Storie dell’Antico Testamento nelle Collezioni del Museo Arcivescovile/2
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 12/2014
Giuseppe l’ebreo nella Cattedra d’avorio
Al primo piano del Museo Arcivescovile, all’interno dell’antica torre Salustra, è custodita la Cattedra d’avorio di Massimiano vescovo di Ravenna alla metà del VI secolo (456-556). Essa è un monumento straordinario per la sua bellezza, per la sua unicità e va letta in unità con gli altari e gli amboni per essere compresa all’interno della liturgia eucaristica: dalla sede il vescovo presiede l’assemblea, guida la preghiera, insegnando e offrendo il sacrificio eucaristico.
Le numerose formelle che decorano e compongono la Cattedra richiamano con forza la centralità della Scrittura, il cui cuore e prospettiva di lettura é Gesù nel mistero della sua Incarnazione, Epifania, Passione, Morte e Risurrezione. La fronte presenta i quattro evangelisti disposti simmetricamente accanto alla figura di Giovanni Battista raffigurato ‘ evidente citazione del vangelo di Giovanni ‘ nell’atto di indicare Cristo, l’Agnello di Dio, qui raffigurato nel medaglione che il Precursore regge nella mano sinistra: ‘Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: ‘Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele’. Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui.
Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1, 29-34). Nel ricco programma iconografico della Cattedra la figura del Battista è elemento di congiunzione tra Antico e Nuovo Testamento dove l’Antico è riassunto nella vicenda di Giuseppe l’ebreo e il Nuovo nelle formelle che raccontano i vangeli dell’infanzia e la vita pubblica di Gesù: ‘Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui’ (Mt 11,11).
L’unità dei due testamenti trova inoltre la sua piena verità nel ministero del Vescovo che per primo, proprio dalla cattedra, annuncia e testimonia la parola di Dio.
Se la fronte presenta l’Incarnazione e l’Epifania di Cristo e il postergale della Cattedra ne annuncia la vita pubblica, i fianchi riassumono la vicenda di Giuseppe l’Ebreo come è narrata nel libro di Genesi (Gn 37,2-50,26), storia emblematica che si pone come preludio del libro di Esodo: ‘Questi sono i nomi dei figli d’Israele entrati in Egitto con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia: Ruben, Simeone, Levi e Giuda, Issacar, Zàbulon e Beniamino, Dan e Nèftali, Gad e Aser. Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto. Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d’Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno. Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe’ (Es 1, 1-8).
Le dieci formelle ‘ suddivise in due blocchi ‘ non trovano corrispondenza in un esatto ordine cronologico. Il fianco sinistro presenta, a partire dall’alto, Giacobbe che si straccia le vesti alla notizia della morte del figlio, Giuseppe calato nella cisterna e l’uccisione del capro con il quale sarà macchiata di sangue la sua tunica, Giuseppe venduto ai Madianiti, Giuseppe venduto a Potifar consigliere e capo delle guardie del Faraone, Giuseppe tentato dalla moglie di Potifar e imprigionato. Lungo il fianco destro sono la scena dei fratelli che si prostrano davanti a Giuseppe, la concessione del grano, Giuseppe che interpreta i sogni del Faraone, l’abbraccio tra Giuseppe ed il padre Giacobbe, il primo sogno del Faraone.
La tradizione cristiana, nell’interpretazione scritturistica dei Padri della Chiesa, ha spesso interpretato la figura di Giuseppe come prefigurazione di Cristo: numerose sono le situazioni legate alla vicenda di Giuseppe ‘ in special modo quelle legate alla sua ‘passione’ ‘ che possono essere connesse all’esperienza di Gesù com’è narrata dai Vangeli.
Come Giuseppe è stato rifiutato e venduto dai suoi fratelli (Gn 37, 18), così Gesù è stato tradito dai suoi discepoli e da uno, Giuda, è stato venduto per trenta monete d’argento (Mt 26,14-15); la tunica insanguinata di Giuseppe (Gn 38, 31-33), rimanda alla tunica del Signore: ‘Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte’ (Mt 27, 35); come Giuseppe è stato calato nella cisterna (Gn 37, 22), così Gesù è stato calato nel sepolcro scavato nella roccia (Mt 27, 60). Come Giuseppe è stato accusato ingiustamente (Gn 39, 11-20), così è avvenuto per il Cristo (Gv 19, 38).
Giuseppe è un uomo sapiente, solo lui è in capace di interpretare i sogni del faraone in tutto il regno d’Egitto (Gn 41, 1-40); Gesù è la Sapienza del Padre (Lc 4, 22).
Come Giuseppe accoglie e sfama i suoi fratelli, coloro che lo avevano rinnegato e venduto, salvandoli dalla carestia e accogliendoli nel paese d’Egitto (Gn 45, 1-15), così farà Gesù con i suoi discepoli ‘ e con ogni uomo ‘ nel dono del suo Corpo e del suo Sangue, Vero Cibo e Vera bevanda di salvezza (Lc 22, 19-20), preparando loro un posto nella casa del Padre che è nei cieli (Gv 14, 2-4). Come Giuseppe diventerà secondo del faraone in tutto il regno d’Egitto, così Gesù risorto dai morti per mezzo della gloria del Padre (Rm 6, 4) siederà alla Sua destra (Mc 16, 19).
Numerose sono le citazioni riguardanti questa storia di Genesi che Pietro Crisologo (426-450) propone nei suoi Sermoni. In particolare nel Sermone 146 ‘ il secondo discorso sulla generazione di Cristo ‘ il vescovo ravennate accosta il nome di Giuseppe, lo sposo di Maria, a quello di Giuseppe l’ebreo con l’intenzione di evidenziare le sofferenze del Cristo. Giuseppe, il custode di Maria, ricorda già nel nome quello del patriarca, la cui vita è prefigurazione della passione del Signore: ‘Come sposo [della Vergine Maria] si provvede Giuseppe, affinché questi nell’antico Giuseppe rappresenti l’immagine della passione di Cristo. Giuseppe è diffamato dai fratelli, Cristo è accusato dai falsi testimoni. Giuseppe incappa nell’invidia per i suoi sogni profetici, Cristo incontrò l’invidia per le sue profetiche visioni. Giuseppe gettato nella cisterna di morte, ne risale vivo, Cristo posto nel sepolcro di morte, ne ritorna vivo. Giuseppe fu venduto, Cristo fu valutato un determinato prezzo. Giuseppe è condotto in Egitto, in Egitto è fatto fuggire Cristo. Giuseppe somministra pane in abbondanza ai popoli affamati, Cristo con pane del cielo sazia le nazioni che si trovano in tutta la terra. Così è chiaro perché questo nuovo Giuseppe sia stato la prefigurazione dello sposo celeste, ne abbia portato l’immagine, abbia camminato in figura di lui’ (Sermone 146, 6).
Giovanni Gardini
Consulente diocesano per i Beni Culturali
giovannigardini.ravenna@gmail.com