Assemblea Pastorale Diocesana 2015

Parrocchie, è tempo di partire!

Insieme portiamo nelle case e nelle piazze la gioia del Vangelo (Lc 10,1-12.17-20)

 

Introduzione: Le nostre parrocchie sono comunità cristiane in stato di missione.

Perché questa insistenza sul tema missione? Solo per obbedienza al Papa Francesco che ci ha chiesto di riformare la Chiesa universale e tutte le chiese particolari perché siano in uscita missionaria? Solo perché a Ravenna e dintorni è stato sparso il sale dell’anticlericalismo e dell’ateismo militante affinché non crescesse più un filo verde di fede e molti nostri concittadini sono convinti che ci si debba liberare da Dio e dalla Chiesa e dunque abitiamo in terra di missione?

Sì, anche, ma non solo. La nostra missione ha almeno altri due grandi motivi:

  1. la secolarizzazione della società occidentale (soprattutto europea).

Dal rinascimento in poi sono state elaborate diverse visioni del mondo e della storia che prescindono da Dio ed esaltano l’uomo, la sua libertà e la sua soggettività, al centro di tutto. Questo processo ha permesso di purificare diversi aspetti infantili, superstiziosi o ingenui della pratica religiosa, ma ha anche indotto molti a considerare la fede cristiana non più necessaria alla realizzazione del l’uomo; una tra le opinioni possibili; un sentimento religioso da tenere privato, riservato, per non violare la libertà degli altri di fare tutte le scelte possibili. La secolarizzazione è oggi in via di esaurimento e, come dopo uno tsunami, ci lascia sulla spiaggia i rottami di tante cose distrutte: un vuoto di valori etici oggettivi e universali, un nichilismo che spaventa i suoi stessi sostenitori. Ma resta anche un certo “ritorno del religioso”, perché in molti c’è bisogno di una identità che rispetti tutte le dimensioni dell’umano (spirito, anima e corpo) e c’è il desiderio di avere quelle risposte ai grandi problemi esistenziali che non hanno saputo dare la scienza e la politica, l’economia e i movimenti culturali contemporanei. C’è dunque un deserto su cui stiamo camminando, ma ci sono tante possibilità di scavare e trovare fonti di acqua. Sotto la superficie di tante opposizioni e indifferenze, c’è il desiderio di un messaggio di vita, di bene, di un amore che non finisca, c’è un desiderio di Dio che il Vangelo può colmare.

I nostri sono tempi favorevoli alla missione.

  1. La missione poi ha una ragione intrinseca alla natura stessa della Chiesa.

Dice la Redemptoris missio al n. 9. “Prima beneficiaria della salvezza è la Chiesa: il Cristo se l’è acquistata col suo sangue (cf. At 20,28) e l’ha fatta sua collaboratrice nell’opera della salvezza universale. Infatti, Cristo vive in essa; è il suo sposo; opera la sua crescita; compie la sua missione per mezzo di essa. Il Concilio ha ampiamente richiamato il ruolo della Chiesa per la salvezza dell’umanità. Mentre riconosce che Dio ama tutti gli uomini e accorda loro la possibilità della salvezza, (cf. 1 Tm 2,4; AG 3) la Chiesa professa che Dio ha costituito Cristo come unico mediatore e che essa stessa è posta come sacramento universale di salvezza: «Tutti gli uomini, quindi, sono chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio…, e a essa in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia tutti gli uomini universalmente, chiamati a salvezza dalla grazia di Dio» (LG 48; 13). … Così ha voluto Dio, e per questo ha stabilito e coinvolto la Chiesa nel piano della salvezza.

E ancora la n. 27: “Gli Atti indicano che la missione, indirizzata prima a Israele e poi alle genti, si sviluppa a molteplici livelli. C’è innanzi tutto il gruppo dei Dodici che come un unico corpo guidato da Pietro proclama la buona novella. C’è poi la comunità dei credenti che col suo modo di vivere e di operare rende testimonianza al Signore e converte i pagani. (At 2,46) Ci sono ancora gli inviati speciali destinati ad annunziare il Vangelo. Così la comunità cristiana di Antiochia invia i suoi membri in missione: dopo aver digiunato, pregato e celebrato l’eucaristia, essa avverte che lo Spirito ha scelto Paolo e Barnaba per essere inviati (At 13,1).

