Corpus Domini – 16 giugno 2022: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”

16-06-2022

La celebrazione del Corpus Domini in città, potremmo sentirla stasera come estranea alle situazioni difficili che stiamo vivendo: cioè alle paure crescenti per una guerra sempre più grave e più vicina, per la pandemia che non diminuisce, per una crisi economica che tocca le famiglie e le nostre attività lavorative. Ma l’attualità non ci deve far rassegnare a guardare solo in basso e a lasciarci prendere dal pessimismo. Cerchiamo invece di lasciarci coinvolgere dalla grandezza e dalla bellezza del mistero eucaristico che stiamo celebrando, per trarne motivi di fiducia e speranza nonostante tutto e per rinnovare il nostro impegno verso i fratelli, soprattutto i più poveri e più nella sofferenza.

 

Il nuovo sacerdozio e la nostra offerta

Vogliamo innanzitutto fermarci un momento sulla grandezza del nuovo sacerdozio inaugurato da Gesù e sul nostro coinvolgimento nel gesto eucaristico che avviene sull’altare.

E ci chiediamo qual è il ruolo che ricopriamo noi, ministri ordinati e fedeli laici, nel momento centrale della Messa che ha al suo vertice (l’Anafora, cioè) la preghiera eucaristica? Per comprendere il servizio sacerdotale è importante conoscere la natura del sacrifico e del sacerdozio di Cristo, perché è da essi che deriva il sacerdozio cristiano, sia quello battesimale comune a tutti noi, sia quello dei ministri ordinati, del vescovo e dei presbiteri.
Noi non siamo più, in realtà, «sacerdoti secondo l’ordine di Melchidesech» (Salmo); siamo sacerdoti «secondo l’ordine di Gesù Cristo»! All’altare agiamo «in persona Christi», rappresentiamo cioè quel Sommo Sacerdote che è solo Cristo.
La Lettera agli Ebrei ci aiuta a capire in cosa consiste la novità e l’unicità del sacerdozio di Cristo: «Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna» (Eb 9, 12). Ogni sacerdote offriva qualcosa di esterno, Cristo invece offrì sé stesso; gli altri sacerdoti offrivano vittime, Cristo si offrì lui stesso vittima!
Sant’Agostino dice che qui “sacerdote e vittima sono la stessa persona”.
In Cristo, è Dio che si fa vittima. Non sono più gli esseri umani che offrono sacrifici a un dio pagano per placarlo e renderselo favorevole. È Dio che sacrifica sé stesso per l’umanità, consegnando alla morte, per noi, il suo Figlio unigenito (cfr. Gv 3, 16) per liberarci da tutti i mali e dalla morte.

Gesù non è venuto con il sangue altrui, ma con il proprio sangue. Non ha messo i suoi peccati sulle spalle di altri – come nell’antico rito del capro espiatorio –, ma ha messo i peccati degli altri sulle sue spalle: «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce» (1 Pt 2, 24).

Questo ha come conseguenza che, nella Messa, anche tutti noi siamo e dobbiamo essere nello stesso tempo sacerdoti e vittime. Coloro che offrono e nello stesso tempo che si offrono.

Come dice Paolo ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (12,1).

Prendete, mangiate

Ripensiamo alle parole della consacrazione: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo offerto per voi».
Il Gesù del Cenacolo che disse quelle parole non esiste più! Esiste ormai il Cristo risorto: il Cristo che era morto, ma ora vive per sempre (cfr. Ap 1, 18). Ma questo Gesù è il «Cristo totale», Capo e Corpo inscindibilmente uniti. Dunque, se è questo Cristo totale che pronuncia le parole della consacrazione, anch’io, anche tutti noi, le pronunciamo con Lui e in Lui. Io e gli altri presbiteri le pronunciamo come sacerdoti, sì, «in persona Christi», –presiediamo la celebrazione in nome di Cristo–, ma le diciamo anche «in prima persona» come tutti voi laici, perché siamo tutti credenti battezzati e appartenenti al Corpo di Cristo.

Un testo importantissimo del Concilio dice:

“Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti.” (S.C. 48)

L’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa diventa un’Eucaristia

Tutti noi fedeli, dunque, in virtù del nostro sacerdozio comune, concorriamo all’offerta dell’Eucaristia. Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, ripresentiamo a Dio la Vittima divina e noi stessi con essa. «In ciò che offre, la Chiesa offre sé stessa»: scrive ancora (nel De civitate Dei) sant’Agostino

Così tutti, sia facendoci “offerta viva in Cristo”, sia con la santa comunione, compiamo la nostra parte nell’azione liturgica, anche se in modi diversi, secondo il ministero di ciascuno.

Ci sono come due corpi di Cristo sull’altare: c’è il suo corpo reale nel sacramento (il corpo morto, risorto e asceso al cielo) e c’è il suo corpo mistico che è la Chiesa. Sull’altare è presente realmente il suo corpo reale ed è presente misticamente il suo corpo mistico, per la sua inscindibile unione con il Capo. Due presenze che sono distinte, ma inseparabili.
Poiché ci sono due «offerte» e due «doni» sull’altare –il pane e il vino che devono diventare il corpo e il sangue di Cristo e la comunità che deve diventare il corpo mistico di Cristo –, ecco che ci sono anche due «epiclesi» nella Messa, cioè due invocazioni dello Spirito Santo. Nella prima si dice: «Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo». Nella seconda, che si recita dopo la consacrazione, si dice: «Dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Lo Spirito Santo faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito».

 

Nella comunione si completa questo mistero della nostra salvezza: riceviamo il Corpo di Cristo e insieme diventiamo il Corpo di Cristo!

Ecco come l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa diventa un’Eucaristia!

 

Quindi il cristiano non può limitarsi a celebrare l’Eucaristia, deve essere Eucaristia, in comunione con Gesù Cristo risorto, suo Capo. Grande è il mistero di questa unione e meraviglioso il suo frutto! La gratitudine e il rendimento di grazie non si possono perciò fermare al rito ma devono riempire tutta la nostra vita. E possiamo dire con il prefazio dell’Eucaristia:

 

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,

rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo…

In questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli,

perché l’umanità, diffusa su tutta la terra,

sia illuminata dall’unica fede e riunita dall’unico amore.

 

Che lo Spirito del Signore aiuti noi tutti, fedeli e ministri, non solo a celebrare con amore l’Eucaristia, ma anche a farci eucaristia, nella vita quotidiana, per diventare un dono d’amore al Padre e per i fratelli. Che Dio ci aiuti a realizzare questo mistero della fede e dell’amore!

 

Mons. Lorenzo Ghizzoni