Le comunità cattoliche di tutto il mondo oggi pregano nella Domenica del Mare per tutti coloro che lavorano nel settore marittimo e per chi si prende cura di loro, i cappellani e i volontari.
Come sottolinea nel suo Messaggio il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, “i marittimi sono tra i membri meno visibili di tutta l’umanità”. Eppure, è attraverso i loro sforzi che possiamo far fronte a molte delle nostre necessità e provvediamo al nostro benessere. Questi lavoratori spesso devono sopportare condizioni di lavoro pesanti, anche con ingiustizie, sfruttamento e disuguaglianze. Per questo, come Chiesa siamo chiamati ad accompagnarli e difenderli nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali.
Ma vogliamo ricordare al Signore tutti, in questa domenica: gli equipaggi delle navi, i lavoratori portuali, gli scaricatori, la guardia costiera, coloro che sono addetti al traffico marittimo e ai salvataggi, gli agenti doganali, e anche tutti i pescatori. Con tutti loro, vogliamo ricordare nella preghiera anche le loro famiglie e le loro comunità spesso sottoposte agli stessi sacrifici, per le lunghe assenze da casa e la condivisione dei rischi dei loro cari. Non dimentichiamo anche le vittime degli incidenti di lavoro sul mare, e di coloro che si sono sacrificati compiendo il loro dovere, per esempio nei salvataggi.
Per questo l’opera pastorale dell’Apostolato del mare e, all’interno di esso, delle Stelle Maris, è così preziosa, per dare a tutti i marittimi punti di riferimento a terra o negli incontri sulle navi, amicizia, accoglienza, sostegni concreti, e una collaborazione al loro cammino di fede o al sentimento religioso, che spesso viene trascurato nell’organizzazione dell’attività quotidiana sulle navi. Crescono così la solidarietà e la fratellanza tra persone di varie culture, lingue e tradizioni religiose, non solo tra i cristiani, che condividono situazioni di convivenza stretta e faticosa.
Nel Vangelo abbiamo sentito il primo invio in missione dei Dodici, ancora limitato alle terre di Israele, con una forma di apostolato itinerante di casa in casa, di piazza in piazza, come faceva lo stesso Gesù, nella semplicità, senza mezzi particolari, pronti solo a dare testimonianza con decisione e convinzione. Poco più tardi, spinti dallo Spirito santo, dono di Gesù Risorto, inizierà la missione fuori dai confini e anche attraverso il mare. Soprattutto Paolo, Barnaba, Marco, Timoteo, i coniugi Aquila e Priscilla, e tanti altri, andranno ad evangelizzare i popoli del Mediterraneo attraverso il mare. Non senza qualche disavventura, come la tempesta che colpì Paolo nei pressi di Malta. Forse anche qui, a Ravenna, il cristianesimo arrivò attraverso il mare iniziando dall’importante porto di Classe, per opera di Sant’Apollinare, che veniva dall’Oriente.
Segno che il mare può dividere, ma anche unire persone e popoli, magari di diverse appartenenze religiose, se c’è accettazione delle diversità e se c’è una accoglienza generosa e umana, se c’è spirito evangelico. E se c’è il rispetto delle dignità di tutti soprattutto dei più poveri e di coloro che sfidano i pericoli del mare pur di trovare per sé e per i loro figli condizioni di vita meno dolorose o drammatiche di quelle dei paesi di origine. La gente di mare sa che non può che soccorrerli e aiutarli a sopravvivere, non può che salvarli, mossa dalla carità e dalla giustizia.
Chiediamo a Maria, madre della Chiesa e Stella Maris, di proteggere e accompagnare tutti coloro la cui vita e il cui lavoro sono legati al mare e di essere la stella polare che li guida anche nelle notti oscure sulla via del porto sospirato, nel cammino che porta a Cristo.
Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo