Incontro di inizio anno con gli Uffici Pastorali Diocesani – 26 settembre 2020: “Sulla stessa barca – Ripartiamo insieme”

Arcidiocesi di Ravenna-Cervia

Incontro di inizio anno con gli Uffici Pastorali Diocesani

26 settembre 2020

Sulla stessa barca – Ripartiamo insieme

Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; è la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito” (Francesco, 22 maggio 2017).

Per una rilettura della pandemia nelle nostre parrocchie

La Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna (CEER) nella sua riunione online del 27 Aprile 2020 ha seguito l’importante orientamento del Consiglio Permanente (CEI) in ordine alla bozza di programmazione pastorale quinquennale in esame, decidendo di bloccarla per il prossimo anno pastorale 2020-2021. Esso andrà vissuto come una specie di “anno speciale” per mettersi in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa in questo tempo di pandemia.

(In particolare don Erio Castellucci (Arcivescovo di Modena-Nonantola e delegato CEI per la Catechesi) ha elaborato un possibile “indice dei temi” emersi nelle settimane di “lockdown” vissuti tra i mesi di marzo e maggio 2020, che potrebbe essere utile per avviare un cammino di discernimento comunitario, prendendo spunto da alcune questioni teologiche poste dalla pandemia e ordinate secondo gli articoli maggiori del Credo)

A questo punto crediamo che convenga anche per la nostra Diocesi decidere di sospendere una normale programmazione pastorale e fermarci per un anno di ascolto, valutazione, confronto. Questa riflessione infatti non devono farla solo i Vescovi o solo il clero, ma con un “metodo sinodale” è bene che siano coinvolti i Presbiteri, i Diaconi, i Consacrati, le Comunità Parrocchiali, i Gruppi, i Movimenti e le Associazioni, coordinati dalla mediazione degli Uffici Pastorali Diocesani. Un ulteriore lavoro parallelo potrà essere fatto con il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale, senza dimenticare la relazione con il resto della Società Civile, anch’essa profondamente provata, e i suoi organismi.

Il momento che stiamo vivendo è complesso, il nostro cuore è turbato e alcuni di noi stanno ancora vivendo anche grandi sofferenze. Crediamo che sia un tempo da abitare in tutte le sue sfumature per condividere anche come Comunità cristiana quello che tocca e coinvolge tutti con lo sguardo della Fede e la luce della Parola di Dio. Sentiamo il bisogno di ascoltarci e comunicarci quello che stiamo vivendo, di riconoscerlo e assumerlo con consapevolezza e libertà, per scoprire il bene che ogni situazione contiene, anche la più tragica. Si tratta di vedere se i segni dei tempi sono anche segni di Dio.

Non vorremmo che, passata questa tempesta, si volesse far ritornare tutto come era prima, come se questo tempo di deserto che stiamo attraversando fosse semplicemente da dimenticare. In una prospettiva cristiana si tratta di educare a guardare alla vita come un luogo dove Dio agisce e parla a ogni persona e a ogni comunità ecclesiale, per invitarle a realizzare qui e ora quel bene che è possibile. L’arte del discernimento è la maniera in cui si cerca di ascoltare e rispondere a Dio che agisce, ispira e chiama.

Propongo perciò 3 spunti di riflessione e delle proposte

  • Mt 14, 22-33 (“Coraggio sono io, non abbiate paura”)     Sulla stessa barca

(cfr. l’omelia di Papa Francesco nella sera del 27 marzo ’20 in piazza S. Pietro)

Siamo chiamati a leggere il tempo della prova, che non è finita e potrà avere sviluppi. Ecco alcune domande possibili, per prendere coscienza che “stiamo sulla stessa barca…”

