Marcia della Pace – 1 gennaio: “Non più schiavi, ma fratelli”

07-01-2015
Marcia della Pace
 
Ravenna, 1 gennaio 2015
 
Non più schiavi, ma fratelli
Abbiamo voluto anche a Ravenna la Marcia della Pace soprattutto per un motivo. Perché come cristiani amiamo la pace. Non possiamo tenerla fuori dalla nostra vita. Non possiamo nemmeno immaginare che la comunità cristiana possa edificarsi senza quel pilastro fondamentale che è la Pace. Nel giorno del Natale abbiamo ascoltato che uno dei titoli dati al messia atteso dalla genti era Principe della Pace. Gli angeli poi hanno annunciato a un gruppo di pastori: “Pace in terra agli uomini che Dio ama”.
Gesù stesso quando appare agli apostoli dopo la sua risurrezione, li saluta col classico augurio ebraico “Shalom” – “Pace a voi” (ripetuto 3 volte in Gv 20), confermando quello che aveva detto ai suoi nell’ultima cena, cioè che l’eredità più importante, il frutto della sua futura presenza in mezzo ai credenti di ogni tempo, sarebbe stato una pace nuova, diversa da quella che può dare il mondo: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27).
Per noi la Pace è un dono di Dio, ma anche è un compito degli uomini e delle donne di ogni tempo e di ogni luogo della terra. È un dovere di fronte ai bambini e ai giovani che crescono e hanno diritto ad un mondo accogliente e rispettoso.
Ancora, la pace è un impegno qualificante delle religioni, che se mettono l’uomo contro l’altro uomo o contro la donna o contro il debole o contro il non credente, si mettono anche contro Dio e non hanno più senso né funzione alcuna.
La pace però, come la guerra, va preparata, da lontano. La guerra si prepara seminando falsità contro l’avversario, la pace si prepara coltivando la verità. La guerra si genera mantenendo le ingiustizie, la pace si edifica ricostruendo rapporti di giustizia tra gli uomini. La guerra si fomenta rubando la libertà e trattando da schiavi i più deboli, gli sconfitti, i piccoli, le donne, i poveri, gli emigranti, i prigionieri, gli analfabeti, i disabili, i diversi… la pace si costruisce liberando, promuovendo, istruendo, soccorrendo, proteggendo, condividendo, accogliendo… tutti; come se fossero fratelli di sangue, propri familiari, amici veri.
Non dimentichiamoci, che nel territorio della diocesi di Ravenna–Cervia ci sono molti immigrati e profughi costretti alla povertà e quindi a rischio; ci sono degli ex carcerati che non trovano lavoro e casa; ci sono molte donne dell’est e del sud del mondo che sono prostituite da sfruttatori abili e violenti sulle nostre strade e negli appartamenti; ci sono lavoratori e lavoratrici in nero senza diritti e senza difese, in aziende o in famiglie vicine a noi, ecc.
Anche noi popolo di Dio che vive in Ravenna, siamo chiamati a fare la nostra parte e ad allearci con tutte le persone di buona volontà che sono disposte a cambiare le cose. Non accettiamo la scusa della crisi per abbassare l’attenzione e l’impegno a favore dei più deboli: una comunità più giusta e amorevole è un bene per tutti, è un dovere di tutti, è la premessa perché la pace sia davvero con noi!
+Lorenzo, Arcivescovo