In morte di mons. Giuseppe Verucchi
Nato il 23 novembre 1937 in diocesi di Modena, a Miceno di Pavullo nel Frignano, monsignor Giuseppe Verucchi è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1961. È stato cappellano di Castelnuovo Rangone dal 1961 al 1971, parroco di Formigine dal 1971 al 1986 e di Fiorano Modenese dal 1997 al 2000. A livello diocesano, ha ricoperto i ruoli di vicario generale dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola dal 1986 al 1997, presidente provinciale della Fism, direttore dell’Ufficio diocesano di Arte Sacra e Beni Culturali.
Il 9 marzo 2000 fu eletto Arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia, venendo ordinato a Modena il 13 maggio del medesimo anno e prendendo possesso dell’arcidiocesi il 3 giugno seguente. Dal 20 gennaio 2013, divenuto Arcivescovo emerito, risiedeva a Modena, dove, fino a quando le forze glielo hanno consentito, si è posto generosamente a servizio della Chiesa locale, dove ha continuato a svolgere un ministero pastorale di ascolto e accompagnamento spirituale per tanti.
Nell’ultimo anno si era trasferito alla Casa del Clero dove, a causa della malattia, aveva interrotto tutte le attività pastorali. “Non ha mai rinunciato però a celebrare l’Eucaristia”. Ogni anno tornava a Ravenna per gli appuntamenti più importanti della vita della Diocesi, la Messa Crismale e la festa di Sant’Apollinare.
Nel suo motto “Ut unum sint” aveva condensata la sua missione pastorale, che ha sempre avuto l’unità e la comunione tra i principali obiettivi.
Tante le iniziative pastorali e le attività diocesane da lui promosse o sostenute, che si potrebbero elencare e che altri possono fare meglio di me avendolo conosciuto e avendo collaborato direttamente con lui. Io preferisco prendere due scritti originali, di suo pugno, per ricordarlo.
Il primo è una pagina tratta dalla Visita ad Limina del 2005, dove dopo aver descritto la situazione culturale e politica della diocesi, aggiunge:
“La Chiesa ha vissuto tempi durissimi (epoca della maggior presenza del marxismo, socialismo, anticlericalismo). Ha avuto preti santi ed eroici: d. Giovanni Minzoni, d. Angelo Lolli, d. Giulio Morelli. Ma anche i preti, i religiosi e i cattolici praticanti “normali” delle nostre parrocchie meriterebbero un monumento per la loro presenza, la perseveranza nella fede, la generosità nella testimonianza. In questa terra la Chiesa dell’ultimo secolo ha percorso soprattutto la via della testimonianza della carità. Preti impegnati ad amare, accogliere e servire: poveri, ammalati, diversabili, anziani, abbandonati, bimbi e fanciulle poveri e soli.
L’Opera S. Teresa è il simbolo di questa Chiesa, ha fatto breccia nel cuore di credenti e non credenti con l’opera dell’Amore. Cristo Gesù a volte entra nei cuori attraverso la predicazione. In questo caso è entrato e sta entrando attraverso le vie della carità, la via del cuore.”
Poi elenca gli ostacoli attuali alla evangelizzazione, negli stili di vita dominanti e nella debolezza della nostra testimonianza di credenti:
“Ciò che è più difficile è l’annuncio di Gesù Cristo, la testimonianza di tutta la novità cristiana, il valore della trascendenza, della vita in grazia, del perdono dei peccati, della conversione dei cuori al Signore.
Percorso difficile ma indispensabile. Ecco allora l’insistenza su iniziative pastorali che diano alle persone la gioia dell’incontro con il Signore, esperienze di preghiera, adorazione, esperienze che facciano crescere la comunione fraterna e la corresponsabilità, la ministerialità e la missionarietà. Occorre presentare la Chiesa della Caritas e delle opere caritative, ma anche la Chiesa che ascolta il Signore, Lo accoglie nei Sacramenti; Lo adora nel tabernacolo e Lo serve e ama nei fratelli e in ogni uomo.”
Infine una riflessione diretta per l’incontro con il Papa:
“Vengo volentieri e con il cuore pieno di riconoscenza per l’occasione che mi è data di pregare sulla tomba degli Apostoli, di incontrare il S. Padre, di dialogare con vari Dicasteri.
Mi preparo all’incontro in spirito di gratitudine e di ringraziamento. Ciò di cui, come Vescovo e come Chiesa, sentiamo il bisogno è soprattutto di rinsaldare i vincoli di comunione con la Chiesa che presiede nella carità, di rinnovare l’ubbidienza convinta al S. Padre, di sentirci capiti, compresi, amati e sostenuti.