Come condividere in questo tempo inaspettato e straordinario non solo le paure o i disagi, ma anche l’impegno di vita cristiana e la diffusione del vangelo di Gesù, che è la meta di sempre ma specialmente di questo nostro secolo che va verso la secolarizzazione e una indifferenza crescente? L’assenza della messa ha fatto desiderare ai frequentanti fedeli la connessione tra Eucaristia e comunità; l’assenza della Parola di Dio della messa e delle altre liturgie, ci ha messi in astinenza; la mancanza delle relazioni comunitarie della parrocchia amicali, di gruppo, di associazione, ci ha fatto sentire quanto ne avevamo bisogno: ci siamo accorti solo del bisogno umano insoddisfatto o abbiamo riscoperto la necessità teologica e spirituale del legame essenziale tra Parola-Sacramento-Comunità? Questo ci ha fatto vivere in modo nuovo la liturgia, una volta ripresa la frequenza? Perché tanti anziani, tanti giovani non si fanno più vedere?

Ci siamo accorti che con la carità, grazie alla Caritas e ai volontari delle parrocchie e delle associazioni, stiamo evangelizzando in modo efficace? Sarà possibile rendere stabile e non occasionale l’impegno caritativo, come volto delle comunità verso i poveri e verso la società tutta?

Abbiamo improvvisato un uso esteso e nuovo dei mezzi di comunicazione anche dei nuovi social, potremo avere persone preparate per utilizzarli ancora a servizio della liturgia e della catechesi, integrati con i vecchi incontri non solo come supplenza?

In quali modi e con quali persone dovremmo lavorare insieme per individuare le nuove priorità pastorali alla luce degli eventi e alla luce del Vangelo? Se è vero che siamo sulla stessa barca e abbiamo bisogno di remare tutti insieme e verso la stessa meta …

Disilludiamo quelli che aspettano passivamente che passi la tempesta e per riprendere il solito tran tran e il “si è sempre fatto così” …

  • Atti 11, 19-26 (nasce la chiesa di Antiochia) Ripartiamo insieme

Ogni situazione nuova può essere un ostacolo alla vita cristiana o una occasione per l’evangelizzazione (come ad Antiochia).

Tre valori evangelici che ci devono guidare oggi alla luce del Magistero di Papa Francesco: la solidarietà (vedi punto 1), la fraternità (leggiamo la nuova Enciclica “Fratelli tutti”), la sinodalità (sarà oggetto del prossimo Sinodo 2022), come stile e metodo ecclesiale, come fonti di tanti atteggiamenti su cui educare i giovani e formare comunità cristiane adulte.

Si potrebbe strutturare una azione pastorale in questo anno “speciale o sabbatico” e certamente precario su queste linee:

  1. ascoltare le persone e le loro domande, le sofferenze; le proposte, le attese, le disponibilità, le idee religiose…
  2. raccontarsi le proprie esperienze di vita e di fede in questo periodo, creando luoghi e tempi per dare spazio al dialogo interpersonale e/o di piccoli gruppi;
  3. confrontarsi con la Parola di Dio, anche in famiglia e nelle comunità religiose, per individuare i segni dei tempi o dello Spirito negli avvenimenti di questo anno; uso del Sussidio Biblico nuovo (2021); partecipazione alla Scuola di Formazione Teologica diocesana – da quest’anno anche online – per tutti i nostri collaboratori laici
  4. (nei limiti delle restrizioni causate dall’epidemia, e quando ci saranno maggiori possibilità) ricreare o potenziare relazioni comunitarie dentro la comunità parrocchiale, nelle associazioni, nelle comunità religiose, con i gruppi di appartenenza; rapporti di fraternità che vadano oltre le amicizie già esistenti, ma chiamando anche i lontani, gli indifferenti, i delusi, quelli che si sono sentiti allontanati, chi è in ricerca spirituale anche confusa… (i vicini di casa, i colleghi di lavoro, gli amici…)
  5. appena possibile, ripartire con i ragazzi, con gli adolescenti, con i giovani… però con quali animatori, educatori? Con quale comunità di adulti? Il lockdown ha accelerato il fenomeno della secolarizzazione, della indifferenza o della scristianizzazione anche di quei giovani che ritenevamo “fedeli”? Vivremo solo un abbandono del cristianesimo o anche “salto” positivo di tanti (o pochi) verso un Cristianesimo per scelta e per convinzione, contro il cristianesimo per tradizione e abitudine familiare che ancora ci accompagna (per poco)?
  6. Prepararsi per essere pronti a affrontare i nuovi sviluppi sociali e economici che si apriranno con il ritorno delle limitazioni
  • Mt 10, 1-42 (discorso missionario ai discepoli)    Verso una scelta missionaria unitaria.

