove il primato del Popolo di Dio significa che ogni battezzato ha la medesima dignità e con compiti diversi collabora alla costruzione dell’unico edificio. Siamo in una Chiesa comunione dove ciò che ci differenzia, anche sacramentalmente, ci è dato perché la casa di pietre vive, sia costruita insieme e in armonia; “concordi e unanimi”, un cuor solo e un’anima sola, come la prima comunità cristiana!

So che ci sarà da lottare per realizzare una Chiesa così, “sinodale” (papa Francesco) cioè che cammina insieme, perché per poterlo fare bisogna imparare a condividere le proprie visioni della realtà, lasciarsi infiammare dagli stessi desideri, decidere insieme l’agire pastorale dopo averlo valutato insieme. È una sfida che chiede molto soprattutto a noi ministri ordinati, Vescovo e preti in prima battuta, perché siamo stati abituati a lavorare ciascuno nel proprio campo, al quale ci siamo affezionati e del quale ci sentiamo un poco proprietari. Invece il padrone della Vigna, – la Chiesa –, è unico, e noi siamo tutti suoi servitori.

Maria, la più perfetta Serva del Signore vi sostenga nel cammino per diventare umili, piccoli e servi della volontà di Dio, come lei.

 

+Lorenzo, Arcivescovo