Testamento biologico e DAT
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 20/2011
Cosa s’intende per ‘testamento biologico’ e ‘dichiarazioni anticipate di trattamento’?
Quali saranno le conseguenze pratiche dell’approvazione della legge in discussione in Parlamento che potrebbe consentire al paziente di esprimere il proprio orientamento circa eventuali futuri trattamenti sanitari cui lo stesso potrà essere sottoposto?
A queste domande hanno risposto in un vivace dibattito moderato dal Dott. Francesco Maria Agnoli, organizzato dalla sezione ravennate dell’Ugci (Unione Giuristi Cattolici Italiani), presso la Sala Cinema Corso, venerdì 20 maggio l’On. Carlo Casini (storico presidente del Movimento per la Vita) e il Dott. Giacomo Rocchi, magistrato di Firenze, che ha visto la partecipazione oltre che di giuristi, di medici e operatori sanitari.
Pur professandosi entrambi di indubbia matrice cattolica, i due relatori si sono confrontati, in quanto rappresentanti di due posizioni antitetiche, quanto alla opportunità di legiferare in materia di fine vita, fermo, dunque, restando il comune condiviso principio della dignità e sacralità della vita e il fine di salvaguardare la vita umana fino al suo termine naturale. La vita come fine, come bene da accogliere e da tutelare, costituisce, del resto, come ha evidenziato il nostro Arcivescovo nel saluto introduttivo, un valore altissimo, che ogni Pastore, come uomo di Chiesa, non può non indicare come vetta cui deve tendere ogni uomo, da cui derivano, poi, come a cascata, tutti gli altri diritti umani.
Come è stato, correttamente, ricordato, nel corso dell’incontro, l’idea di proporre un testo di legge sul fine vita è sorto a seguito della triste vicenda ormai nota come ‘caso Englaro’ essendo risultato impossibile impedire la morte della giovane Eluana, a seguito dell’inedito verdetto della Cassazione di accogliere l’istanza del padre in merito alla facoltà del tutore di un incapace di decidere se proseguire o meno trattamenti vitali di nutrizione e idratazione. Proprio per evitare il ripetersi di casi analoghi, una parte del mondo cattolico, fra gli altri l’On. Casini, ha ritenuto che l’unica via fosse la presentazione di un disegno di legge che proclamasse, in primis, che la vita è ‘un diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell’esistenza’ (art.1 del disegno di legge), contro ogni possibile deriva eutanasica, e, per contropartita, trattandosi di un testo che doveva trovare uno spazio di condivisibilità anche da quei settori del Parlamento non cattolicamente schierati, riconoscesse una valenza giuridica alle eventuali disposizioni che un soggetto ritenga di esprimere in merito alla possibilità futura di dover essere sottoposto a trattamenti sanitari, anche quando lo stesso non sia più capace di esplicitarli: ecco cosa sono le ‘dichiarazioni anticipate di trattamento’.
Ma come si distinguono dal testamento biologico? Dal fatto che queste dichiarazione non sono vincolanti, è la risposta: mentre il testamento costituisce una disposizione di volontà del soggetto sul proprio futuro che non può essere disattesa, dunque è vincolante per chi la recepisce, le dichiarazioni avrebbero solo la funzione di far conoscere l’orientamento del soggetto dichiarante, senza che questo possa vincolare alcuno. Ora è proprio su questa sottile distinzione che si gioca la questione: una parte dell’area cattolica, rappresentata fra gli altri dal Dott. Rocchi, ritiene, infatti, che riconoscere valore giuridico alla dichiarazioni anticipate di trattamento, implichi, tout cours attribuirvi valore vincolante, almeno quanto alla possibilità di utilizzarle sia come documento che esonera il medico da ogni eventuale responsabilità penale, a fronte della sospensione dei trattamenti sanitari di sostegno vitale pattuita con il paziente, i suoi familiari o il tutore, sia come documento probatorio della volontà esplicitata dal soggetto da utilizzarsi in un’eventuale azione civile contro il medico o la struttura che voglia disattenderle.
In altre parole la facoltà, stabilita dall’art.3 del disegno di legge, per il paziente, di esplicitare la propria rinuncia ‘ad ogni od ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto sproporzionati o sperimentali’ (inserito con il benemerito intento di consentire la rinuncia anche a forme blande di accanimento terapeutico), presterebbe, per color che condividono questo secondo orientamento, il fianco ad una possibile interpretazione della legge che finirebbe per autorizzare la sospensione dei trattamenti vitali di nutrizione e idratazione, e, addirittura, anche per avviare un processo, che peraltro, lo stesso Dott. Rocchi ritiene ormai avviato e irreversibile, di futura depenalizzazione dell’eutanasia passiva.
Al termine dell’incontro, animato anche dalla partecipazione al dibattito dei medici presenti in sala, è apparso chiaro come i favorevoli all’approvazione della legge siano animati dalla convinzione che legiferare in materia sia l’unico tentativo ancora praticabile per arginare la prossima deriva eutanasica, mentre i contrari siano convinti che tale deriva sia, comunque inarrestabile; inoltre, considerata anche la pratica, ormai costante nel nostro paese, di innovazione giurisprudenziale dove sempre più il giudice fa la legge, anziché limitarsi ad applicarla, legiferare sul fine vita comporti sottoporre una materia che dovrebbe essere solo oggetto di ‘scienza e coscienza’ del medico a fredde intrusioni di terzi giudicanti che hanno però la possibilità di sollevare tutti dalle loro responsabilità, contribuendo a una sorta di ulteriore anestetizzazione della società.
Elena Soetje Baldini