Ora più che mai è tempo di missione, non per impiantare nuove chiese in terre lontane, ma per seminare il Vangelo in una società che cambiando rapidamente ci presenta terreni sempre nuovi e incolti. Una missionarietà che deve essere unitaria, condivisa da tutti, che deve dare nuova forma ai propri programmi e alle attività, ai percorsi di formazione dei propri collaboratori:

  1. che coinvolga tutti gli organismi diocesani, le parrocchie, le associazioni e i movimenti, la vita consacrata;
  2. con una attenzione nuova alle famiglie, anche se sono poche quelle che partecipano unite dentro la vita ecclesiale, perché hanno grandi potenzialità di testimonianza negli ambienti in cui vivono (fermento e sale);
  3. Con Liturgie rinnovate e legate alla situazione che stiamo vivendo; manteniamo la centralità della domenica (per viverla come?) e dell’eucaristia (per celebrarla come?); il nuovo Messale: occasione di formazione alla preghiera liturgica e biblica, abbandonando progressivamente le devozioni adatte per gli anziani (non adatte alla fase adulta della fede e della preghiera);
  4. Valorizzare la Caritas parrocchiale, ma aprirsi alla carità in modo nuovo: più ascolto e aiuto morale e spirituale, meno assistenzialismo; possibilità di annunciare il Vangelo ai poveri…
  5. Ripartenza del Centro missionario diocesano e coinvolgimento dei giovani nella carità (Caritas), nella missione, nei percorsi di spiritualità (nuovi direttori del CMD, Maicol e Francesca)

Uno strumento per la rilettura della pandemia in chiave teologico-spirituale-pastorale

«Come cambieranno le cose? Come saremo? Il futuro sarà scandito ancora da abitudini reiterate? Come sarà la coscienza personale e collettiva? Cosa ci chiede il Signore in questo tempo? Perché un Dio buono permette tutto ciò ai suoi figli?» (dal Comunicato finale del Consiglio Permanente della CEI – Roma, 16 aprile 2020).

In queste domande dei Vescovi italiani emerge la necessità di una lettura spirituale e biblica di ciò che sta accadendo. E’ ciò che possiamo provare a fare insieme nelle nostre Comunità cristiane (Parrocchie, Comunità Religiose, Gruppi, Movimenti, Associazioni).

Un possibile “indice dei temi” emersi in questo tempo di crisi ci potrà aiutare ad avviare il discernimento, prendendo spunto da alcune questioni teologiche fatte emergere dalla pandemia e ripercorrendo quasi il “Credo”…

* * *

1° Capitolo – quale visione teologica?

“Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente”.

La questione di fondo: Dio e la sofferenza.

  • Tra la tesi della “punizione divina” da una parte e una ingenua “teologia naturale” dall’altra; la reimpostazione di una teologia dopo… il coronavirus?
  • Una interpretazione della reiterata richiesta-pretesa di riti devozionali in ordine al “miracolo” (con gesti “straordinari” e pubblici): devozione popolare o superstizione residua?
  • Il significato della preghiera di domanda da parte dell’uomo e dell’esaudimento (e mancato esaudimento) da parte di Dio.
  • Per una autentica “teologia naturale” cristiana: interconnessione tra Dio, uomo e creato (una rinnovata impostazione del rapporto “fede-scienza”; crisi ecologica e crisi economica; limiti della logica del profitto e del consumo; tramonto del perdurante mito del progresso…).

2° capitolo – quale visione cristologica?

“Per noi uomini e per la nostra salvezza”.

La questione antropologica in chiave cristologica.

  • La doppia fragilità svelata dal virus: paura della morte e ripiegamento sul proprio “particolare”.
  • La fecondità di una prospettiva pedagogica cristiana: che cosa “imparare” da questa sofferenza (cfr. Eb 5,8: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì…”).
  • Occasione di riscoperta della dimensione del “dono” (nostalgia della libertà di movimento e incontro, di istruzione, di esercizio della professione, di espressione comunitaria della fede).
  • Possibilità di una rilettura non banale della “crisi” attuale alla luce del mistero pasquale di Cristo (facendosi tra l’altro provocare dalla sovrapposizione tra il tempo della pandemia e il tempo della liturgia); suggestioni dal Triduo pasquale (tempo di un prolungato “sabato santo”?…).
  • una possibile lettura critica della visione antropologica desumibile dalle disposizioni governative, tenendo conto della loro evoluzione: piena salvaguardia dei beni fisici e materiali (salute, cibo… dipendenze), scarsa attenzione ai beni relazionali (misure di allontanamento con ricadute particolari su disabili e psicolabili, bambini di famiglie fragili e anziani, restrizione dei riti del commiato), pratica irrilevanza dei beni spirituali (celebrazioni, sacramenti, visite alle chiese…).

3° capitolo – quale visione pneumatologica?

“Credo nello Spirito Santo”.

Il sottofondo pneumatologico della crisi.

  • In ascolto della creatività delle nostre comunità cristiane: il fiorire di iniziative di annuncio, celebrazione, prossimità.
  • Il frutto dello Spirito” (cfr. Gal 5,22[1]) nella dedizione trasversale di chi si è speso in prima linea, specialmente: operatori sanitari, forze dell’ordine, operatori della comunicazione (e utilità dei nuovi media), ministri delle comunità, assistenti familiari e terapeuti, lavoratori impiegati nelle “attività essenziali” (spesso prima ritenute inferiori: operatori ecologici, personale delle pulizie, fornitori…).
  • Le convergenze ecumeniche e interreligiose, con papa Francesco come punto di riferimento (e al contrario accuse degli ultra-conservatori, per i quali è l’untore…).
  • L’esplosione di altre crisi planetarie come provocazioni – (“segni dei tempi”? una categoria forse inflazionata…) – per nuovi stili di vita (2001: terrorismo; 2008: economia-finanza, 2015: ecologia).

4° capitolo – quale visione ecclesiologica?

“Credo la Chiesa”.

Implicazioni ecclesiologiche ed ecclesiali.

  • Il richiamo avanzato da alcuni alle relazioni tra Stato e Chiesa (Concordato; Costituzione art. 7[2]).
  • La marginalità del ruolo della Chiesa nelle decisioni governative circa la pandemia: conferma del tramonto della “cristianità” (cfr. Papa Francesco alla Curia romana, 21 dicembre 2019[3]), opportunità per confermarsi “minoranza creativa” (cfr. Papa Benedetto XVI, 26 settembre 2009[4]) o occasione persa (cfr. le molte critiche al presunto “silenzio” della CEI)?
  • Fatiche sperimentate e opportunità avviate per una maggiore valorizzazione della “Chiesa domestica”, del “sacerdozio comune dei fedeli” e del “culto spirituale”.
  • Un possibile contributo al superamento dell’identificazione tra parrocchia e centro parrocchiale (“microcosmo”): la parrocchia pensata invece come popolo di Dio che vive e opera sul territorio (abitazioni, luoghi di lavoro e di cura, spazi di incontro e di svago…).

5° capitolo – quale visione sacramentaria?

“Credo… la comunione delle cose sante… la remissione dei peccati”.

La questione eucaristico-sacramentale.