Alle sue origini, dunque, la missione è vista come un impegno comunitario e una responsabilità della Chiesa locale, che ha bisogno appunto di «missionari» per spingersi verso nuove frontiere. Accanto a quelli inviati ce ne erano altri, che testimoniavano spontaneamente la novità che aveva trasformato la loro vita e collegavano poi le comunità in formazione alla Chiesa apostolica. La lettura degli Atti ci fa capire che all’inizio della Chiesa la missione ad gentes pur avendo anche missionari «a vita» che vi si dedicavano per una speciale vocazione, era di fatto considerata come il frutto normale della vita cristiana, l’impegno per ogni credente mediante la testimonianza personale e l’annunzio esplicito, quando possibile”.

La Chiesa o è missionaria o non è.

L’annuncio del Vangelo

  1. Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo

Papa Francesco nel Cap III dell’Evangelii Gaudium [nn. 111-134] fa una affermazione che dovrebbe essere scontata, invece mi sembra il nodo principale anche dal punto di vista della pastorale ordinaria della nostra diocesi: “L’evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell’evangelizzazione è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio.”

Quello che ancora mi pare non sia entrato del tutto nella nostra coscienza attuale di cristiani è la radicale novità del capitolo II della Costituzione Lumen Gentium sulla Chiesa. Non è stato solo rovesciato il modello piramidale (in cima i chierici, sotto tutti i laici), ma è stata ripensata la logica che governa il corpo ecclesiale. “Al primo posto non sta tanto il fare, ma l’essere; la grazia e non chi la comunica; la dignità dei battezzati e non i ruoli e le funzioni nella Chiesa. Come a dire che il titolo più grande di appartenenza alla Chiesa non è una funzione, anche la più alta, ma l’essere figli di Dio, tutti fratelli in Cristo, costituiti in una radicale uguaglianza che non livella, ma porta a pieno compimento la vita in Cristo di tutti e di ciascuno”.

 

Questo capovolgimento ha delle ricadute importantissime sul rapporto costitutivo tra “il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico” (LG 10), dove il ministero ordinato (Vescovo, presbiteri, diaconi) è a servizio del sacerdozio comune (esercitato da tutti fedeli, ministri compresi). Sono infatti necessari entrambi e complementari, ma è la condizione battesimale che è causa di uguaglianza e via di salvezza per tutti. Come diceva già Agostino: “Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”.

Ha una ricaduta sulla universale vocazione alla santità “di tutti i fedeli di ogni stato e condizione” (LG 11), non solo dei consacrati o degli ordinati.

Ha una ricaduta sul tema dei laici, che non sono più identificati con il “popolo” dei fedeli chiamati a collaborare con la “gerarchia”(= laici sotto i chierici). Perché “il mistero della Chiesa si attua nel cammino del popolo di Dio verso il Regno. In questo popolo diverse sono le vocazioni, le funzioni e gli stati di vita (descritti nei capitoli II, IV, e VI di LG), ma l’enfasi non cade più sulle differenze, quanto sulla radicale uguaglianza di tutti i membri di questo ‘popolo messianico’ (LG 9) … Il popolo di Dio costituisce la trave portante di quel nuovo modello di Chiesa che il Concilio ha faticosamente, ma coraggiosamente elaborato”.

Perché questa fatica ad accogliere un dato così importante della nostra fede nella Chiesa? Non solo per le normali e prevedibili resistenze storiche dei chierici a cedere spazi e funzioni, ma perché nel post-concilio il tema è stato preso come una bandiera ideologica di una “chiesa democratica” contro la “chiesa gerarchica”; è stato usato nello scontro tra carisma e istituzione ed è stato segnato dalla polemica sulla libertà nella Chiesa. Il Sinodo del 1985 prese le distanze dall’ecclesiologia del popolo di Dio e scelse di mettere al centro l’ecclesiologia di comunione come chiave di interpretazione del Concilio. Era quella l’urgenza in quel momento.  In questa linea andranno anche il Sinodo del 1987 e l’esortazione apostolica successiva Christifideles laici (1988) dove sono rilanciati tanti aspetti del Concilio, ma il tema centrale non è più l’uguale dignità dei membri della Chiesa sulla base del primato della grazia, ma la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa in nome del principio di collaborazione con la gerarchia. I temi del sacerdozio comune, il senso della fede di tutti i credenti, i carismi, i gradi di appartenenza alla Chiesa, sono in secondo piano o trattati con prospettive diverse rispetto al Vaticano II.

