Visita pastorale a Carabayllo

Visita pastorale a Carabayllo 
Dal “RisVeglio Duemila” N. 30/2017   

La presenza crea relazioni, le relazioni creano prossimità. Ed è in quella prossimità che si può annunciare il Signore a chi non lo conosce, quel Cristo che rende le croci e le fragilità più sopportabili.
È con questa logica, quella dell’essere chiesa “in uscita”, che è partita, ormai un anno e mezzo fa, la nostra missione diocesana di Carabayllo, alla periferia Nord di Lima, in Perù. Una logica che ora sembra dare i primi frutti, almeno in termini numerici. A raccontarlo l’arcivescovo Lorenzo che la settimana scorsa ha fatto una breve visita pastorale a don Stefano Morini (il nostro sacerdote diocesano che guida la missione) e alla parrocchia di Jesus Misericordioso. Nei pochi giorni a Carabayllo, l’arcivescovo ha fatto visita a tutte le cappelle della parrocchia in bicicletta (anche lì è il mezzo più comodo – ndr), ha incontrato i catechisti dei ragazzi e degli adulti e i rappresentanti di tutti i gruppi presenti in parrocchia (dalla Legio Mariae al gruppo che si occupa di liturgia ai ministri della Comunione), ha avuto un incontro specifico con gli ammalati e ha celebrato Messa proprio nel giorno dell’indipendenza del Paese: “Ottimo legame con il parroco, buon clima di relazioni, impegno condiviso, sia uomini che donne – racconta monsignor Ghizzoni –. Belle testimonianze di adulti semplici e molto impegnati”. Relazioni che si alimentano anche a cena, davanti a un piatto tipico. Le presenze a Messa, nota l’arcivescovo, sono praticamente raddoppiate e con la festa parrocchiale in molti, del quartiere, si sono avvicinati alla realtà di Jesus Misericordioso. “La parrocchia è in una periferia non poverissima dove il sistema scolastico e quello sanitario sono in sviluppo con una parte delle strutture pubbliche e una parte significativa private – racconta monsignor Ghizzoni –. C’è molto lavoro nero e una certa delinquenza diffusa, anche se la chiesa principale è in un luogo tranquillo. Il contributo della parrocchia è quello di aggregare gente che è arrivata da posti molto diversi e si conosce pochissimo. La prima evangelizzazione e la catechesi degli adulti insieme a quella per i ragazzi sono la via per unificare intorno a valori spirituali la gente. Non c’è miseria se non per singoli casi, non ci chiedono azioni sociali, ma c’è un notevole bisogno di spiritualità e di preghiera, di conoscenza del cristianesimo. Mi pare che don Stefano abbia intessuto molti buoni rapporti coi gruppi e con i singoli, anche grazie ai collaboratori”.