
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 18/2013
Il nome di Don Antonio Rasi (1903-1989) prete ravennate, parroco di S. Biagio d’Argenta nel giardino dei ‘Giusti tra le nazioni’ a Gerusalemme
A cura di Enzo Tramontani
Chi proveniente da Roma, chi proveniente da Haifa in Israele, erano giunti in dodici ad Argenta il 25 aprile scorso. Erano figli e nipoti di Giuseppe, di Regina, di Umberto, i tre figli di ‘Isacco’ Moscati e Regina Cantelli (quest’ultima originaria della frazione argentana di San Biagio), famiglia ebraica braccata dai nazisti e giunta a San Biagio alla fine del 1943, quando Isacco era già morto. Il parroco don Antonio Rasi ospitò la vedova e i tre figlioletti nella propria casa attigua alla chiesa fino al ‘passato pericolo’ con la sconfitta della Germania, dividendo con loro la povertà della mensa e i rigori dell’inverno, strappandoli così dalla deportazione nei campi di sterminio. Rischiò ogni giorno la propria vita, soprattutto quando dovette affrontare i tedeschi venuti a bussare alla sua porta, sfidandoli con una santa bugia: ‘Questi li ho battezzati io, avete sbagliato indirizzo’.
Fortunatamente la bevvero.
Johav, Miri e Tani Moscati erano orgogliosi di trovarsi al centro ‘ ospiti di riguardo ‘ della cerimonia celebrativa del sacerdote, grande nella sua quotidiana umiltà. ‘Quando torneremo a Gerusalemme andremo a piantare per lui un albero, col suo nome inciso, nel Giardino dei Giusti’ hanno solennemente promesso. Siamo grati di questo gesto memoriale, che celebra il nome di Ravenna e la carità nascosta di un suo degno figlio.
Scheda biografica di Don Antonio Rasi
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Il libro che illustra la figura del sacerdote
E’ stato presentato ad Argenta il 25 aprile 2013, per iniziativa del sindaco dott. Antonio Fiorentini. Di pagg. 136 e con numerose illustrazioni, ne è autore Rino Nicoletti, che scrive in quarta di copertina: ‘L’intenzione (di questa pubblicazione) è quella di far conoscere ai giovani e far ricordare a chi allora c’era, le buone opere di un umile e altruista parroco di campagna vissuto nel momento storico più delicato del ‘900. Credo che per un sambiagese come me aver fatto questa pubblicazione sia il minimo che potessi fare per evitare che ci si dimentichi di personaggi di questo spessore’.
La prefazione è scritta dal Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Ferrara Rav Luciano Meir Caro, che era presente anche alla giornata celebrativa del 25 aprile 2013 ad Argenta. L’Arcivescovo di Ravenna-Cervia Mons. Lorenzo Ghizzoni pure invitato, assente per precedenti impegni, è stato rappresentato dall’arciprete di Portomaggiore don Giuseppe Negretto, originario di S. Biagio d’Argenta.
Per procurarsi il libro biografico e commemorativo, fare riferimento all’autore: Rino Nicoletti, Via Nazionale Ponente, 16 ‘ 44011 Argenta (Fe), tel. 0532 852013 ‘ cell. 347 7224522.
Testimonianze
Il volumetto di Rino Nicoletti raccoglie diverse testimonianze interessanti. Qui ne segnaliamo due, mentre di seguito riportiamo il testo integrale di una lettera scritta da Israele da un discendente della famiglia Moscati.
Italo Guerra è un ex alunno del seminario di Ravenna e qui ricorda con gratitudine l’antico parroco don Antonio Rasi ‘al quale sono debitore’ scrive ‘per aver convinto mio padre a farmi proseguire gli studi nel seminario perché si pagava poco. Don Antonio si mostrava fiero di me, s’interessava ai miei studi e mi incoraggiava sempre. Anche adesso, quando ritorno a San Biagio (oggi vive a Lugo, ndr) non manco di recarmi con animo riconoscente alla sua tomba e, lì vicina, anche a quella di un altro sambiagese, l’amico e grande scrittore don Francesco Fuschini (pure di San Biagio d’Argenta era mons. Angelo Rossini vescovo ausiliare di Ravenna dal 1942 al 1947, poi arcivescovo di Amalfi dove si spense nel 1965, ndr)’.
