Alla scuola di Lourdes

Alla scuola di Lourdes
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 32/2012
      
Lourdes è un luogo speciale, nel quale molte delle regole che normalmente valgono altrove vengono sovvertite.
Molti di coloro che vi ci si recano per la prima volta sperimentano un inaspettato senso di familiarità.
Di converso, per quante volte una persona possa recarsi sulle rive del Gave, ogni volta sperimenterà qualche cosa di nuovo.
Soprattutto per i volontari, Lourdes rappresenta una vera e propria scuola.
E proprio quei malati che sembrano dipendere, in tutto e per tutto, da noi, sorelle e barellieri, sono in realtà i nostri principali maestri.
Da loro, innanzi tutto, si può imparare il reale senso del pellegrinaggio.
Si potrebbe pensare che essi si rechino a Lourdes principalmente, se non esclusivamente, sperando nel miracolo che li sani. Ciò può sicuramente rappresentare una motivazione, più che legittima, al viaggio. Ma non è l’unica e, forse, non è nemmeno la principale.
La gioia che li anima all’inizio del pellegrinaggio non diminuisce, anzi si accresce, nel corso di questo, pur nel permanere delle condizioni fisiche di partenza. Essi, a prescindere da tutto, sono felici in questo luogo. E’ la fede che li muove.
E se, al termine del viaggio, un’ombra leggera vela questa gioia non è certo perché il miracolo non c’è stato, quanto piuttosto perché la magnifica esperienza si è conclusa.
E’ la consapevolezza di doversi allontanare da questo luogo specialissimo, nel quale la Madre di Dio ha rivelato alla piccola Bernadette la propria più intima identità (‘Io sono l’Immacolata Concezione’), che provoca in loro la nostalgia tipica di chi lascia Lourdes.
A questa lezione se ne aggiunge un’altra: la paziente sopportazione di una quotidianità nella quale, in molti casi, si è costretti a dipendere dagli altri in tutto e per tutto.
Quanta dignità in quegli sguardi! E quanta riconoscenza per quel poco che si riesce a dare loro!
Quanto è difficile, in certi casi, stabilire un contatto con chi è incapace di comunicare, fosse anche a gesti. Ma quante cose si possono dire con uno sguardo.
Senza parlare, solo guardandoti negli occhi, il fratello al quale tu pensi di stare rendendo un servizio, ti restituisce il centuplo.
E sappiamo bene chi si cela dietro lo sguardo di quel nostro fratello malato’
Sirio Stampa