2° Laboratorio del Percorso formativo

2° Laboratorio del Percorso formativo promosso dalla Pastorale Sociale del Lavoro

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 5/2011
 
 
Prosegue, in Seminario a Ravenna, il percorso formativo organizzato dalla ‘Commissione Diocesana per i problemi sociali’ a favore dei cattolici impegnati in politica.
Prima di dare inizio ai lavori, nel tardo pomeriggio di mercoledì 26 gennaio, il moderatore Luciano Di Buò ha ricordato l’obiettivo del corso: riflettere insieme, cercando di trovare, a prescindere dalle appartenenze politiche, un comune denominatore tra i cattolici impegnati nel sociale, al fine di produrre, al termine del percorso, un documento condiviso che possa fungere da punto di riferimento per coloro che, da cristiani, intendono impegnarsi in politica.
Un obiettivo ambizioso, ma necessario. Ambizioso perché deve fare i conti con l’estrema frammentazione dei politici cattolici (o sedicenti tali), distribuiti lungo quasi tutto l’arco costituzionale. Necessario perché da tale divisione sorge, inevitabile, la litigiosità, principale nemico della testimonianza di comunione. 
Oggetto del ‘laboratorio’ del 26 gennaio sono stati il lavoro, l’impresa, la mobilità sociale e il nuovo modello di sviluppo.
Relatori della serata, guidata come di consueto da Padre Mario Colombo, il Segretario Provinciale della Cisl, Antonio Cinosi, e l’avvocato Enrico Maria Saviotti.
Si è parlato di disoccupazione, di lavoro sommerso, di precariato, di ammortizzatori sociali, di rispetto delle regole, di riforma fiscale. Si è parlato anche di ciò che, a Ravenna, non va come dovrebbe andare, pur dandosi atto del minor impatto, nella nostra piccola realtà locale, di quella crisi planetaria che, in altri contesti, è risultata assai più devastante. Non è più tempo, secondo Cinosi, di contrapposizioni ideologiche ‘a prescindere’. Non si può pensare che, quando la grande crisi sarà finita, le cose possano tornare, sic et simpliciter, come prima. Le regole, che già ci sono, dovranno essere rispettate da tutti. Ineludibili, per il sindacalista, quattro passi: la riforma degli ammortizzatori sociali, la riforma fiscale, la possibilità per i lavoratori di poter in qualche modo partecipare alla vita dell’impresa e la ‘formazione’ del precariato, fenomeno non più residuale. L’avvocato Saviotti ha portato il concreto esempio di una azienda locale, la ‘Bambini srl’. Un’azienda in controtendenza, che produce utili, reinvestiti nell’attività imprenditoriale; che non esita a battere bandiera italiana, con ciò sottoponendosi a un’imposizione fiscale ben più sostanziosa di quelle riservate a coloro che, per mero calcolo, battono bandiere di comodo. Il segreto di aziende come questa, forse, va ricercato nella scelta di privilegiare il rapporto umano con i prestatori d’opera, sempre pronti a farsi spontaneamente in quattro quando le esigenze lo richiedono.
Credo che tutti, relatori e pubblico abbiano concordato, alla fine, sul fatto che, come insegna la Dottrina Sociale, il lavoro deve avere il primato sul capitale.
L’attuale crisi globale è dovuta, anche e soprattutto, al fatto che la persona del lavoratore è sempre più trasformata da fine a mezzo, a strumento del processo produttivo.
In realtà il capitale, come raccomandava più di un secolo fa la ‘Rerum novarum’, dovrebbe collaborare e non asservire il lavoro. Occorre, però, stare ben attenti a non assolutizzare quest’ultimo, riconoscendogli preminenza rispetto alla persona. Il rischio che si corre, infatti, è quello di attribuire dignità alla persona solo se e in quanto lavoratrice, mentre in realtà è la preesistente dignità della persona che connota di sé il lavoro. Un rischio ben presente a Padre Colombo, che ha citato il primo articolo della Costituzione Italiana, il quale stabilisce che la nostra è una repubblica democratica fondata non già sulla persona, intesa in senso cristiano, bensì sul lavoro, sull’homo faber. Una norma che, se letta ideologicamente, può dare adito a interpretazioni tra loro contrastanti.
L’incontro ha dimostrato la grande ricchezza e attualità della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica. Compito del cristiano che intende impegnarsi nel sociale è quello di cercare, con coerenza e sincerità, di trasporne i principi e i valori nel proprio vissuto.
La Dottrina Sociale non va richiamata con leggerezza, a fini propagandistici, per attirare un maggior numero di consensi. Essa va vissuta nella consapevolezza che è ben più di una mera ideologia politica o un manuale di bon ton. Come ricorda, infatti, Mons. Giampaolo Crepaldi nel suo libro ‘Il cattolico in politica’, essa deve essere annuncio di Cristo nelle realtà temporali. Sembrerebbe una cosa ovvia, per noi cristiani, eppure l’esperienza quotidiana testimonia quanto sia ormai insolito sentire parlare di Gesù al di fuori degli edifici ecclesiali. 
Sirio Stampa
 

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