L’oratorio sul palco
Dal “RisVeglio Duemila” N. 2/2017
La lotta al bullismo, alle discriminazioni, il rap ma anche la confusione, il tempo da condividere, i messaggio di don Bosco. È un pezzo di vita “da oratorio” quello che andrà in scena il prossimo 27 gennaio alla sala Boicelli di San Simone e Giuda (con replica domenica 29 alle 17).
E la straordinarietà è che a recitare saranno gli stessi ragazzi dell’oratorio: 35 ragazzi, delle medie e delle superiori, di cinque nazionalità diverse che hanno accettato la sfida (anche educativa) di riflettere sul loro quotidiano, scoprire al suo interno potenzialità, rischi ma anche valori e farne un pezzo di teatro. L’idea è di don Mino Gritti, responsabile dell’oratorio, che ha chiesto aiuto al noto regista e drammaturgo Beppe Aurilia, che a sua volta a trovato a San Simone stimoli e un ambiente adatto per il suo teatro. Il risultato è “Non lasciarti tentare” che debutterà appunto il 27 gennaio nell’auditorium della parrocchia. “Con i ragazzi ho avuto modo di parlare di bullismo, della vita in discoteca, di droga. Sono pochi i luoghi protetti, dove si impara a difendersi da queste cose, ma trovo che l’oratorio sia uno di questi”, racconta Beppe Aurilia, spiegando l’interesse per questo progetto.
E infatti la trama dello spettacolo, spiega Rossella Bassi, animatrice a San Simone e per l’occasione assistente di regia, racconta proprio le tematiche che i ragazzi di quell’età affrontano nel quotidiano, dentro ma soprattutto fuori dall’oratorio: “Abbiamo iniziato col mio gruppo di post-Cresima, ci chiamiamo i ‘luminosi’, e pian piano abbiam coinvolto molti altri ragazzi dell’oratorio, di tante nazionalità diverse. Beppe non ha un copione, mette in scena quello che vede e le competenze dei ragazzi, dal rap al sax. I ragazzi sono entusiasti”. Il risultato è appunto una concatenazione di scene anche molto diverse, che parlano appunto di lotta al bullismo, “della vita e dell’amore”, della comunità e dei valori che trovano in oratorio. “Obiettivo del progetto – spiega don Mino Gritti – è integrare culture di popoli diversi che s’incontrano in un cortile: spazio pensato da don Bosco per incontrarsi e crescere in amicizia.
Recitare offre ai ragazzi una grossa opportunità che è quella di vedersi da fuori: fonte questa di una autocritica che amplifica sicuramente l’aspetto pedagogico dell’attività teatrale”. Col teatro, insomma, si educa. E si educa “al quadrato” se si mette in scena la vita dell’oratorio, che ha proprio per obiettivo l’educazione e la trasmissione dei valori. “In questo mondo è difficile emozionarsi – osserva Aurilia –. Ma confrontare questa loro interiorità, metterla in scena, in un progetto che richiede lavoro e disciplina e confrontare e quindi confrontarsi con il pubblico su tutto questo insegna molto di sé e degli altri”. “E’ una scuola di vita”, ragiona Bassi. Che i ragazzi hanno affrontato con entusiasmo: “Dal punto di vista teatrale sono cambiati moltissimo – prosegue il regista –. Ora iniziano ad avere le tempistiche, ragionano in termini di coralità. Sul resto, sulla vita, si vedrà. Su progetti di questo genere occorre lavorare in media due anni. È una pizza che abbiamo preparato e ora dobbiamo infornare”. Ma il valore del racconto applicato alla vita dell’oratorio è quello che più ha stupito i piccoli (grandi) attori di San Simone e Giuda.
“Spesso non si rendono conto di recitare quello che fanno nella quotidianità, sembra che stiano recitando Shakespeare o Molière – conclude Aurilia –. Il teatro d’altra parte è così, trasforma la realtà”.