Risveglio Duemila – Intervista a Mons. Lorenzo Ghizzoni per Natale – 25 dicembre 2020

Intervista a RISVEGLIO DUEMILA

Natale 2020

Non mancano i presepi in Vescovado. E arrivano da tutto il mondo: nell’abitazione dell’arcivescovo Lorenzo ce n’è uno peruviano con figure in terracotta tipiche di quel Paese che accoglie i visitatori nell’ingresso, un altro malgascio, un altro ancora sud americano. A pensarci bene, come spiega lui stesso a Risveglio Duemila, è proprio questo il mistero del Natale: un Dio che si fa vicino ad ogni uomo, in ogni parte del mondo, nel quotidiano segnato dai drammi e dalle gioie della vita di tutti. Anche in questo 2020 caratterizzato dalla pandemia che a Ravenna e in Diocesi, in questa seconda ondata, ha colpito duro. In questo Natale che per molti sarà più triste per la mancanza dei propri cari, Dio si fa ancora una volta “compagno di viaggio, amico, presenza potente” e ci dà l’occasione, forse in modo ancor più evidente per le limitazioni di questo 2020, di tornare all’essenziale, di “togliere quella sovrastruttura consumistica che rivela solo il bisogno di positivo fare festa”, ma rischia di adombrarne il contenuto: “la gioia di un figlio che ci è stato donato, per la nostra salvezza”. Un Natale più sobrio, come quello che vivono tanti nostri fratelli cristiani nei Paesi del Sud del mondo, ma agganciato a quella gioia che è il senso vero della festa e della vita. Un augurio per tutti, come spiega in questa intervista mons. Lorenzo Ghizzoni

Arcivescovo, sarà un Natale diverso per molte ragioni. Cosa non cambia in questo Natale?

“Il farsi vicino di Dio agli uomini che purtroppo nella nostra società secolarizzata rischia di perdersi. La presenza di Dio è nel nostro quotidiano, come leggiamo nel salmo 138 (“Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri”): è un compagno di viaggio, un amico, una presenza potente. Questo concetto è molto chiaro al fedele antico mentre nella nostra società è quasi smarrito. Natale ci costringe a ripensare a tutto questo e forse, anche grazie a questa epidemia, abbiamo l’occasione per togliere tutta la sovrastruttura consumistica che in fondo rivela solo quanto l’uomo abbia bisogno di fare festa. Il senso invece è un altro, il contenuto di questa festa è la gioia di un figlio che ci è stato donato.

Sarà un Natale più vero? Più sobrio?

Più vero non possiamo dirlo, dipende da ciascuno. Ma noi cristiani abbiamo la possibilità di ripensare il Natale per quel che dovrebbe essere: un Dio che viene nella povertà e nella semplicità mentre siamo tutti preoccupati dei limiti che ci impone questa situazione, della mancanza di libertà o degli aspetti economici. Credo sia utile confrontarsi con il resto del mondo. Siamo chiamati a un Natale più sobrio ed essenziale e forse questo ci permetterà di recuperare la dimensione religiosa di questa festa. Fare il presepio, ad esempio, può aiutare, i bambini ma anche gli adulti, a ripensare a quel che è successo 2000 anni fa.

Certamente sarà un Natale diverso sotto il profilo delle celebrazioni. La Messa della notte di Natale dovrà essere anticipata in molte parrocchie per essere compatibile con il coprifuoco delle 22. Questo cambia qualcosa?

La Messa in Cattedrale sarà il 24 alle 19. Ma ci sono tante occasioni: invitiamo ad andare alle Messe del giorno perché la Parola di Dio è molto ricca. Ci sono tantissime Messe soprattutto in città: ognuno può scegliere. D’altra parte, gli orari della Messa della Notte di Natale sono sempre stati variabili. Nessuno sa a che ora è nato Gesù: nel Vangelo non c’è scritto.

C’è però una tradizione alla quale neanche quest’anno vuole rinunciare, quella della Messa nel giorno di Natale nella casa circondariale di Ravenna. Perché, da quando è arrivato a Ravenna, ha scelto di celebrare Natale e Pasqua anzitutto con i detenuti?

È un’abitudine cha avevo sin da Reggio Emilia, dove c’erano due carceri, che ospitavano più di 100 persone ciascuno. Mi è sempre sembrato importante celebrare le due feste più importanti lì per aiutare i carcerati a non sentirsi emarginati. Se vengono aiutate a recuperare il senso del proprio valore e della propria dignità queste persone hanno una chance in più di riscatto. Sono poi occasioni molto sentite: prima delle limitazioni dovute al Covid, c’erano più di 30 partecipanti

Per molti, questo Natale sarà il primo senza un parente o un familiare morto a causa del Covid. Ravenna in questa seconda ondata è stata particolarmente colpita…

Sarà certamente un Natale più triste per queste persone e l’unica parola che possiamo portare loro è quella della speranza. La gioia del Natale non è artificiale, non si basa sulle emozioni: nasce dalla certezza di avere un Dio con noi che vuole darci o anche ridarci vita. Natale è il preludio della Pasqua: è la Resurrezione l’atto conclusivo della nostra vita, non la morte, e questa ci porta alla vita eterna. Ancora una volta, apriamoci al mondo, guardiamo quel che succede altrove: l’emigrazione forzata separa le famiglie. Quante persone sono separate dai loro cari, vivono e muoiono da soli? Quante sono morte nelle migrazioni nel Mediterraneo, da soli. Tutto questo deve farci sentire più solidali tra noi, più fratelli.

Infine, le chiediamo un consiglio per come vivere bene questo Natale 2020 e un augurio ai nostri lettori…

Recuperiamo la dimensione religiosa della preghiera, leggendo e riprendendo le letture della domenica ad esempio con il foglietto della Messa. Davvero la liturgia ci offre una ricchezza di spunti da non perdere in queste settimane. Ripartiamo dalla Scrittura che abbiamo cercato di valorizzare in vari modi, anche attraverso “Avvento. Vie di Luce” i video-commenti al Vangelo della domenica che abbiamo realizzato nei monumenti. Poi chiedo un’attenzione particolare ai piccoli: vale la pena fare qualche lettura sul Natale in famiglia, tutti insieme, guardare magari un video fedele alla storia del Natale, pensare a qualche momento educativo o di preghiera il giorno di Natale. Questo è il mio augurio: che si riscopra la dimensione religiosa del Natale.

25-12-2020