Ma ecco che appare all’orizzonte l’esortazione programmatica di Papa Francesco l’Evangelii Gaudium, che riprende le fila del discorso interrotto da anni e rilancia l’ecclesiologia del popolo di Dio, un popolo dai mille volti, chiamato ad annunciare il Vangelo nel mondo attuale. L’Evangelii Gaudium è la continuazione diretta, in questo senso, della Lumen Gentium, e della scelta conciliare di affermare la natura missionaria di tutta la Chiesa (LG 17), con un compito che è costitutivo e impegna tutti i battezzati qualsiasi vocazione particolare abbiano: laici e sposati, consacrati e monaci, presbiteri, diaconi e vescovi…

Adesso anche noi, popolo di Dio di Ravenna–Cervia, attento ai segni dei tempi, per muoverci in sintonia con ciò che lo Spirito suggerisce alle Chiese oggi, vogliamo rimetterci in cammino come ‘popolo messianico’ che pur apparendo come “un piccolo gregge, è però per l’intera umanità germe sicurissimo di unità, di speranza e di salvezza” (LG 9).

  1. I fedeli cristiani laici

E rimettendo al centro il soggetto vero della missione, cioè tutto il popolo di Dio con tutte le sue vocazioni particolari, mi sembra necessario concentrare l’attenzione su quella parte di esso che pur rappresentando la quasi totalità della Chiesa cattolica, non è ancora protagonista della vita ad intra della Chiesa e della sua missione ad extra: i fedeli cristiani laici (il 99,95% dei battezzati!). Se il nostro obiettivo infatti è di “uscire dal cenacolo” e – mossi dallo Spirito della Pentecoste – iniziare ad annunciare in tutti gli ambienti di vita la bellezza e la novità del vangelo, non possiamo raggiungerlo se non coinvolgendo in prima persona i fedeli cristiani laici, tutti e ciascuno. Sia per la loro esistenza che li porta a vivere ovunque nel mondo e a rapportarsi anche con i più lontani, sia perché i sacerdoti e i consacrati sono quasi totalmente impegnati in ruoli e servizi interni alla Chiesa o in opere proprie; ad eccezione dei missionari ad gentes che sono sia “pescatori” in mare aperto di nuovi cristiani, che “pastori” dei fedeli già stabili nell’ovile!

E vogliamo perciò in questo inizio di anno pastorale far di nuovo risplendere una delle verità più importanti del Concilio (che è la forma più alta di esercizio del magistero della Chiesa!) cioè la vocazione e la missione propria dei laici nella Chiesa e nel mondo. Questo in vista del coinvolgimento di tutto il popolo di Dio nella missione, non solo dei presbiteri, dei diaconi, dei consacrati… E dei nostri catechisti o dei nostri collaboratori più vicini: che sono laici, cristiani veri, di una generosità straordinaria e capaci di sostenere spesso da soli la vita e la pastorale di parrocchie dove i presbiteri sono deboli… ma che sono sempre pochi, rispetto alla totalità dei laici che non sono ancora coinvolti.

Perciò torniamo anche noi con papa Francesco alle fonti, al Concilio Vaticano II, soprattutto alla Lumen Gentium, la costituzione dogmatica sulla Chiesa[9].

III. Il Concilio e la vocazione e la missione dei laici nella Chiesa: Lumen Gentium 30 e 31.

I laici nella Chiesa (LG 30). Il santo Concilio, dopo aver illustrati gli uffici della gerarchia, con piacere rivolge il pensiero allo stato di quei fedeli cristiani che si chiamano laici. Sebbene quanto fu detto del popolo di Dio sia ugualmente diretto ai laici, ai religiosi e al clero, ai laici tuttavia, sia uomini che donne, per la loro condizione e missione, appartengono in particolare alcune cose, i fondamenti delle quali, a motivo delle speciali circostanze del nostro tempo, devono essere più accuratamente ponderati. I sacri pastori, infatti, sanno benissimo quanto i laici contribuiscano al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della Chiesa verso il mondo, ma che il loro eccelso ufficio consiste nel comprendere la loro missione di pastori nei confronti dei fedeli e nel riconoscere i ministeri e i carismi propri a questi, in maniera tale che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, al bene comune. Bisogna infatti che tutti «mediante la pratica di una carità sincera, cresciamo in ogni modo verso colui che è il capo, Cristo; da lui tutto il corpo, ben connesso e solidamente collegato, attraverso tutte le giunture di comunicazione, secondo l’attività proporzionata a ciascun membro, opera il suo accrescimento e si va edificando nella carità» (Ef 4,15-16).

