33° Giornata per la Vita

33° Giornata per la Vita ‘Educare alla pienezza della vita’

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 5/2011
 
 
‘Educare alla pienezza della vita’ è il titolo della XXXIII° Giornata per la Vita Italiana ‘ si celebra domenica 6 febbraio – che ricordo essere stata voluta all’indomani della approvazione della legge italiana sull’aborto volontario, quindi una giornata dedicata esclusivamente al valore della vita nascente che negli anni ha però perso il suo significato originario a cui bisognerebbe tornare o forse che bisognerebbe trasformare tutti i giorni, affinché tutti i giorni siano una vera giornata per la vita nascente. Fin che scrivo sono in un paese piemontese lontano da Ravenna, la neve cade e mi dà l’idea che tutti i discorsi, le belle frasi che posso mettere una dietro l’altra possano avere lo stesso effetto di un rumore semplicemente sordo che cade sulla neve, che si coprano man mano che si leggono, che forse si riscopriranno solo quando il sole scioglierà la neve. Ma quale è questo sole per la difesa di tutti i bimbi concepiti? Quelli abortiti volontariamente e buttati nei contenitori dei rifiuti sanitari per essere bruciati da inceneritori magari leader di mercato? Tutti quelli prodotti in una provetta togliendo la possibilità di essere accolti in un grembo materno fin dall’inizio e i loro fratellini utilizzati affinché almeno uno attecchisca e renda forse felici genitori con un desiderio legittimo, ma che utilizzano modi sbagliati andando incontro a illusioni così forti che si trasformano in delusioni disperanti? Quelli così concepiti e sospesi nel tempo sotto azoto liquido? Quelli che già hanno una condanna a morte datata, firmata ed eseguita da medici dello Stato pagati con le nostre tasse?
Ma quando dopo più di 30 anni un lecito legale ha farcito la coscienza diventando lecito morale, quando i modi, gli attacchi alla vita nascente si moltiplicano in particolare nei fatti, nella cultura, nella politica, nella comunità ecclesiale con l’ignoranza, il silenzio, l’omissione voluta o peggio ancora la menzogna su ciò che sta accadendo, come fare? Dove cercare il Sole che sciolga la neve? L’unica possibilità è quella di ritornare a formare la coscienza individuale e collettiva, ricostruire la retta coscienza a partire della valutazione morale delle azioni, a partire dalla legge morale naturale iscritta nel cuore di ogni uomo e donna. Per cui di fronte ad un’azione che deve essere valutata, oltre al comandamento ‘Non uccidere’ anche per noi risuona chiaro e forte l’invito di Mosè: ‘Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male…; io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza‘ (Dt30, 15.19). È un invito che ben si addice anche a noi, chiamati ogni giorno a dover decidere tra la ‘cultura della vita’ e la ‘cultura della morte’ (Evangelium Vitae, 28). Ma l’appello del Deuteronomio è ancora più profondo, perché ci sollecita a una scelta propriamente morale e i criteri ce li dà San Tommaso d’Aquino utilizzando solo le ragioni della ragione. Un’azione ha una struttura oggettiva (oggetto) dell’atto: cosa faccio? (finis operis), leazioni umane sono i mezzi ordinati al raggiungimento di un fine (movente) scelti dalla libera volontà guidata dalla ragione e l’intenzionalità di base (oggetto) di un’azione è il primo elemento fondamentale per connotarla come buona o cattiva. Vi è poi il movente (intenzione): perché lo faccio ? (finis operantis)ossia lemotivazioni personali che portano il soggetto a compiere una determinata azione; esso si aggiunge all’intenzionalità di base (oggetto), consentendo di qualificare l’azione come ‘mezzo’ per ottenere qualcosa. I moventi possono essere in se stessi: buoni se tendono al conseguimento del fine dell’uomo, cioè la vita onesta, oppure cattivi se subordinano l’onesto all’utile o al dilettevole perciò, non ogni mezzo è compatibile con il fine altrimenti vi può essere un’azione contraddittoria ossia un fine giusto (intenzione buona) con un mezzo sbagliato (oggetto cattivo) oppure atti intrinsecamente cattivi (intrinsece malum) che lo sono sempre in se stessi a causa del loro oggetto e nessuna intenzione buona li renderà moralmente corretti. Tanto è vero che di buone intenzioni è lastricato l’inferno! Vi sono poi le circostanze (circum-stantia , ciò che sta intorno): come, dove, quando, ecc. le circostanze precisano e specificano l’azione, modificando il grado di merito o colpevolezza morale dell’agente (dal punto di vista soggettivo). Ma affinché un’azione sia buona, oggetto, intenzioni e circostanze devono essere ‘buoni’. Se una delle tre componenti non è buona, l’azione sarà moralmente ‘cattiva’.

Cinzia Baccaglini