  • Il fenomeno della denuncia, a carico dei vescovi italiani, della “resa eucaristica” da una parte e delle “esibizioni tridentine” dall’altra; ma anche un desiderio sincero dell’eucaristia e dell’assemblea.
  • La percezione (scarsa?) del rapporto tra la comunione eucaristica e il suo fine che è la comunione ecclesiale (compreso il senso del “bene comune” nel rispetto delle persone più fragili ed esposte al contagio) e l’effettivo problema della separazione tra corpo eucaristico e corpo ecclesiale.
  • La “fase due“ nella progressiva ripresa della vita sacramentale: immaginazione al lavoro, specialmente per le celebrazioni eucaristiche e il sacramento della riconciliazione.

6° capitolo – quale visione escatologica?

“Credo la risurrezione della carne, la vita eterna”.

Una rilettura dell’escatologia.

  • La predicazione dei “novissimi” – soprattutto morte e risurrezione – rimessa in discussione: quale incidenza, quale linguaggio, quale teologia?
  • L’esperienza inedita della morte “solitaria”: per il morente, per i suoi cari, per i pastori.
  • La scelta quasi generalizzata della cremazione come questione pastorale.
  • L’opportunità di una riformulazione dell’escatologia cristiana in chiave di “risurrezione” e non di semplice “immortalità dell’anima”: rilevanza delle “cose ultime” nella vita terrena.

7° capitolo – quale visione pastorale-ministeriale?

Questioni pastorali riguardanti le comunità e i ministri.

  • Il rimbalzo sulle comunità cristiane di vecchie e nuove povertà: materiali (disoccupazione, anche di molte badanti; migranti, mendicanti…), sanitarie (disabili: alcuni rimasti senza genitori; malati cronici; varie forme di dipendenza…), psico-affettive (familiari segnati da lutti senza commiato; soggetti già labili, bombardati dai media; operatori sanitari traumatizzati anche da scelte difficili; carcerati…), spirituali (credenti provati nella loro fede, persone prima tiepide nelle quali si è risvegliato un interesse religioso).
  • Riflessi molteplici sull’assetto delle parrocchie: aggravio dei bilanci in perdita; sostenibilità economica e utilità pastorale delle strutture (da ricondurre al loro ruolo di “mezzo” e non di “fine”): scuole, campi sportivi e annessi, oratori, case di accoglienza, ecc…, anche in vista della probabile crisi del sistema “8xmille”, difficoltà di immaginare la “prossimità” nel “distanziamento” (nella vita liturgica, catechistica, caritativa), guadagno di una maggiore sobrietà pastorale, prevedibile diminuzione degli anziani (la maggior parte dei volontari delle parrocchie), opportunità di ricentrare la vita pastorale sulle persone più “fragili”.
  • Ripensamento, per alcuni aspetti, del ministero presbiterale in chiave più relazionale-sinodale e meno manageriale-organizzativa (rischi di attivismo, eccessiva burocratizzazione, individualismo e clericalismo); ri-connessione tra scelta celibataria e dimensione comunitaria nella vita dei presbiteri.
  • Esperienza di “inutilità” (“non posso fare quasi nulla”) o di “interiorità” (“ho vissuto Esercizi spirituali prolungati”) da parte dei pastori?

 

N.B.: forse Evangelii Gaudium non è mai stata così “attuale”, senza neppure il bisogno di revisioni o aggiornamenti…

 

[1] Gal 5,22: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”.

[2] Costituzione della Repubblica Italiana, art. 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”.

[3] Discorso di Papa Francesco alla Curia romana per gli auguri di Natale, 21 dicembre 2019: “Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”.

[4] Intervista con Papa Benedetto XVI, 26 settembre 2009: “Direi che normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molti viva ed attuale. La Chiesa deve attualizzare, essere presente nel dibattito pubblico, nella nostra lotta per un concetto vero di libertà e di pace”.

26-09-2020