Natura e missione dei laici (LG 31). Col nome di laici si intendono tutti i fedeli cristiani ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cristiani cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano.

Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. Infatti, i membri dell’ordine sacro, sebbene talora possano essere impegnati nelle cose del secolo, anche esercitando una professione secolare, tuttavia per la loro speciale vocazione sono destinati principalmente e propriamente al sacro ministero, mentre i religiosi col loro stato testimoniano in modo splendido ed esimio che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini.

Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta.

Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità.

A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore.

  1. Le conferme della Evangelii Gaudium

Un popolo per tutti [112-114]


  1. La salvezza che Dio ci offre è opera della sua misericordia. Dio, per pura grazia, ci attrae per unirci a Sé. Egli invia il suo Spirito nei nostri cuori per farci suoi figli, per trasformarci e per renderci capaci di rispondere con la nostra vita al suo amore. La Chiesa è inviata da Gesù Cristo come sacramento della salvezza offerta da Dio.
  2. Questa salvezza, che Dio realizza e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti, e Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana.

Mi piacerebbe dire a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, a quelli che sono timorosi e agli indifferenti: il Signore chiama anche te ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore!

La Chiesa deve essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo.

Un popolo dai molti volti [115-118]


  1. Questo Popolo di Dio si incarna nei popoli della Terra, ciascuno dei quali ha la propria cultura. L’essere umano è sempre culturalmente situato: « natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse  ». La grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve.
  2. Quando una comunità accoglie l’annuncio della salvezza, lo Spirito Santo ne feconda la cultura con la forza trasformante del Vangelo. In modo che, come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale. Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra «la bellezza di questo volto pluriforme». « I valori e le forme positivi » che ogni cultura propone « arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto ».
  3. Se ben intesa, la diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa. È lo Spirito Santo che… costruisce la comunione e l’armonia del Popolo di Dio. Egli è Colui che suscita una molteplice e varia ricchezza di doni e al tempo stesso costruisce un’unità che non è mai uniformità ma multiforme armonia che attrae.

Tutti siamo discepoli missionari [119-121]


  1. In tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare. Il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Lo Spirito lo guida nella verità e lo conduce alla salvezza. Come parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio.

 

  1. In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati.

Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: « Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù « per la parola della donna » (Gv 4,39). ). E noi che cosa aspettiamo?

 

  1. Certamente tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori. Al tempo stesso ci adoperiamo per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore e una più chiara testimonianza del Vangelo. In questo senso, tutti dobbiamo lasciare che gli altri ci evangelizzino costantemente.

Il tuo cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui, dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri. La nostra imperfezione non deve essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere.

 

La forza evangelizzatrice della pietà popolare [122-126]

 

  1. La cultura è qualcosa di dinamico, che un popolo ricrea costantemente, ed ogni generazione trasmette alla seguente un complesso di atteggiamenti relativi alle diverse situazioni esistenziali, che questa deve rielaborare di fronte alle proprie sfide.

Qui riveste importanza la pietà popolare, autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio. Si tratta di una realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista.  Paolo VI nella Evangelii nuntiandi dice che la pietà popolare « manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere»  e che « rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede ».

  1. « Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione ».

 

 Da persona a persona [127-129]

 

  1. Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento missionario, c’è una forma di predicazione che compete a tutti noi come impegno quotidiano. Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. È la predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa.

Essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada.

  1. In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l’altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore.

Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo, ma sempre ricordando l’annuncio fondamentale: l’amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato sé stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia.

È l’annuncio che si condivide con un atteggiamento umile e testimoniale di chi sa sempre imparare, con la consapevolezza che il messaggio è tanto ricco e tanto profondo che ci supera sempre. A volte si esprime in maniera più diretta, altre volte attraverso una testimonianza personale, un racconto, un gesto, o la forma che lo stesso Spirito Santo può suscitare in una circostanza concreta.

Se sembra prudente e se vi sono le condizioni, è bene che questo incontro fraterno e missionario si concluda con una breve preghiera, che si colleghi alle preoccupazioni che la persona ha manifestato. Così, essa sentirà più chiaramente di essere stata ascoltata e interpretata, che la sua situazione è stata posta nelle mani di Dio, e riconoscerà che la Parola di Dio parla realmente alla sua esistenza.

