La relazione educativa tra famiglia e scuola

La relazione educativa tra famiglia e scuola

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 14/2012
 
Sabato 31 marzo a Ravenna nella Parrocchia di San Simone e Giuda si è tenuto un incontro formativo con la psicologa Enza Sutera.
L’argomento è stato di grande interesse coinvolgendo tutti: vuoi perché molti dei presenti erano insegnanti, vuoi perché quasi tutti erano genitori ma soprattutto perché con la realtà della scuola ci siamo confrontati personalmente tutti.
Tutti abbiamo un’ idea dentro di noi della scuola: fatta di ricordi, di sconfitte, di pianti, di successi legati ad essa.
Ognuno ha la sua storia in merito.
Molti di noi adulti provengono dall’esperienza delle aste che non deve suscitare ilarità ma rispetto perché ci dava la capacità di apprendere cose per la vita anche attraverso queste antiche metodologie.
Oggi non è sicuramente più così. I nostri figli apprendono da fuori, giungono alla scuola già con un loro bagaglio che toglie alla scuola stessa il suo fascino educativo.
La scuola però non è trasmissione di sapere: è un eccellente tirocinio per la vita agendo sul controllo delle emozioni, offrendo una vita di relazione con i compagni, trasmettendo senso del dovere: proponendosi ancora come maestra nell’imparare a stare nel mondo.
In lei abbiamo scoperto le nostre vocazioni e le nostre debolezze, in lei abbiamo imparato a collaborare ed a confrontarci. Attenzione però a paragonare la nostra esperienza con quella dei ragazzi di oggi.
La famiglia è il luogo dove si fanno le prime esperienze relazionali e di vita e su questa esperienza si innesca l’esperienza scolastica.
Il rapporto scuola/famiglia è fatto di pregiudizi vicendevoli: cerchiamo da ambo le parti di vederlo come la stessa persona sia nella veste di figlio che in quella di alunno. Anche a livello legislativo tutto è cambiato dai decreti delegati del 1974 anche se dal formalismo partecipativo a istanze di rinnovamento c’è un oceano tra delega e collaborazione.
Nell’ottica attuale di questi studenti a lungo termine che prima di tutti noi così vediamo essa è sicuramente un punto di riferimento nel quale essi hanno riposto delle aspettative che li coinvolgono indipendentemente dal profitto che ottengono. E’ l’unica esperienza fortemente socializzante che essi hanno dove sperimentano tutti i modi di stare bene insieme.
In questa ottica l’insegnante deve essere chi lo aiuta ad acquisire competenze che non ha, attraverso una azione educativa.
Il rapporto tra chi aiuta e chi è aiutato è caratterizzato da fattori che vengono prima: l’alunno prima di incontrarsi con il docente esisteva già con la sua personalità ed anche per il docente è così. Il rapporto educativo è caratterizzato dai bisogni di entrambi: quelli del ragazzo di educazione,amore, rispetto,rassicurazione, istruzione’quelli del docente di motivazione alla professione, riconoscimento nel fare, avere risposte dall’alunno…
Gli alunni si possono tipizzare in passivi che rifiutano e subiscono l’esperienza scolastica; apatici che mettono un minimo di impegno e sono disinteressati al profitto; aggressivi che organizzano contestazioni, compiono azioni distruttive, molto politicizzati; costruttivi che vivono in modo positivo il loro ruolo con un profitto legato al loro impegno.
Quando si facevano le aste non c’era la tv, c’erano solo i dialetti, non c’era scuola materna, non si avevano pennarelli. E oggi? Il bimbo di tre anni ne sa più della maestra, cioè quello che lei intende spiegargli lui lo ha già appreso attraverso mille altri canali. Nel 1980 c’è stato un cambiamento irreversibile: sono iniziati i programmi televisivi 24 ore su 24. Il bambino delle elementari, ricordiamocelo, è un bambino del terzo millennio, il ragazzo è dell’ultimo decennio del secolo scorso.
Una volta la famiglia era normativa oggi si è passati alla divinizzazione del bambino. Deve esistere invece corresponsabilità della famiglia nell’azione educativa. Prendiamo coscienza che è cambiata la concezione di diventare giovani: una volta era un tempo di preparazione che serviva al passaggio successivo e la scuola ti accompagnava in ciò come una pista di lancio. Oggi si vive il presente con la fretta di crescere inesperienze che troppo presto si legittimano ed allora si inceppa il meccanismo che prolunga all’infinito i privilegi. Io in tale zona franca vivo per sempre: non dicono più – quando sarò grande -. E noi, gli adulti ? Non riusciamo a salire su questo treno e ad adattare le nostre armi al loro tempo. Perciò scuola e famiglia devono collaborare. Prima di porci su due piani diversi vediamoci e parliamo per cercare di capire.
Riconosciamoci i nostri ruoli vicendevoli.
Quando si pensa ad un progetto, occorre discutere insieme gli obiettivi. Conosciamo adeguatamente la scuola di nostro figlio? Siamo consapevoli che non esiste solo lui in quella realtà? Qual è il Pof che tale scuola mi offre?
Purtroppo la scuola oggi coincide con il rifiuto in blocco delle istituzioni.
Allora vediamo che la collaborazione deve coincidere per forza con la partecipazione. Emancipiamo le nostre aspettative.
‘L’educazione ha bisogno di una speranza affidabile'(Benedetto XVI).
Rossella Bassi