Operare per il Signore in una realtà difficile è faticoso! Ma la fatica è leggera se ci si sente in comunione profonda e quasi abbracciati dalla “Carità” della Chiesa di Roma e da quanti la rappresentano.
Porto a Roma la situazione concreta della mia “sposa”, i sogni pastorali che ho nel cuore, le difficoltà e le sofferenze che ho sulle spalle. Vengo portando le preghiere, la stima e l’affetto che nutriamo per il S. Padre.”
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La seconda pagina è il suo testamento spirituale, redatto in due tappe.
Marola – Esercizi Spirituali, 3 luglio 2003
TESTAMENTO SPIRITUALE
Revoco ogni mio precedente testamento. Scrivo di mio pugno con piena coscienza e totale libertà.
Ringrazio il Signore per l’amore che mi ha donato chiamandomi all’esistenza, alla fede, al sacerdozio e al ministero episcopale: dono, impegno e responsabilità.
Ringrazio quanti mi hanno amato, sostenuto e sopportato.
So che tante persone hanno pregato per me: le ringrazio di cuore. Dal Cielo spero di poter dire una “parolina” al Signore e a Maria per tutti e per ciascuno.
Sono particolarmente riconoscente ai miei familiari, alle persone (tante!) che ho conosciuto nella Diocesi di Modena come viceparroco, parroco e Vicario Generale, alle persone incontrate a Ravenna, ai confratelli sacerdoti, ai fratelli e sorelle nella fede.
Spero di rivedervi tutti in Paradiso, ultimamente, come vescovo, ho allargato la comunione fraterna con tanti ‘Vescovi’: un’esperienza veramente bella.
Chiedo perdono! Con tutto il cuore e con sincerità!
Perdono per i miei peccati, i limiti, ciò che potevo fare e non ho fatto, per sofferenze causate volontariamente o involontariamente.
Dono di cuore il perdono, a quanti mi hanno fatto soffrire. Ho offerto tutto al Padre, nella preghiera e nella S. Messa, insieme all’offerta di Cristo.
Desidero sottolineare alcuni valori che, per me, sono stati determinanti in tutta la vita.
* Vivere una vita di intima unione con Cristo. Mettermi nelle sue mani. A sua totale disposizione. Non sempre ci sono riuscito. Ma la strada era bellissima.
* Una devozione a Maria: tenera e forte. Lasciarmi guidare da Lei a dire: “Eccomi” al Signore.
* Ho sempre considerato l’amore e la Comunione fraterna come il centro della vita cristiana. Ho cercato di accogliere questi doni come grazie, dal Signore; mi sono sforzato di viverli… con tante difficoltà… molti mi hanno voluto bene! Dio solo sa quanti! Come farò a ricompensarli? Ci proverò quando sarò lassù.
Credo di aver anche insistito su questi “valori”, nella predicazione… affidando al Signore il compito di fare crescere il seme gettato.
* La “carità pastorale” nel cuore sacerdotale e poi episcopale! É questo dono che il Signore ci mette dentro che:
– Non ci permette di stare “seduti” ad aspettare.
– Ci sprona a studiare, a riflettere e a pregare per le persone, le comunità religiose, i sacerdoti, tutta la Chiesa.
– Ci stimola ad andare, ad annunciare la Parola in ogni modo e ovunque sia possibile.
– Ci sostiene nel realizzare le iniziative pastorali.
– Ci dona fantasia per pensare attività pastorali nuove e adatte ai tempi.
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Ora sono a Ravenna. Ne ringrazio il Signore. Terra di missione. Situazioni difficili. Poche persone a Messa. Ma debbo dire che mi sono trovato bene.
Ho avvertito accoglienza e stima. Quante porte ho visto aprirsi, quanti cuori spalancarsi. Quanti ambienti, dove era impensabile entrare, hanno chiesto la presenza del Vescovo. Ho visto il lavoro prezioso dei sacerdoti; anche in condizioni non favorevoli. Quante volte mi è venuto in mente, partendo dalle parrocchie: “A questi sacerdoti bisognerebbe fare un monumento!”.
Ho sentito l’amore fraterno dei sacerdoti, delle persone consacrate, di tanti laici cristiani e la stima anche di non praticanti. Devo proprio dire grazie e chiedere perdono per il poco bene fatto.
Se vi ricordate di dire una preghiera vi ringrazio. Io vi ricorderò da lassù.
26 giugno 2008 Es. Sp. Marola
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