C’è un tempo per… la fede

C’è un tempo per’ la fede
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 39/2012
      
‘Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede.’ (Benedetto XVI, Porta Fidei, 13).
L’invito del Santo Padre porta ciascuno di noi a ripensare la storia della propria fede, dal suo origine fino all’oggi.
Qual’è stato il mio cammino di fede? Perché credo? Cos’è la fede per me? Conosco la mia fede? Chi mi ha aiutato e chi mi aiuta nel mio cammino di fede?
Sono domande ‘aperte’, non si esauriscono in una risposta, né una volta per tutte, ma si rinnovano di continuo lungo il corso della vita.
Ciascuno di noi ha avuto la fortuna di una parola, di un gesto, di un incontro con una persona che nella vita lo hanno aiutato a credere.
In particolare, penso a un genitore, a un nonno, a un familiare, perché la fede sboccia in famiglia, anche se non sempre; penso al volto di un prete, di un catechista, di un animatore o, talvolta, la figura di qualche santo della storia che ci hanno preso per mano; penso a un gruppo, a un luogo, a un viaggio che possono essere stati l’occasione dell’incontro con la fede.
La fede è dinamica. Non è data per sempre. Necessita di ‘allenamento’ per vincere le sfide della vita; necessita di preghiera perché vive del e nello spirito; va ‘innaffiata’ quotidianamente come una pianticella, anche quando pensiamo che abbia radici profonde come una quercia.
Il cammino di fede è di luci e ombre: momenti di grande gioia, ma anche buio, dubbio, fatica.
Trovarsi mentre si prega con la mente a chiedersi se Dio esiste, se sono un illuso, se fosse tutta una ‘fregatura’, seppur bella, se fosse tutto un tentativo di auto consolazione o di auto giustificazione per dare senso all’esistenza.
E’ il buio, talvolta la nebbia (ndr. molto ravennate come concetto!) della fede, che anche alcuni grandi santi hanno conosciuto.
La stessa Madre Teresa, icona della santità moderna, ha confessato che per anni ha vissuto questa situazione di apatia interiore, nonostante all’esterno non abbia mai cessato la propria attività cartitatevole.
In questo senso il Santo Padre ci richiama alla storia della nostra fede che ‘vede il mistero insondabile dell’intreccio tra santità e peccato’.
La storia della nostra fede è nella grande maggioranza di casi straordinaria nell’ordinarietà di vita.
Giovanni Paolo II tra i tanti tesori ci ha lasciato due grandi insegnamenti.
Il primo che la fede è un dono che va cercato: è vero la fede proviene dalla grazia del Signore gratuitamente; Lui continuamente elargisce il dono, ma sta a noi aprire il cuore e la mente per cercare e ricevere questo dono; sta a noi volerlo questo dono.
Il secondo che la ‘fede si rafforza donandola’ (Giovanni Paolo II, Redemporis Missio, 2).
La fede è dono ricevuto, ma diventa sempre più salda e cresce se la rendiamo dono per gli altri. E’ il senso della missione. La fede non possiamo ridurla a un fatto individuale ed intimo. La fede non possiamo tenerla per noi in modo egoistico, sarebbe sterile e appassirebbe. La fede diventa autorigenerante e feconda per me se la dono agli altri nella testimonianza, nella carità, nell’accompagnamento lungo il cammino come hanno sperimentato i discepoli di Emmaus, quando gli ‘ardeva il cuore’.
Enrico Maria Saviotti