Dall’Omelia al Pala de Andrè, Incontro Capi dell’AGESCI regionale – 5 febbraio 2023

05-02-2023

Don GIOVANNI MINZONI educatore e martire

Benvenuti, a tutti. Grazie agli organizzatori.

Le immagini del Vangelo di questa domenica – sale della terra e luce del mondo – ci richiamano il valore fondamentale della testimonianza.

Il testimone per eccellenza che ricordiamo oggi è don Giovanni Minzoni, a cento anni dalla sua morte “per la causa di Cristo”, parroco di Argenta, educatore soprattutto dei suoi giovani, impegnato a diffondere il pensiero sociale della Chiesa.

La testimonianza è quella che si fa con i fatti, con le posizioni che prendiamo in un mondo che spesso ha altri valori. È stare nel mondo senza essere del mondo, senza appartenere al pensiero dominanteE l’annuncio più forte che possiamo dare a questo mondo, è quello di Cristo crocefisso, e poi risorto. Un Dio che è sceso fino in fondo nel dono di sé, nel suo amore per noi, fino alla morte. Come don Minzoni, appassionato testimone che ha voluto essere sempre presente nella vita della sua gente, come prete e come educatore di tutti, ma in particolare per i giovani, fino al dono totale di sé.

Nel testamento, redatto nel 1916, nel pieno della Prima guerra mondiale, che ha combattuto nelle trincee, scriveva:

… Se dovessi morire in questo tempo di lotte e di riscossa nazionale, prego Iddio che mi faccia morire compiendo fino all’ultimo il mio dovere di sacerdote e di italiano, felice di chiudere il mio periodo di vita in un sacrificio supremo.

Se morrò, e Dio voglia che questo avvenga sul campo dell’onore, dopo avere invocato i nomi divini di Gesù e di Maria, avrò un pensiero per i miei cari, per il mio popolo, ed in modo particolare per la Gioventù Argentana che tanto ho amato e per la quale ho lavorato con le mie migliori energie nella viva speranza di vederla sciolta da ogni vincolo di scetticismo e di sensualismo, perché solo nella piena libertà da ogni basso istinto, l’ho sognata bella e nobile.

Terminò questo breve testamento, alla vigilia di un distacco profondamente sentito, col rivolgere a Dio la preghiera che feci nel giorno della mia prima messa: ” Signore, fa che io sia tuo degno Sacerdote non solo all’Altare; ma nella vita e nel sacrificio di me stesso. Sempre “!

(Argenta, 25 luglio 1916, Don Giovanni Minzoni)

Ascoltiamo anche la parola, di Papa Giovanni Paolo II che nel settembre del 1990 ad Argenta, durante la visita pastorale alle nostre terre, lo ricordava insieme ad altri sacerdoti che hanno testimoniato con il dono della vita la loro fede e il loro impegno.

 

“… proviamoci a penetrare in quel segreto più intimo del testimone della fede, che è il momento della decisione definitiva. Sono le ultime confidenze di don Minzoni a un prete suo consigliere, pochi giorni prima della morte:

“Mi fanno colpa dell’influenza spirituale che ho nel paese… ma che debbo farci se il paese mi vuole bene? Come un giorno per la salvezza della patria offersi la mia giovane vita, felice se a qualche cosa potesse giovare, oggi mi accorgo che battaglia più aspra mi attende: ci prepariamo alla lotta tenacemente e con un’arma che per noi è sacra e divina, quella dei primi cristiani: preghiera e bontà. Ritirarmi sarebbe rinunciare a una missione troppo sacra. A cuore aperto, con la preghiera che spero mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo. La religione non ammette servilismi, ma il martirio”.

(Giovanni Paolo II, Incontro con i Vescovi dell’Emilia-Romagna, Argenta 23 set 90)

 

Altri spunti ci vengono dalla lettera, sempre di Giovanni Paolo II, nel 60° anniversario di D. Minzoni, titolata: “Agli uomini di frontiera

 

“… Don Minzoni morì ” vittima scelta ” di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione ad un regime oppressivo e si colloca sul piano della fede cristiana, mentre ricava la sua giusta prospettiva da un iter sacerdotale e pastorale di smagliante limpidezza.

Egli attinse alle radici stesse della libertà, cioè a quella dignità umana restituita ed elevata dalla Redenzione di Cristo, e poté quindi scrivere con sicurezza: ” La religione non ammette servilismo, ma il martirio “. Del resto, lo spirito con cui va incontro al suo martirio è quello mite e paziente di Cristo stesso, spirito di amore per la verità e di perdono per quanti non godono della sua luce. Poco prima della morte egli scriveva: ” A cuore aperto, con la preghiera che mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo “.

Secondo le testimonianze di quanti lo conobbero, egli fu sacerdote di intensa vita interiore; animato da amore totale alla Chiesa e da vero slancio per il suo ministero di cappellano militare sul fronte di guerra e di parroco di Argenta; dotato di acuta sensibilità per i problemi sociali, con partecipazione appassionata alla vita civile dell’Italia.

In un contesto sociale, politico e religioso di estrema difficoltà, affrontò le problematiche del suo tempo con serenità, con ardimento inventivo, con coraggiosa coerenza, in consonanza con l’ispirazione del movimento cattolico e soprattutto come formatore di coscienze giovanili ed animatore della sua Comunità, dove — secondo la testimonianza del suo arcivescovo — fu ” stimato, venerato e quasi idolatrato “.

Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro ed in particolare sui giovani a provocare l’aggressione; si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla allo stesso tempo ad una solida vita cristiana e ad un conseguente impegno per la trasformazione della società. Per questo gli Esploratori Cattolici sono a lui estremamente debitori.

Con una personalità umana e sacerdotale tanto ricca, ben si accorda la sua affermazione: ” Chi vuole essere un apostolo della nostra idea non può non essere predestinato al martirio “. Ed insistendo sul momento emblematico della sua morte, quasi logico traguardo di un cammino sacerdotale tanto coerente voglio ricordare quanto disse pochi giorni prima di morire: ” Sarebbe bello essere ucciso sull’altare “.

La morte, intravista come approdo di una irrinunciabile difesa della verità e della libertà, assume in lui il senso di un sacrificio estremo ” per il trionfo della causa di Cristo “; sacrificio congiunto a quello di Cristo stesso che liberamente si offrì al Padre per affrancare l’uomo da ogni forma di errore e di schiavitù.

I sacerdoti ed i laici impegnati in ogni settore della realtà sociale, decisi a pagare costi anche elevati pur di recarvi la verità, la libertà e la carità del Vangelo, sapranno trarre forti stimoli e sante ispirazioni dalla vita e dalla morte di Don Giovanni Minzoni. …”

 

Dalle parole di Giovanni Paolo II appare chiaro che il legame dell’Agesci e di tutto il movimento scout con don Minzoni è profondissimo, e giustifica pienamente la richiesta di avviare un processo di beatificazione. (Siamo in attesa degli sviluppi della nostra richiesta alla S. Sede)

 

+Lorenzo, Arcivescovo

Ravenna, 5 febbraio 2023