Cyberbullismo: “Genitori, studiate i social!”

Cyberbullismo: “Genitori, studiate i social!” Dal “RisVeglio Duemila” N. 12/2017
 “C’è un fenomeno che mi preoccupa: il bullismo, state attenti. Mai più bullismo”.
Lo ha detto papa Francesco sabato a San Siro di fronte a 80mila cresimandi, genitori ed educatori degli oratori. Uno dei momenti più intensi della visita del Papa a Milano. È il cuore di un padre, il Santo Padre, che inquadra forse uno dei problemi più subdoli e al contempo dei fenomeni in espansione che ferisce il mondo giovanile, soprattutto quando si insinua nella grande rete del web. “Una volta quando eri vittima di bullismo, avevi paura di luoghi e tempi, il bullo di turno agiva alla fermata del bus, piuttosto che alla ricreazione – ragiona Thomas Melai, formatore del modulo di Media education del coordinamento Link della Pastorale Giovanile –: oggi con i social le vittime sono raggiungibili sempre, e in qualsiasi momento”. Un vortice dal quale è difficile uscire, soprattutto da soli. Il ruolo degli adulti (genitori, insegnanti, educatori) per creare anticorpi è fondamentale: sono loro che possono accorgersi se qualcosa non va, sempre loro che, con alcune competenze sui social media, possono verificare i contatti dei propri ragazzi ed eventualmente fermare il bullo. Thomas sarà protagonista, assieme all’ispettore capo della Polizia di Stato Giovanni Falconieri, di un incontro voluto dall’Agesc ravennate proprio per informare i genitori su questi temi, “Il bullismo (e altri guai) nell’epoca dei social” in programma il 6 aprile alle 20.45 al cinema Corso. Il fenomeno è stabile, spiega il nuovo comandante della Polizia Postale, Alessandro Danese, in carica da poco più di una settimana. Almeno per quel che riguarda le segnalazioni. Difficilmente si arriva alla denuncia, da un lato per la difficoltà di applicare una condotta o un reato al mondo del web, dall’altro perché molto spesso basta un richiamo o provvedimenti disciplinare a far smettere il bullo. Per umiliare o diffamare, i mezzi più usati sono immagini, video ma anche i cosiddetti “meme”, immagini con virgolettati impressi che rimbalzano nel web fino a diventare virali. Il “traffico” degli insulti da facebook si sta spostando velocemente su altri social, come snapchat (che ha il vantaggio di cancellare le conversazioni dopo 24 ore) e soprattutto Ask, una vero e proprio ricettacolo di prese in giro, nel quale gli autori sono coperti dall’anonimato. Cosa possono fare dunque gli adulti? Anzitutto, capire come funzionano i principali social network utilizzati dai figli per capire da dove possono arrivare i pericoli. “Negli incontri che faccio con i genitori, a inizio serata chiedo a tutti di creare un nuovo contatto nella loro rubrica con il mio numero e inviarmi feedback durante la serata – racconta Melai –. E questo già manda in crisi molti. Una volta erano i genitori che insegnavano ai figli; con le nuove tecnologie è il contrario ma è pericoloso perché assieme alle conoscenze si trasmettono anche modelli di comportamento”. Da cosa si può intuire che qualcosa non va, che nostro figlio o nipote o alunno può essere vittima di bullismo? “Occorre osservare alcuni segnali o cambiamenti del comportamento. Chi ha problemi con i social diventa irascibile, mangia meno, spesso c’è un crollo dell’andamento scolastico, cambia umore, non vuole andare a scuola”. Atteggiamenti che devono indurre i genitori a cercare di capire cosa non va, anche attraverso il controllo del cellulare o dei device usati dal ragazzo. E in questo i professori sono ottimi alleati, perché ad esempio possono osservare le dinamiche che si creano in classe, fanno sapere dalla Polizia Postale. Ci sono anche programmi specifici per controllare o limitare l’accesso a determinati contenuti, spiega Melai: “Ormai ogni dispositivo ha il cosiddetto ‘parental control’ che può impedire l’accesso a contenuti violenti. E Google ha lanciato il suo ‘family link’ che può anche tracciare i contatti che hanno i ragazzi online”. Una volta individuato il problema, la regola è mai minimizzare: “È come se si aggiungesse presa in giro a presa in giro. Una vittima di bulli non può mai stare da solo. Nella maggior parte dei casi comunque il problema si risolve parlando con il bullo, il cui atteggiamento spesso nasce dalle stesse fragilità di cui si prende gioco”.