Dal “RisVeglio Duemila” N. 35/2015
Sabato 26 settembre alle ore 11 il Comune di Ravenna dedicherà a Don Giovanni Baldini (nella foto) l’area verde adiacente la chiesa di San Vittore di cui è stato parroco dal 1948 fino alla sua morte (7 ottobre 2004); insieme a questo appuntamento, ve ne sono altri dedicati al sacerdote, promossi anche dalla parrocchia.
Don Giovanni, ordinato presbitero il 29 giugno 1946 dal vescovo ausiliare Mons. Angelo Rossini, fu inviato come cappellano prima a Savio (1946/1947), poi a San Rocco (1947/1948), poi parroco a San Vittore dal dicembre 1948 fino alla morte (7 ottobre 2004). Nel frattempo si era laureato in lettere all’Università di Bologna, anche sopratutto per le pressioni della sorella Teresina, che vivrà con lui fino alla morte. L’arcivescovo Lercaro il 13 dicembre 1948 conferendogli il possesso parrocchiale di San Vittore nella lavanderia del Lazzaretto Comunale di via Sant’Alberto, gli aveva detto:”Qui non ci sono le chiavi della chiesa, né il campanile, né il confessionale, né il tabernacolo, non posso darti altro che l’incarico di provvedere a tutto. C’è un bel gruppo di famiglie povere e tanti bambini”. Era quella la chiesa dei poveri e don Giovanni era il parroco che condivideva i dolori, le sconfitte, la fame, gli entusiasmi della sua gente.
È stato un testimone di grandi avvenimenti nella nostra città: nell’aprile 1944, ancora chierico nascose nella villa del Seminario a Piangipane due prigionieri inglesi, che erano fuggiti da Fossoli (Carpi), salvandoli dalla fucilazione; il 25 agosto 1944, all’alba percorrendo la strada che dalla sua abitazione portava al Seminario, assistette all’eccidio del Ponte degli Allocchi, accompagnò mons. Brasini a conferire l’estremo segno della fede ai caduti, ritrovò sull’argine, a 20 metri oltre il ponticello, il corpo dell’amico, prof. Mario Montanari. Nel 1957 è presente, come parroco, all’inaugurazione dello stabilimento Anic, insieme all’arcivescovo Baldassarri, a Enrico Mattei, a Benigno Zaccagnini. Una lunga storia, quella di don Giovanni con il petrolchimico; la massiccia immigrazione, che aumentò considerevolmente la popolazione ravennate nel periodo 1950/1960, con le relative implicazioni abitative, sociali, fu affrontata con coraggio da don Giovanni e altri sacerdoti che operarono fra parrocchia, fabbrica e Villaggio Anic, come Padre Rosario Chiomenti, P. Jean Darù, don Quinto Fabbri. Il 14 maggio 1961 mons. Baldassarri consacra la chiesa di San Vittore, presente l’on. Zaccagnini: importante tappa di una lunga avventura iniziata in quella lavanderia, adibita a Cappella, di via Sant’Alberto, poi dal 1953, proseguita anno per anno, con la casa, l’asilo, il campanile, la sacrestia, la chiesa. Poi il 1962, ecco il Concilio Vaticano II con il “Gaudet mater Ecclesia” di Giovanni XXIII e don Giovanni gioisce con il Papa e con il suo Arcivescovo Baldassarri, è attento, partecipe, discute, si confronta, coinvolge la sua gente, ha anche dei dubbi, ma è sempre fedele alla sua Chiesa ed al suo arcivescovo.
Nella prefazione a un libretto su don Giovanni Minzoni, scrive: “Don Minzoni ha vissuto il suo tempo coscientemente e lo ha sentito come tempo di speranza, a differenza di quanti dentro e fuori la Chiesa, per motivi diversi, vi si sono sottratti.”. Le stesse parole noi oggi potremo usare per Don Giovanni Baldini “un sacerdote che ha vissuto il suo tempo coscientemente e lo ha sentito come tempo di speranza”, parroco di questa Chiesa di Ravenna-Cervia che ha vissuto per oltre 50 anni in un quartiere in cui tanto c’era da lavorare e costruire, condividendo la povertà dei suoi primi abitanti, con la sorella Teresina, dando testimonianza di fedeltà alla sua Chiesa, di sapienza umana e rappresentando per tutta la sua gente un momento di grande speranza.
Livia Molducci