Sui passi di San Paolo

‘Sui passi di San Paolo’: Pellegrinaggio in Turchia

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 15/2011
 
‘Sui passi di San Paolo’: questa era la motivazione ideale che ha portato noi pellegrini di Ravenna ad Antiochia sull’Oronte, a Tarso a Konya ( Iconio), e a Efeso.
Toccando alcune delle località a cui era giunto San Paolo nel primo e nel terzo viaggio, abbiamo cercato di calarci nelle realtà narrata dagli Atti degli Apostoli, ricordando le comunità cristiane che il Santo aveva fondato o alla cui organizzazione aveva dato un contributo determinante.
Ad Antiochia, a quei tempi città cosmopolita e culturalmente vivace, la predicazione cristiana, arrivata con i Giudeo-cristiani che fuggivano da Gerusalemme in seguito alla prima persecuzione, fu accolta tanto favorevolmente che la Chiesa-madre di Gerusalemme mandò Barnaba, che, a sua volta, per proseguire l’evangelizzazione cercò l’aiuto di Paolo; San Luca era antiocheno di nascita e, secondo la tradizione, per le celebrazioni religiose donò alla comunità un luogo che noi conosciamo come ‘Grotta di San Pietro’; anche il Capo degli Apostoli, infatti, soggiornò nella città, e la tradizione vuole che egli ne sia stato il primo vescovo: formò una prima generazione di discepoli, che a loro volta trasmisero gli insegnamenti ricevuti alla successiva generazione di credenti, tra i quali era Apollinare, che nel II sec. d.C. giunse a Ravenna, di cui fu il primo vescovo, evangelizzando poi l’intera regione. Si può quindi affermare che la Chiesa di Ravenna, attraverso Sant’Apollinare e la comunità di Antiochia, si congiunge direttamente a San Pietro e alla Chiesa di Gerusalemme.
A conclusione del pellegrinaggio siamo giunti ad Efeso, luogo in cui si presentano alla mente con estrema vivezza le memorie di San Paolo, di San Giovanni Evangelista e della Vergine Maria; ci siamo raccolti in preghiera intorno alla tomba dell’Apostolo che Gesù amava e abbiamo celebrato l’Eucaristia nella casa della Madonna, sulla Collina degli Usignoli, a nove chilometri dall’antica città. La Turchia quindi, in cui sono numerose le memorie della Chiesa dei primi secoli, può, a buon diritto, essere considerata una seconda Terra Santa. Se si pensa, però, alla presenza dei Cristiani e alle condizioni in cui vivono bisogna fare alcune tristi considerazioni: in alcuni di questi luoghi, come Tarso, come Iconio, la Cristianità è rappresentata solo da alcune suore, due o tre per ogni località, che cercano di non farsi notare e di non imporre la loro presenza per non correre il rischio di essere allontanate; per celebrare l’Eucaristia devono percorrere molti chilometri, o attendere il passaggio dei pellegrinaggi.
A Tarso, nell’antica chiesa ora trasformata in Museo la Santa Messa è stata officiata da Mons. Giuseppe Verucchi, da Don Arienzo Colombo e da un sacerdote Cappuccino ottantacinquenne, Don Roberto, che per incontrarci è venuto dalla sua parrocchia distante 30 km.
A Efeso la basilica di San Giovanni è definita sito archeologico, e quindi la tomba dell’Apostolo è a cielo aperto, identificata solo da quattro colonne e da una piccola lapide. 
La cappella di Meryem Ana (secondo la tradizione casa della Madonna), dove soprattutto nel giorno dell’Assunzione giungono pellegrinaggi tanto di cristiani che di musulmani, è custodita da due suore e da tre frati Cappuccini, sotto la sorveglianza e la protezione dei militari di un corpo di polizia. Diversa, e sicuramente migliore, è la situazione della comunità di Antiochia: padre Domenico, anche lui Cappuccino, ci ha illustrato i rapporti sereni che intercorrono fra la comunità cattolica, quella ortodossa e i musulmani; la chiesa cattolica è addirittura segnalata da un cartello stradale bene evidente. I vescovi ovviamente cercano di essere vicini ai loro fedeli, tenendo viva la piccola ma ancora significativa presenza cristiana; a noi non resta che concludere il pellegrinaggio con le parole di San Paolo: ‘La tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude’ (Rom. 5, 3.5).
Elena Laura Galoppini