Commento al Vangelo della terza domenica di Avvento – 13 dicembre 2020

13-12-2020

Carissimi, un saluto a tutti.

Siamo nel Battistero Neoniano della Cattedrale di Ravenna, uno dei più antichi battisteri esistenti, è del V secolo, ricchissimo di mosaici, stucchi e marmi; di immagini, di oro e di colori, di luce e di movimenti, con una forma architettonica ottagonale, che richiama l’ottavo giorno, quello dopo il sabato, il giorno della risurrezione del Signore, dell’inizio della nuova creazione, che richiama a noi credenti l’inizio della vita nuova, che parte proprio dal Battesimo.

In alto c’è Giovanni che battezza Gesù nel Giordano: è l’avvenimento che dà inizio alla missione del Cristo, che ci richiama anche la nascita della Chiesa, e la rinascita di ciascuno di noi dall’acqua e dallo Spirito.

C’è la corona degli apostoli che si muovono guidati da Pietro e Paolo, loro che hanno obbedito al comando del Signore: “Andate e annunciate il Vangelo ad ogni creatura” e sono diventati le colonne della Chiesa.

Poi ci sono i profeti che hanno anticipato e preannunciato il Vangelo, la grande notizia della venuta del Signore, il Figlio di Dio che si è fatto veramente carne, vero uomo, come è ritratto al centro della cupola.

Ci sono le altre decorazioni, che con la loro bellezza, varietà e con lo splendore della luce e dei colori, richiamano la vita nuova, la risurrezione, i troni del regno dei cieli, l’immortalità nel paradiso, la vita eterna.

Più in basso si afferma con parole tratte dalla sacra Scrittura, l’azione del Sacramento del Battesimo, cioè il perdono dei peccati ad opera della misericordia di Dio, che segna l’inizio per i singoli cristiani del cammino di fede dentro la Chiesa. Cammino che condurrà alla vita eterna. Infine, a servizio della Liturgia del Battesimo, l’ambone per proclamare la Parola di Dio che suscita la fede e la vasca battesimale per il rito di immersione.

In questa III domenica di Avvento infatti abbiamo di nuovo nel Vangelo la figura di Giovanni battista che, in dialogo con chi lo interroga, afferma che non è lui il Cristo, né Elia, né il grande profeta atteso per gli ultimi tempi, ma solo uno che battezza nell’acqua, non nello Spirito santo come farà colui che verrà dopo di lui, molto più grande di lui, il Cristo. La figura e l’azione di Giovanni Battista però ci aiutano a comprendere il valore del Battesimo, del nostro Battesimo.

Come è ben mostrato dalla struttura del Battistero in cui ci troviamo, la prima azione del battesimo è quella di purificare e cancellare la sporcizia del peccato, con le sue conseguenze.

Il peccato ci rende ciechi, la fede e il battesimo ci rendono la vista e ci illuminano con la luce di Cristo.

Il male ci allontana dal Padre, il Battesimo e la fede ci permettono di sperimentare di nuovo il suo amore paterno e materno e ci riscaldano il cuore e lo accendono, proprio come i colori delle decorazioni.

Il peccato ci divide dagli altri e ci porta alla violenza e alla sopraffazione, il Battesimo e la fede in Cristo come ce l’hanno trasmessa gli apostoli e i profeti, ci fanno entrare nella comunione con il Signore e con la sua Chiesa, ci fanno diventare membra del suo Corpo, legati da una nuova amicizia e da una nuova fraternità frutto dello Spirito, come gli Apostoli che corrono insieme verso Cristo e ci aspettano per darci la corona della gloria.

Il Battistero ci dice che la natura umana intristita e oscurata dal peccato si apre alla luce e alla gioia di una vita nuova, a un nuovo inizio, a una nuova creazione, che finirà nella gloria. La gioia diventa la caratteristica della vita cristiana che nasce e rinasce, grazie al Battesimo e alla Penitenza, e che si nutre del corpo e del sangue, della vita e della santità del Signore Gesù risorto.

E proprio questa è l’altro grande tema della Parola di Dio di questa III domenica di Avvento, che fin dall’antifona di inizio ci accoglie dicendoci: “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi. Il Signore è vicino!

Recita o meglio, canta il profeta Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli.”

Gli fa eco il cantico di Maria: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”.

Così s. Paolo ai cristiani di Tessalonica: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie

 

Il salto di qualità tra il battesimo di Giovanni e quello cristiano, è evidente: non più solo un’umile richiesta di perdono, ma la partecipazione e l’inserimento nella vita di Cristo morto e risorto. Una Grazia, questa, inaspettata e immeritata, in certo modo incomprensibile, tanto è grande il mistero di amore nel quale siamo inseriti, l’amore di Dio. La gioia ne è la conseguenza, l’effetto immediato.

Ma se tutta questa bellezza, questa luce, questa calda vita nuova è grazia, a noi cosa è chiesto, perché si mantenga e si sviluppi fino all’incontro col Cristo che verrà alla fine dei tempi?

Ci è chiesta la crescita nella fede, cioè nella conoscenza e nella fiducia.

Conoscere il Signore e la sua opera, sia nella Sacra Scrittura che nella storia di ieri e di oggi, cercando di vedere il suo amore all’opera nella vita nostra e dei fratelli, e di qualunque uomo di buona volontà.

E ci è chiesto di crescere nella fiducia in Lui: cioè nella sua Provvidenza, nella sua misericordia, nel suo amore paterno.

Conoscerlo e fidarsi di Lui.

Poi ci è chiesto di coinvolgerci nella missione della Chiesa con un servizio attivo, anche semplice, ma fedele, nella comunità cristiana, secondo le capacità e i talenti che ciascuno ha ricevuto. Per far crescere il desiderio missionario, l’ansia di portare il vangelo a tutti, perché solo con la fede si raggiunge la gioia.

Ce lo ha detto Gesù nell’ultima cena:

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore… Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». (Gv 15,9-11)