Consacrazione nell’Ordo Virginum di Simona Scala – 12 aprile: “La Verginità Consacrata”

12-04-2014
Consacrazione nell’Ordo Virginum di Simona Scala
 
Ravenna, Parrocchia di San Rocco, 12 aprile 2014
 
La Verginità Consacrata
Se è vero che il Vescovo deve considerare con attenzione tutte le vocazioni, perché tutti i carismi siano riconosciuti e apprezzati per l’edificazione della sua Chiesa particolare, di fronte ad una persona che è chiamata a consacrarsi nell’Ordo Virginum, l’impegno e la gratitudine per i doni di Dio sono ancora più forti.
La vita consacrata, in diverse forme, è sempre stata un dono di grazia e di santità per molte donne nella storia della Chiesa; un segno dell’affermarsi della Signoria e del primato di Dio sia nella Chiesa che nel mondo. Dopo il Concilio Vaticano II e per sua scelta (SC 80), è rifiorita un’antichissima forma di consacrazione, quella dell’Ordo Virginum.
La rinascita di questo modello originario di consacrazione ci aspettiamo che rinnovi anche altri aspetti della vita della Chiesa, per esempio una nuova presenza della vita consacrata femminile, per quantità e qualità, a servizio della missione della Chiesa, secondo i tempi e i modi che lo Spirito di Dio vorrà. Ma mi aspetto anche che essa aiuti i nostri giovani credenti a confrontare le due vie della realizzazione della chiamata all’amore, quella matrimoniale e quelle consacrata, affinché i valori del dono sincero di sé, della appartenenza totale e fedele al Signore, direttamente o attraverso un partner umano, si illuminino a vicenda.
 
Una chiamata particolare
Lo Spirito Santo rende viva e santa la Chiesa di ogni tempo con l’abbondanza dei suoi carismi, tra i quali ci sono le vocazioni di speciale consacrazione. Esse hanno due scopi: uno interno, che è l’edificazione del popolo cristiano; e uno esterno: portare la gioia del Vangelo ad ogni popolo della terra.
Tra i doni che lo Spirito ha voluto fare oggi alla Chiesa di Dio di Ravenna–Cervia, “santa e sempre bisognosa di purificazione”, accogliamo Simona che si consacra nell’Ordo Virginum. Ma di cosa si tratta? Dice un Documento importante, frutto del Sinodo sulla vita consacrata (1996):
 
