Trentennale di Mons. Baldassarri

Trentennale di Mons. Baldassarri
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 31/2012
      
Nel trentennale della morte di Mons. Salvatore Baldassarri, che resse a lungo la Chiesa di Ravenna-Cervia, lunedì 3 settembre alle ore 18, nella Cattedrale di Ravenna, l’Arcivescovo Mons. Giuseppe Verucchi celebrerà una Santa Messa insieme a diversi Sacerdoti.
 
 Il 3 settembre 1982 saliva nella Gerusalemme celeste Mons. Salvatore Baldassarri, chiamato da Pio XII il 3 maggio 1956 a reggere la Chiesa di Ravenna, una diocesi difficile, considerata, allora, di missione.
Mons. Salvatore Baldassarri, formatosi alla scuola di Lanzoni, insegnava patrologia e teologia dogmatica nel Seminario di Faenza e storia della Chiesa al Seminario regionale di Bologna; era stato un punto preciso di riferimento a Faenza durante la Resistenza, impegnandosi direttamente nell’amministrazione del suo Comune, prima come commissario e poi come Assessore nella Giunta del C.L.N., in stretto collegamento con Benigno Zaccagnini a Ravenna ed Enrico Mattei a Milano.
Il suo, a Ravenna, è stato un episcopato difficile, in un periodo di grande fermento di idee, che ha toccato tutta la Chiesa percorsa dalle novità del Concilio, dai dibattiti del post Concilio, ai quali Mons. Baldassarri non si è mai sottratto, divenendo inevitabilmente, anche per i suoi atteggiamenti poco curiali, punto di riferimento di tanti, dimostrando capacità di ascolto, di riflessione, di disponibilità.
Mi sono chiesto, in questa ricorrenza del 30° della morte, se era il caso di ricordare questo Vescovo che ha guidato la Chiesa di Ravenna dal 1956 al 1975, che si ritirò con grande sofferenza nella sua casa di Faenza, in silenziosa obbedienza al Vescovo di Roma.
Mi è venuta in soccorso una raccomandazione contenuta nella lettera agli Ebrei: ‘… ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio'(Eb. 13,7).
Il mio ricordo di Baldassarri è ancora vivo per la sua cultura, per la sua conoscenza della Chiesa, per la sua capacità di capire i tempi nuovi che la cristianità era chiamata ad affrontare, con la necessità di ‘proteggere’ i segni dei tempi, per il suo grande ottimismo perché ‘non ci sono distanze tra gli uomini di buona volontà’.
Soffrì le incomprensioni, ma guardò sempre alla storia, alle cose essenziali della fede, ribadendo, in ogni occasione, la linea patristica del ‘in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas’. Ha dovuto confrontarsi con la crisi del post-Concilio, con il ritardo culturale dei cattolici, con la crisi del ruolo politico della Chiesa, ma è stato sempre consapevole che ‘il Magistero deve essere custode del sacro deposito’, che anche nei momenti di sofferenza ‘resta la Chiesa che è il prolungamento del Cristo’ e poi ‘resta la parola di Dio con la costituzione Dei verbum, rimane la Lumen gentium con la concezione della Chiesa, rimane la Gaudium et spes‘.
L’Arcivescovado di Ravenna allora ospitò incontri con i teologi di avanguardia, Congar, Chenu, Kung, ospiti di Mons. Baldassarri, che aprì le porte di casa a P. Balducci, Don Mazzi dell’Isolotto, P. David Maria Turoldo, Don Zeno con i suoi nomadelfi, che pregò nella sua cappella con P. Michele Pellegrino e P. Carlo Maria Martini.
Baldassarri divenne rapidamente il ‘Vescovo del Concilio’, un riferimento nazionale, un segno, una speranza.
In una intervista del 1964 alla rivista ‘Rocca’ confessò:’Per me il Concilio è stato l’ora di Dio per dare una nuova luce, per togliere la polvere accumulata nei secoli’.
Lo stile pastorale emerge in due lettere, indirizzate a un sacerdote, che si sente in crisi e si rivolge al Vescovo. Il Vescovo così gli scrive: ‘La teologia almeno da Trento a noi, si è resa statica, dimenticando la sua missione dinamica svolta fino ad allora. Il tumulto di ricerche ed opinioni che caratterizza oggi la teologia si è sempre avuto nella storia della Chiesa, ma veniva su con un certo gradualismo, che non escludeva la lotta , ma la conteneva entro una determinata linea… Dopo Trento la teologia non ha più fatto così, è diventata la teologia dello steccato, prevalentemente apologetica, legata a formule tabù intoccabili’.
Gli scriveva Giorgio La Pira il 8 febbraio 1961:
‘Eccellenza Rev.ma,  permetta che Le dica: è tanto bella, tanto vera, tanto ‘storicamente valida’ la sua pastorale! Ravenna Le appartiene, con tutta la sua storia: perché appartiene alla Chiesa!
La Chiesa di Ravenna è la madre di Ravenna !’ Il metodo apostolico che Lei, Eccellenza, ha iniziato a me pare estremamente efficace:è , del resto, il metodo della Sacra Scrittura:…patres nostri nunziaverunt nobis!…Ut cognoscat generatio altera! Riconsegnare Ravenna cristiana al popolo cristiano di Ravenna: riconsegnare Gerusalemme ad Israele!’.
La lettura oggi degli scritti del Vescovo Baldassarri, ci fa ancora riflettere per l’estrema attualità, per l’alta tensione evangelica, per la sua capacità a capire e interpretare i ‘segni dei tempi’, per  riascoltare la voce del Concilio, nel 50° della sua apertura da parte di Giovanni XXIII, quel 11 ottobre 1962 nella Basilica di San Pietro a Roma.
Aldo Preda