12/04/2013

Valore e significato dell’architettura della Cappella di Sant’Andrea

 

Valore e significato dell’architettura della Cappella di Sant’Andrea
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 14/2013
 
I turisti italiani e stranieri sono particolarmente affascinati dal raccolto e accogliente spazio sacro che si svela ai loro occhi nella Cappella di Sant’Andrea, contenuta nel percorso di visita del Museo Arcivescovile. Molto spesso ci viene chiesto dai visitatori il valore e il significato di tale inusuale struttura architettonica. Al turista si può spiegare che nella storia dell’arte medievale tale oratorio è da considerare il più antico esempio sopravvissuto nell’Occidente cristiano di Cappella di Palazzo.
Com’è noto la cappella privata degli arcivescovi, all’interno dell’episcopio ravennate, risale al pontificato di Pietro II (494-519) durante il regno ostrogoto di Teoderico. Non bisogna dimenticare che a quel tempo al palazzo dei vescovi cattolici doveva corrispondere quello dei vescovi ariani fatto erigere da Teoderico stesso intorno alla cattedrale ariana dell’Agìa Anàstasis, attuale basilica dello Spirito Santo. Anche nella residenza episcopale ariana pare ci fosse al piano superiore un monasterium o piccolo oratorio, in seguito dedicato a Sant’Apollinare, e forse ad imitazione – nel modulo architettonico e nella funzione – al monasterium di Sant’Andrea. Tornando al nostro sacello, esso formava il terzo piano di una singolare costruzione a forma di torre. I primi due ambienti sono oggi purtroppo interrati e ripetono il medesimo schema planimetrico della cappella: corpo centrale cruciforme, preceduto da una stanza minore o vestibolo. Oggi la costruzione dell’abside è sormontata da un quarto piano dove i raffinati particolari architettonici lo fanno ritenere del XIV secolo (l’attuale Sala Medievale con il Tesoro del Duomo). Infatti all’esterno l’edificio, in cui è inglobato l’oratorio dei vescovi ravennati, si presenta quasi come una robusta torre quadrangolare edificata con filari di mattoni di grosso spessore separati da letti di calce impastati con ghiaia. La costruzione si accosta alla rotonda torre romana di Porta Salustra. La Cappella di Sant’Andrea aveva una funzione non solo penitenziale, com’è evidenziato dal carme Aut lux hic nata est, aut capta hic libera regnat che il fedele leggeva e meditava nel nartece prima di confessarsi dall’arcivescovo. Ma l’edificio rivestiva proprio la funzione di oratorio – reliquario. Durante i restauri degli anni 1911-1918 il soprintendente Giuseppe Gerola riconobbe – nelle nicchie ricavate fin dall’origine nelle pilastrate angolari – le lipsanotèche. Esse custodivano le reliquie di santi particolarmente venerati e sono ricoperte da una porticina di legno, facendole assomigliare a veri e propri armadietti. I visitatori rimangono molto colpiti dalla lipsanotèca di sud-est che porta ancora oggi a fianco un’iscrizione a graffito che alludeva alla suppellettile sacra che si conservava in quel ripostiglio: ”Dedimus a Vitale Kirotecas II, una sirica et alia lini”. Anche il modulo architettonico cruciforme inscritto – voltato a crociera con cella absidale semicircolare – scelto per la Cappella di Sant’Andrea, riprende ancora una volta la tipologia dei martyria paleocristiani diffusi dal IV al VI secolo in Oriente e in Occidente. Forse anche il piano intermedio – al quale si aveva accesso per mezzo di una botola che si apriva nel pavimento del vestibolo rettangolare voltato a botte dell’oratorio ravennate – aveva una medesima destinazione. Il titolo della cappella in onore di Sant’Andrea martire non è originario. Dalla critica storica esso è stato messo in relazione con il trasporto a Ravenna, da parte dell’arcivescovo Massimiano (546-556), di alcune reliquie di questo apostolo provenienti da Costantinopoli. La dedicazione a Sant’Andrea è argomento di un’altra frequente curiosità manifestata dai turisti, quando cercano informazioni storiche su questo illustre monumento.
A tal proposito è necessario evidenziare il carattere particolare ed unico della Cappella Arcivescovile ravennate ubicata al primo piano della residenza episcopale. Essa, per il fatto che custodiva le reliquie dei santi e per la sua pianta a croce sovrapposta per tre volte, può essere annoverata proprio come prototipo della futura categoria degli oratori di palazzo o Sante Cappelle dell’Europa medievale. Anche nella prestigiosa Enciclopedia dell’Arte Medievale Treccani alla voce Cappella è scritto che ”Il migliore esempio di cappella di palazzo è quello di Ravenna, dove la cappella cruciforme dedicata a s. Andrea conserva la sua splendida decorazione”.
Le cappelle palatine, che principi e vescovi si erano fatti costruire nelle loro abitazioni, erano piccoli ambienti a destinazione privata, veri e propri sacelli per la conservazione delle reliquie. Fin dall’Alto Medioevo in Italia, in Inghilterra, in Spagna, ma soprattutto in Francia e in Germania, era diffusissima la tradizione di includere nei palazzi dei principi carolingi ed ottoniani, ma anche dei vescovi di allora, questi sontuosi santuari domestici. Non a caso il termine ‘Cappella’ deriva dal latino tardo capella: diminutivo di capa ‘veste’. Con questo termine si designava infatti nel regno dei Franchi, nel palazzo dei re merovingi, il luogo sacro dove era collocata e venerata la cappa di San Martino, sulla quale veniva prestato solenne giuramento. In seguito il termine ‘Cappella’ fu esteso a tutti gli ambienti consacrati dove fossero presenti reliquie. Tra le cappelle palatine più famose e utili al nostro discorso, esempi notevoli sono testimoniati dalla cappella di Carlo Magno ad Aquisgrana – annessa al suo palazzo – fatta edificare fra il 786 e l’804 (che nella forma ottagonale riprende chiaramente il nostro San Vitale) e la Sainte-Chapelle del palazzo reale di Parigi, costruita su due impianti rettangolari sovrapposti da San Luigi IX (1246-1248) per custodire le reliquie della Passione nella cappella superiore. In particolare, come evidenziò la studiosa Laura Lo Prete in un documentatissimo articolo al riguardo sulla prestigiosa rivista ‘Felix Ravenna’ (nel n. 38 del 1964): ”In particolare l’oratorio del castello di Steinfurth nella Germania Occidentale (fine XII sec.) si avvicina a quel gruppo di martyria cruciformi, da cui derivava la sua pianta la cappella dei vescovi ravennati”. Infatti l’oratorio di Steinfurth è proprio installato in una torre a due piani. Ed è forse per questo motivo che i turisti tedeschi, appena timbriamo loro il biglietto, vogliono subito visitare la nostra preziosa Cappella Arcivescovile.
Filippo Treré – Opera di Religione della Diocesi di Ravenna