L’incontro dell’Arcivescovo con le famiglie

L’incontro dell’Arcivescovo con le famiglie

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 14/2012
 
Ci sono momenti in cui si sente che lo Spirito Santo parla al cuore e che le parole balzano leggere intorno a noi, donando gioia e serenità. Questo è successo durante il tradizionale Incontro delle famiglie con S. E. Mons. Giuseppe Verucchi, organizzato dall’Ufficio di Pastorale Familiare diocesano, il 25 marzo scorso, presso la chiesa del SS. Redentore, a Ravenna. Alle varie coppie di sposi presenti, l’Arcivescovo ha espresso l’importanza della riscoperta, per le famiglie e per tutti i cristiani, del valore del dies dominicus ‘la domenica’, come giorno festivo. Il presule ha esordito dicendo che nel Vangelo di Giovanni 20,19-29, brano relativo alle apparizioni di Gesù risorto ai discepoli, c’è il contenuto sostanziale della domenica, e ha messo l’accento sull’immenso valore dell’amore umano, riflesso di quello divino. Mons. Verucchi è andato indietro nel tempo, a quando Dio Trinità, modello d’amore e comunione, pensò di creare l’uomo e la donna, e li fece venire all’esistenza come persone e non come individui. La differenza è grande! L’individuo è colui che vive isolato nel proprio ego; la persona è l’essere umano che esce da sé e si apre per ricevere l’altro, per mettersi in relazione d’amore vicendevole, riverbero di ciò che Dio è: Amore. Nel progetto di Dio esisteva la coppia, la famiglia, la famiglia di famiglie, che è la Chiesa. Fatti a immagine della Trinità viviamo l’agape, cioè la capacità d’amare come Dio, perché dentro di noi c’è la scintilla divina, che nella coppia è amore vicendevole da trasmettere ai figli sottoforma di spirito di servizio e dono di sé. Inoltre, viviamo la koinonia, il vivere in relazione d’amore con gli altri. Ma il progetto divino venne danneggiato dal peccato d’origine, presente anche oggi come origine di ogni peccato umano nel cuore delle persone, istigate dal diavolo (essere spirituale chiuso nella sua superba autosufficienza) a vivere in modo autonomo (‘si governa da sé’, egoista, contrapposto all’altro), nell’individualismo. E’ il peccato che porta Adamo ed Eva, figure simboliche dell’umanità intera, al litigio, Caino e Abele all’omicidio. E’ l’errore che danneggia i valori divini d’amore e comunione, e immette nella storia dell’umanità egoismo, invidia, sete di potere, piacere, ecc.; è la forza negativa del maligno che semina arroganza e superbia tra le persone. Il diabolos è il ‘divisore’; se si vuole la famiglia unita, ha sottolineato mons. Verucchi, bisogna tornare ad accogliere il soprannaturale in noi: il Dio di Gesù Cristo! E’ la redenzione il progetto che Dio ha pensato subito dopo il peccato originale, e ha realizzato per sconfiggere il regno terreno del maligno e instaurare ancora il Regno della Trinità. Il Vangelo di Marco inizia con l’annuncio di Gesù che il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino alla gente poiché il Regno è Gesù stesso, e invita a passare dal peccato al Vangelo, dove l’amore di Dio è reso presente e disponibile nella novità di vita rappresentata dal Figlio di Dio incarnato. La croce caratterizza la vita di Gesù, in comunione e obbedienza col Padre, che manifesta tutto il suo amore per l’umanità quando ripropone il progetto originale attraverso il Figlio. E Maria accoglie in anticipo la redenzione del Cristo attraverso l’amore per Dio e per il prossimo. Gesù e Maria, nuovi Adamo ed Eva, accolgono i doni di Dio; anche oggi, tutti quelli che accolgono nella loro vita la novità che viene dall’alto si salvano. L’Arcivescovo ha poi indicato in Genesi 3,14 la profezia della redenzione, e ha detto che attraverso il racconto della storia dell’umanità si vede la presenza crescente di Dio, che culmina nella morte e resurrezione di Cristo e nella Pentecoste. Al centro di questo percorso c’è l’annunciazione, l’incarnazione di Gesù concepito (festeggiata il 25 marzo). In realtà, l’avvenimento è realizzato insieme dal Padre, Figlio e Spirito Santo: chi nasce e chi muore è la Trinità. Quindi, la redenzione è opera della Trinità, che porta libertà dal peccato, maggiore lucidità alla mente, ragione illuminata dalla fede, volontà più forte, superiore capacità d’amare (amore sponsale fedele, forte, unitivo). Chi accoglie l’opera della redenzione è reso partecipe della vita divina, come nel battesimo. Si è cristiani se si accoglie la Trinità dentro di sé, ha affermato a questo punto Mons. Verucchi, cioè la vita divina attraverso la Cresima e l’Eucaristia, per entrare nell’eternità in pienezza di vita, perché è adesso che si decide il futuro.
Allora, che cos’è la domenica? Per gli Ebrei, il primo giorno lavorativo della settimana. Giovanni racconta che i discepoli (oggi l’assemblea ecclesiale) erano riuniti e venne Cristo morto e risorto, per rimanere, e riempire quel giorno dei suoi doni. Nel dies dominicus Gesù porta l’amore del Padre e la comunione trinitaria; con la forza della Sua morte entra in noi e fa scomparire il peccato perdonandolo. La forza della resurrezione fa crescere i valori umani, elargisce i doni dello Spirito, dà la grazia di vita divina e la presenza della Chiesa, la possibilità d’amarci come la Trinità nella pace serena di relazioni fraterne. Quindi, la domenica è giorno di festa, perché pieno dei doni soprannaturali di Dio. E’ davvero importante il giorno del Signore andare a Messa e formare l’assemblea per ricevere i doni di Gesù che ci servono per vivere! Infatti, l’Eucaristia è il sacramento che rende presente tutto l’evento della redenzione dentro di noi. Noi offriamo a Dio tutto ciò che abbiamo fatto di buono per noi e per gli altri, la sofferenza, la gioia, i problemi e le difficoltà, la nostra persona, e Gesù ci offre se stesso con tutti i suoi doni che ci permetteranno di vivere la settimana. La domenica successiva offriremo le nostre azioni fatte insieme col Signore. Ecco la nostra parte di redenzione del mondo. Ma se abbiamo fatto dei peccati, bisogna tornare alla Confessione frequente, per non sprecare anni dati al maligno. Per un cristiano, quindi, la domenica è il primo giorno della settimana; giorno da dedicare alla Chiesa ma anche alla famiglia, agli amici, ai defunti, al riposo. Vivere con i doni del Signore la nostra vita è fondamentale per entrare l’ottavo giorno in Paradiso. Vivere bene la vita è vivere la domenica per l’eternità.
Stefania Bonadonna
 

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