La celebrazione ecumenica a S. Maria in Porto

La celebrazione ecumenica a S. Maria in Porto

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 4/2012
 
Venerdì 20 gennaio, nella Basilica di Santa Maria in Porto, si è tenuta la celebrazione ecumenica, con Mons. Giuseppe Verucchi e padre Daniel Vesea.
 
Entriamo veloci a passi leggeri, ortodossi e cattolici, mentre la splendida e barocca facciata di Santa Maria in Porto ci accoglie. La guida alla celebrazione ecumenica della Parola di Dio, redatta dalle Sorelle Monache del Carmelo, ci viene consegnata da Mariangela Molducci.
Il padre Daniel Vesea della Chiesa Ortodosso-Rumena pronuncia la prima omelia.
Siamo un po’ all’antica dichiara, sottolineando la loro ortodossia come tesoro da mantenere in vita, poiché in essa e nella sua indifferenza al tempo che scorre,c i può essere per tutti i cristiani un baluardo e rifugio. Tutto il peso della società e la velocità delle vicende umane rendono difficile trovare il tempo di porre domande e pregare in silenzio. Pregare insieme con i fratelli conferisce una grande forza alla preghiera, e ci rammenta che la morte è stata vinta dalla croce e con l’aiuto della Croce.
San Paolo ci dice che la nostra vita è avvolta nel segreto e se non siamo uomini e donne della Chiesa è più difficile capire il mistero. La ferocia che gli ortodossi rumeni hanno subito durante il regime attentava alla loro vita fisica; ora hanno una altro grande nemico – internet, televisione pubblicità – tutti veicoli per lo più di alienazione, generatori di desideri consumistici, modelli di conformismo.
La crisi attuale, prosegue Padre Daniel è pertanto necessaria per tornare alla fede genuina, ce lo insegna anche la Sacra Scrittura, e ripetiamo con San Paolo: ‘State saldi nella fede’.
Monsignor Giuseppe Verucchi riprende l’omelia con una domanda: ‘Qual’è la radice più profonda dalla quale nascono tutte le cose sbagliate del mondo?’.
Il fico non germoglia, gli ulivi non producono, e per noi occidentali di questo è responsabile l’uomo, il contadino che sbaglia, ma l’Uomo della Bibbia dice: ‘perdonaci Signore perché abbiamo peccato’. L’uomo vuole spiegare tutto scientificamente, e se non vi riesce nega il fatto stesso e la sua veridicità. Ci stiamo allontanando dal Signore le famiglie si sgretolano e i motivi sono la incompatibilità di carattere, la poca comprensione.
Ma a una analisi più profonda la radice di tutto è l’egocentrismo, lo stesso desiderio di prevalere, come fossimo tribù bibliche, le quali si allontanarono dal Signore e poi vi ritornarono. Paul Couturier viene considerato il padre di quell’Ecumenismo spirituale che venne poi recepito dal Concilio Vaticano II nel decreto ‘Unitatis Redintegratio’ (1964). Molti degli attuali protagonisti del dialogo ecumenico hanno raccolto la sua eredità e testamento spirituale del 1944: ” se noi costruiamo un chiostro invisibile nel quale possano abitare tutte le anime invisibili appassionate e ardenti d’amore nel nome di Gesù Cristo’ il male non potrà vincere e potremo compiere ciò che Gesù ci ha chiesto: ‘Siate tutti una cosa sola’.
Ora chiediamo nel nome di questo desiderio e comandamento fattoci da Gesù, che lo Spirito Santo ci assista e ci aiuti a comprendere quanto è grande il dolore della separazione mentre è grandissima la gioia della fratellanza. E’ facile paragonare la situazione dei primi cristiani nella Città Santa e quella della Chiesa di oggi. Viviamo le gioie e i dolori della prima chiesa: ingiustizie e disuguaglianze, divisioni, ma anche fedele perseveranza e riconoscimento di una più vasta unità fra i cristiani proprio grazie a questa Settimana di Preghiera.
Termina la celebrazione, ci salutiamo all’uscita, tutti, le donne, i ragazzi, gli uomini, e si moltiplicano gli inviti.
Venite anche voi, fratelli, nelle chiese e preghiamo insieme il Signore, lui non conosce ostacoli, ne lingue diverse, ne riti diversi, lui legge nei cuori che parlano con l’alfabeto dell’amore.
Patrizia Maioli