“È motivo di gioia e di speranza vedere che torna oggi a fiorire l’antico Ordine delle Vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici.
Consacrate dal Vescovo diocesano, esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano.
Pur restando nel mondo, esse costituiscono una speciale immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura, quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l’amore per Cristo Sposo” (Vita Consecrata 7)
Seguire Cristo nella castità, per essere segno della Chiesa Sposa. Questa forma di vita si caratterizza nel seguire più da vicino Cristo Signore, in particolare nell’impegno della castità perfetta, per essere un segno – per tutti i battezzati – della Chiesa Sposa sempre pronta per il suo Sposo: giorno e notte, nella buona e nella cattiva sorte, nelle gioie e nelle lotte. Vivendo sempre nell’attesa di lui, come le vergini prudenti del Vangelo (Mt 25,1-13) o nella continua ricerca di una esperienza più profonda del suo amore personale ed esclusivo, insostituibile, come la sposa del Cantico dei Cantici (2,8-14) chiamata a lasciarsi amare.
In una Chiesa diocesana. È una vocazione che nasce in una Chiesa diocesana come presenza e manifestazione locale di quella Chiesa di Dio, che in parte vive nella storia, in parte viva nella gloria del Cielo. Ad essa nella sua interezza le vergini si dedicano, con i piedi e le mani nel mondo, ma con il cuore e il volto già rivolti al Signore Risorto, Sposo della Chiesa. Il riferimento diretto al Vescovo, è il segno e lo strumento di questa unione ad una Chiesa particolare, concreta, che vive nella comunione con tutte le altre Chiese e condivide l’ansia missionaria di tutte.
Nelle condizioni ordinarie dell’esistenza. Questa forma specifica di consacrazione è caratterizzata infatti dall’impegno a condurre una vita di fede e di radicalità evangelica, nelle condizioni ordinarie dell’esistenza: si vive in famiglia, si lavora, si è impegnate nella società, si condivide con i laici cristiani la partecipazione alle responsabilità e ai servizi in una comunità parrocchiale. Anche la partecipazione attiva alla vita culturale e civile contribuisce a rinnovare secondo lo spirito del Vangelo il contesto sociale in cui si è inserite. Così la consacrata compie il suo pellegrinaggio in questo mondo, partecipe delle gioie, delle speranze, delle sofferenze e delle angosce degli uomini del suo tempo.
Con “una regola di vita” personale. A differenza degli Istituti religiosi, vive nella Chiesa diocesana la consacrazione secondo la propria regola di vita personale, facendo riferimento al Vescovo diocesano per determinare il suo servizio alla Chiesa.
Gli atteggiamenti. Riprendendo anche il Rito di Consacrazione, – uno dei più belli e più ricchi che la Chiesa ha a disposizione per invocare lo Spirito del Signore su una persona che si dona a Lui per sempre –, si possono riassumere alcune esigenze e atteggiamenti che ci dicono la sua identità:
cercare Dio come l’unico bene assoluto “senza anteporre nulla al suo amore” (Rito n. 38);
aprirsi alle necessità e alle sofferenze dei fratelli, con una preghiera che interceda la salvezza del mondo intero, senza esclusioni o preferenze, tranne quella per i piccoli e i poveri;
mettersi a servizio della Chiesa da adulta, con responsabilità allo stesso tempo con umiltà perché la comunità cristiana ai consacrati chiede spesso una particolare disponibilità;
crescere nell’amore alla Chiesa con una appartenenza non formale, ma di cuore e di opere;
perseverare con tutto il cuore, l’anima, le forze – e anche con il proprio corpo – nell’attesa vigilante e piena di carità dell’unico Sposo e Signore della propria vita…
Una vocazione impossibile? Ma è possibile tutto ciò? È una vocazione umanamente praticabile? o resta solo un ideale al quale le debolezze umane impediranno la realizzazione? La risposta l’ha data Gesù a Pietro scoraggiato dalla prospettiva di lasciare tutto per seguirlo, e l’ha data anche l’angelo a Maria vergine il giorno dell’annuncio: “Sì agli uomini non è possibile, ma tutto è possibile a Dio!” Sì questa vocazione è possibile perché l’amore gratuito di Dio – la grazia – sa trasfigurare e rinnovare la nostra natura umana ed essa può trovare una pienezza di vita che non avrebbe altrove. Il Signore toglie sempre meno di quello che dona. In modi diversi ci fa sperimentare un centuplo imprevedibile.
Castità e sponsalità. Per esempio la castità vissuta come dono di sé ‘per il regno dei cieli’ (Mt 19,12) “libera in maniera speciale il cuore umano, così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini” (PC 12); essa non toglie se non per dare una esperienza di amore concreto che riempie di gioia il cuore, proprio nella misura del profondità del dono. La consacrata non rinuncia alla sua sponsalità, ma la vive in un modo nuovo, originale che è dono particolare del Signore a lei.
Infatti lo stesso Rito della consacrazione delle vergini utilizza linguaggi e segni della celebrazione del matrimonio, perché si manifesti così direttamente che, nella vita cristiana, matrimonio e verginità attualizzano, in modo diverso ma complementare l’alleanza sponsale di Dio con il suo popolo e la vocazione, che è dell’intera umanità, alla comunione piena, definitiva con il Padre. Secondo un linguaggio antico e tradizionale si dice che le vergini sono “unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio”.
Segno della Chiesa sposa, vergine e madre.  Invito tutti a seguire con attenzione le parti del Rito di consacrazione perché ci aiutano con alcune immagini a vedere con chiarezza la fisionomia della vergine consacrata sul modello della Chiesa sposa, vergine e madre; presenta la sua condizione di figlia della Chiesa e di sorella legata a tutti gli uomini e le donne da vincoli di fraternità; indica nella Vergine Maria il prototipo della verginità consacrata.
In Maria, la Vergine piena di grazia, Madre di Dio e icona perfetta della Chiesa riconosciamo, con Simona, Colei che si è resa totalmente disponibile al progetto di Dio. Con Simona, contempliamo il suo mistero e ne imitiamo gli atteggiamenti del cuore, l’accogliamo nel nostro cammino come sorella e madre.
Ravenna, 12 aprile 2014
+ Lorenzo G., Arcivescovo