Itala Centofanti sottolinea la grande carità di don Rasi, conosciuto da bambina nel 1930 appena giunto in parrocchia. Insegnante, vanta una lunga frequentazione col suo parroco storico. Di lui scrive: ‘Era sempre pronto a donar a chi aveva bisogno, dava quel poco che aveva a chi era più povero di lui: si privava di tutto, anche del mangiare, cenava con due foglie d’insalata prese dal suo orto o addirittura saltava la cena’. E aggiunge: ‘Quando (nel 1938 coronò il suo sogno inaugurando l’asilo-scuola costruito con il lascito della signora Balla-Cogolli, allora veramente non ebbe più nulla perché tutto quello che aveva o riusciva a racimolare ‘ particolarmente nel periodo della guerra, con tutte le ristrettezze del tempo ‘ finiva per sfamare le orfanelle (una quarantina circa) che erano ospiti dell’asilo’. Termina infine testimoniando che più di una volta, mentre celebrava messa lei presente, don Antonio cadeva svenuto per il freddo e la mancanza di una nutrizione adeguata, suscitando preoccupazione nei fedeli.
Lettera di Miri Moscati a Rino Nicoletti, da Israele nel 2008 (quando venne inaugurata una lapide posta sul muro della chiesa e l’intitolazione di un parco alla memoria di don Antonio Rasi).
‘Carissimo Sig. Rino Nicoletti,
da Maria e Isacco Moscati nacquero tre figli: Giuseppe, Regina e Umberto. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in seguito alle leggi razziali Maria, che nel frattempo era rimasta vedova, si rifugiò con i figli a San Biagio d’Argenta presso la canonica di don Antonio cercando di salvare i bambini. Eravamo di religione ebraica (come il padre Isacco) e ricercati da fascisti e nazisti. Mio padre Umberto non ci ha raccontato molto di quel periodo che forse voleva dimenticare. A San Biagio d’Argenta viveva con il nonno Cantelli e lo seguiva nel suo lavoro. Uno zio, sempre dalla parte di nonna, che aveva una tipografia, stampò delle tessere annonarie false, permettendo loro di sopravvivere. Possiamo assolutamente testimoniare che furono protetti dal Parroco don Antonio Rasi e dalla discrezione degli abitanti del Paese che, pur conoscendo i pericoli a cui andavano incontro, non rivelarono mai la loro presenza. Dopo la guerra i tre ragazzi si trasferirono in Israele con la madre in periodi diversi sperando di aver raggiunto un luogo dove poter vivere in pace non essendo più perseguitati in quanto ebrei. Purtroppo non fu così. Un giorno, era sera, giorno di Pèsach, un figlio di Regina di nome Zeev stava festeggiando con la sua famiglia in un albergo a Netanya. Durante la cena un uomo entrò in albergo e con un attacco suicida fece una strage uccidendo trenta persone tra cui Zeev, sua figlia Sivan di vent’anni e il fidanzato della sorella. Regina per il dispiacere uscì fuori di testa e il marito morì dopo un anno. La tragedia iniziata in Italia con le persecuzione a causa della religione seguitano qui, purtroppo, dove si sperava che terminassero. Ancora oggi degli innocenti pagano perché ebrei. Ci rincresce molto di non essere presenti a questa cerimonia, ma le promettiamo che al più presto verremo a visitare il paese dove, in un periodo tremendo, delle ‘buone persone’ hanno dato un mano per salvare degli innocenti. Grazie a tutti per non dimenticare’.
Miri Moscati e Famiglia