 


Carismi al servizio della comunione evangelizzatrice [130-131]


 

  1. Lo Spirito Santo arricchisce tutta la Chiesa che evangelizza anche con diversi carismi. Essi sono doni per rinnovare ed edificare la Chiesa. Si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice. Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti.

 

  1. La diversità deve essere sempre riconciliata con l’aiuto dello Spirito Santo; solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, al tempo stesso, realizzare l’unità. Invece, quando siamo noi che pretendiamo la diversità e ci rinchiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, provochiamo la divisione e, d’altra parte, quando siamo noi che vogliamo costruire l’unità con i nostri piani umani, finiamo per imporre l’uniformità, l’omologazione. Questo non aiuta la missione della Chiesa.

 

Cultura, pensiero ed educazione [132-134]

 

  1. L’annuncio alla cultura implica anche un annuncio alle culture professionali, scientifiche e accademiche. Si tratta dell’incontro tra la fede, la ragione e le scienze, che mira a sviluppare un nuovo discorso sulla credibilità, che aiuti a creare le disposizioni perché il Vangelo sia ascoltato da tutti.
  2. Dal momento che il Vangelo si annuncia anche alle culture nel loro insieme, la teologia in dialogo con altre scienze ed esperienze umane, riveste una notevole importanza per pensare come far giungere la proposta del Vangelo alla varietà dei contesti culturali e dei destinatari.
  3. Le Università sono un ambito privilegiato per pensare e sviluppare questo impegno di evangelizzazione in modo interdisciplinare e integrato. Le scuole cattoliche, che cercano sempre di coniugare il compito educativo con l’annuncio esplicito del Vangelo, costituiscono un contributo molto valido all’evangelizzazione della cultura, anche nei Paesi e nelle città dove una situazione avversa ci stimola ad usare la creatività per trovare i percorsi adeguati.

 

I luoghi della evangelizzazione

Nella terra di Ravenna e Cervia oggi

Quali sono le case e le piazze (Lc 10) dove possiamo trovare oggi i nostri concittadini? Abbiamo dei luoghi privilegiati o dove più alta è l’urgenza della semina del Vangelo? In quali ambiti in particolare l’intero popolo di Dio di Ravenna Cervia è chiamato ad essere sale e luce?

Ne abbiamo individuati quattro, sui quali già sono avviate delle iniziative e dei cammini, ma che richiedono una condivisione da parte di tutti e un impegno forte nel futuro delle nostre comunità parrocchiali che dovranno sostenere i laici che possono agire come singoli o come associati in gruppi, movimenti, associazioni.

  • L’ambito dei mezzi di comunicazione di massa
  • L’ambito dei giovani
  • L’ambito caritativo
  • L’ambito della formazione degli adulti e dei catechisti degli adulti

Sono ambiti dove i fedeli cristiani laici possono avere un ruolo determinante, indispensabile.

Chiediamo ai responsabili e agli operatori dei nostri Uffici pastorali di presentarci, a due voci, quali sono le urgenze, le emergenze, le gravi necessità in cui vivono le persone in questi ambiti e quali sono le risposte che stiamo dando, che dovremo dare o che ci stiamo preparando a dare, per raggiungere col Vangelo le parti malate del corpo sociale in cui viviamo, per risanare, liberare, ridare speranza e pace a tutti.

Nel lavoro pastorale del prossimo anno 2015/16 ci faremo accompagnare oltre alle riflessioni emerse nella Assemblea Diocesana da:

  • – Il Libro Biblico dell’anno, la Prima Lettera ai Corinzi. Il Sussidio Biblico è già pronto e sarà lanciato ufficialmente nel corso della prossima Domenica Biblica il 25 ottobre.
  • – Le schede 3-6 preparate per il Convegno Ecclesiale di Firenze, che si riferiscono all’applicazione della Evangelii Gaudium, in APPENDICE.
  • – CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia: nn. 9, 10 e 12

 

Appendice:

  • L’impegno sociale politico dei laici cristiani. Una comunità convertita dal dono del vangelo, edifica la città degli uomini con la carità.
  • Eucaristia e Matrimonio: i due sacramenti della nuova Alleanza
  • Schede 3-6 preparate per il Convegno Ecclesiale di Firenze.
19-09-2015