Famiglia, vivi e trasmetti la Fede!

Famiglia, vivi e trasmetti la Fede!
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 42/2012
      
Il 28 ottobre scorso s’è svolto, presso la parrocchia cittadina di San Paolo, l’incontro dei responsabili dei Gruppi famiglia della diocesi di Ravenna-Cervia con S. Ecc. Mons. Giuseppe Verucchi, invitato a commentare il tema-guida del sussidio intitolato Famiglia, vivi e trasmetti la fede! (sottotitolo ‘La famiglia, educata da Dio, educa alla fede!’).
L’Ufficio Diocesano per la pastorale della famiglia lo propone quest’anno come un itinerario in sette schede per aiutare i gruppi sposi parrocchiali e le singole coppie a riflettere sull’Esodo degli Ebrei dall’Egitto, libro che presenta Dio mentre educa il suo popolo alla libertà e all’adesione alla fede in Lui. Tale riflessione s’inserisce nell’Anno della Fede, indetto da papa Benedetto XVI nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, indicato dall’Arcivescovo come occasione da vivere bene, perché la fede è la ‘porta d’ingresso’ che ci permette di accogliere Cristo, la Verità che Lui ci ha rivelato, la Grazia e la Vita che Lui ci ha donato. Dopo aver sottolineato anche il ruolo essenziale della famiglia nella trasmissione della fede alle nuove generazioni, Mons. Verucchi ha analizzato il Libro dell’Esodo su piani diversi, facendo una lectio divina del testo veterotestamentario.
Il primo piano di lettura riguarda la rievocazione storica del noto racconto, che inizia con la migrazione del popolo ebraico in Egitto verso il 1650 a.C. a causa di una grande carestia in Israele. Continua con l’uscita dopo alcuni secoli dalla terra della schiavitù, sotto la guida di Mosè, e l’avventurosa peregrinazione attraverso il deserto del Sinai durata 40 anni.
Il secondo piano di lettura del testo biblico ha permesso all’Arcivescovo di illustrare il messaggio spirituale in previsione della missione salvifica di Gesù Cristo. In sintesi, anche noi rischiamo di essere schiavi, schiavi del diavolo ‘divisore’ dentro di noi e con gli altri; ilavori forzatisono le sofferenze quotidiane; è Gesù che ci viene a liberare; il passaggio del Mar Rosso prefigura l’acqua purificatrice del battesimo e il cammino verso una vita libera dai peccati (‘cavalli e cavalieri’ egiziani), una vita nuova e divina. La verga usata da Mosè per battere la roccia è segno anticipatore della lancia che penetrerà nel costato di Cristo crocefisso, innalzato come il serpente di bronzo nel deserto; la manna prefigura il dono dell’Eucaristia; ‘le 10 parole’ creano una comunità unita con la legge nuova, scritta nei cuori dallo Spirito; la Parola di Dio, detta da Giovanni ‘Verbo’, è il Figlio incarnato.
Detto questo, Mons. Verucchi ha dato un’altra interpretazione del brano, quella cristiana. La ‘terra promessa’ è il Paradiso, dove c’è vita di totale comunione con Dio, è una pienezza di vita a cui tutti siamo chiamati; i 40 anni nel deserto del Sinai rappresentano la vita terrena e il luogo dove si svolge; come gli ebrei ricevettero i doni (acqua, manna, quaglie, Parola, asta col serpente) così il Signore non fa mancare i suoi doni a noi che cominciamo ad essere salvi quando iniziamo e credere a Dio. Gli sposi, ha sottolineato quindi l’Arcivescovo, segno dell’amore sponsale di Dio, sono liberi quando si fanno guidare da Lui che sa qual è il nostro bene totale. Più si ubbidisce a Dio, più si è liberi (dal male, dai condizionamenti’). Per educare alla vita piena i figli, si deve pensare che la persona umana ha tre dimensioni: corpo, anima e ‘vita divina’, che è sete d’infinito dovuta all’inabitazione della Trinità in noi. In conclusione, siccome l’educazione è un accompagnamento con l’esempio, Mons. Verucchi ha ribadito l’importanza di chiedersi quali valori siamo chiamati a vivere come famiglie e come singoli, e di ‘fare quello che il Signore vuole che noi facciamo’.
Stefania Bonadonna