Il Vangelo di domenica 20 maggio

Il Vangelo di domenica 20 maggio
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 19/2012
 
Domenica 20 maggio
At 1, 1-11
Salmo 46
Ef 4, 1-13
Mc 16, 15-20
Commento a cura di Don Christian Cerasa, Parroco di San Vittore
 
L’Ascensione è compimento di un progetto d’amore
Molti di noi sono già entrati un una Chiesa gotica, dove tutta l’architettura sembra fatta per portarci in alto. Siamo spinti ad alzare il nostro sguardo fin là dove le linee verticali si uniscono, dando origine a acute cupole e guglie appuntite. Gli uomini che hanno costruito quelle chiese avevano un forte senso religioso, che spontaneamente ci spinge verso l’alto, verso un luogo diverso dalla terra. Il linguaggio religioso in molte culture (compresa quella ebraica-cristiana) vede la terra come lo spazio dell’uomo e il cielo come lo spazio riservato a Dio. Sappiamo che si tratta di un modo simbolico di dire, ma è efficace: terra è la materia con cui siamo fatti noi uomini e alla terra torniamo quando moriamo; cielo (vento-aria) è attributo divino (lo spirito, ciò che è spirituale). Terra è pesante e statico, vento è leggero e mobile. Mi sembra che questi brevi e iniziali riflessioni ci possano aiutare a ‘entrare’ nella festa dell’ascensione di Gesù.
Infatti nelle letture che ci sono proposte si parla molto del cielo, dove Gesù è elevato e intronizzato alla destra del Padre. La nostra riflessione deve di fatto partire dall’esperienza che i discepoli ci hanno trasmesso circa l’ultimo incontro con Gesù risuscitato: la fine del vangelo di Marco e l’inizio degli Atti ci raccontano i momenti finali della presenza di Gesù con i discepoli e la fine della sua presenza visibile sulla terra. Marco ci presenta l’ultimo incontro, in cui Gesù dà agli undici apostoli la missione di portare il vangelo a tutta l’umanità e indica i segni esterni di potere che accompagneranno questa missione. Terminata questa istruzione Gesù fu elevato al cielo sedendosi alla destra di Dio; gli apostoli iniziano la missione e Gesù realizza i segni che aveva promesso (manifestando così la sua presenza spirituale accanto a loro). Luca, iniziando la seconda parte della sua opera (il libro degli Atti), ci presenta la stessa situazione, letta dal suo punto di vista.
La vicenda storica di Gesù è descritta brevemente in due tempi: dall’inizio fino alla morte di croce, e dopo la risurrezione, quando appare agli apostoli durante quaranta giorni parlando del Regno di Dio e promettendo il dono dello Spirito Santo. Gesù, anche dopo la sua risurrezione, deve correggere l’idea dei discepoli circa una restaurazione politica operata dal maestro e li invita ad attendere lo Spirito Santo che li farà capaci di testimoniare il Risorto in tutte le regioni della terra. Detto ciò, è elevato verso l’alto e nascosto da una nuvola. Due personaggi celesti appaiono per annunciare agli apostoli il ritorno ultimo di Gesù. Il modo con cui Luca ci racconta l’ascensione di Gesù dipende dagli esempi biblici di Elia e Daniele: Luca usa un’immagine (il passaggio dalla terra al cielo, un movimento di innalzamento) di cui dobbiamo comprendere il significato.
L’assunzione è una dimensione dell’unico grande mistero di Pasqua: esprime la fine della presenza visibile di Gesù tra gli uomini, parla del mistero di Dio, che va al di là della nostra capacità di comprendere e di immaginare. Il significato profondo dell’ascensione è l’esaltazione di Gesù (come la risurrezione): per aver realizzato l’opera che il Padre gli ha affidato Gesù è più forte di ogni altro potere, ha liberato totalmente l’umanità dalla schiavitù, aprendole il cammino verso la piena comunione con Dio. L’invio dello Spirito Santo segnerà la certezza che questo cammino è totalmente aperto. Quando si comprende il valore dell’ascensione nella storia di Gesù (non solo come il lieto fine ma come il compimento di un progetto di amore), allora possiamo anche comprendere il ‘risvolto umano’ di questa festa: Gesù ritorna al Padre portando alla destra di Dio la nostra umanità.
Se da sempre Dio aveva creato l’uomo a sua immagine, ora guardando a Gesù ha sempre sotto gli occhi la nostra umanità sofferente, soggetta al peccato. Guardando a suo Figlio Dio è come ‘costretto’ a non dimenticarsi mai di noi, a soccorrere in ogni momento le nostre debolezze. Un altro risvolto della festa dell’ascensione è l’inizio della missione. Anche se essa è inaugurata con il dono dello Spirito Santo, sono le ultime parole di Gesù che sale al Padre che inviano i discepoli a evangelizzare: come a dire che, ora che Gesù non è più sulla terra, la sua presenza sarà continuata e ampliata grazie alla vita dei suoi discepoli, della Chiesa. Infine il mistero dell’ascensione ci ricorda che Gesù, che siede alla destra del Padre, ritornerà un giorno: la vita del mondo e di ogni cristiano è racchiusa tra la prima venuta di Gesù e l’ultima, quella finale.
L’attesa non va vissuta rimanendo fermi a guardare il cielo ma realizzando sulla terra la missione che Gesù ha lasciato ai suoi. Lo sguardo al cielo serve per ricordare la meta del nostro cammino: la comunione piena con Dio; lo sguardo alla terra compiendo la missione di Gesù ci permette di camminare, giorno dopo giorno, verso la meta dove ci ha preceduto Gesù.