un’ora per crescere
Dal “RisVeglio Duemila” N. 3/2018
La sceglie il 77% dei ravennati, tra loro musulmani e non credenti: ecco perché
“L’ora di religione è quella cosa che ti fa capire che oltre la scuola c’è la vita”. E poche altre materie ci riescono come l’Irc. Ecco perché, anche quest’anno, l’ha scelta Francesco Cinti (nella foto a destra) 18 anni, giovane promessa dell’Orasì Basket che frequenta il quinto anno del Liceo Scientifico Oriani di Ravenna. Dopo il quarto anno all’estero trascorso negli Stati Uniti (dove “non c’è un insegnamento specifico religioso ma gli studenti di religioni diverse si organizzano per ritrovarsi e pregare insieme fuori dall’orario scolastico”, ha notato), Cinti è rientrato a Ravenna e ha confermato la sua scelta: “L’Irc è un modo per discutere di varie tematiche – racconta –, della storia di religioni diverse, e affrontare argomenti più sociali e d’attualità. Non c’entra con il catechismo. Quello che mi attira di più è proprio il confronto che si crea tra noi studenti, uno spazio di libertà nel quale siamo lpossiamo esprimerci. La consiglio”.
Un aspetto che condividono anche altri suoi coetanei di religioni o tradizioni religiose diverse, come ad esempio Houda El Mouttaqi (nella foto a sinistra) marocchina di origini, italiana di cittadinanza, ma soprattutto “molto romagnola”, ci spiega. “Dal punto di vista religioso mi definisco laica credente. Fino a qualche anno fa praticavo la religione mussulmana; ora ho smesso, ma continuo a credere”. E nonostante questo, anche lei ha scelto di iscriversi all’ora di religione, in quinta al liceo Classico. Perché? “Fino a qualche anno fa facevo alternativa – spiega – poi ho incontrato un prof. per il quale ne vale la pena, che non impone il proprio pensiero e ci fa parlare di tanti argomenti interessanti: il rapporto tra ragazzi e adulti, l’attualità, il terrorismo”. I riferimenti alla Bibbia non disturbano Houda, anzi: “Sono un valore aggiunto, così come sentire opinioni diverse. L’ora di religione è una palestra di dialogo e pluralismo”.
Un “valore aggiunto” colto anche da chi si definisce “non credente”, come Mirco Cappucci, che ai suoi figli, Enrico e Filippo, ha scelto di far frequentare l’ora di religione nella scuola di Sant’Alberto: “Per me e mia moglie si tratta di un insegnamento come gli altri: la fede anche profonda di chi la insegna non mi pare sia qualcosa di ostativo rispetto all’educazione che possono dare. Credo sia un’occasione per i miei figli di conoscere cose che da noi non possono imparare. E mi sembra che l’ora di religione serva per integrare più che per dividere, cattolici e non”. Anche Leila Aamoum e suo marito Abdelaziz, di origini marocchine, in Italia dall’inizio del 2000 hanno scelto di far frequentare ai due figli, Joussef e Douma, l’ora di religione: “Anzitutto, da mussulmani, siamo tenuti a credere e conoscere le tre principali religioni monoteiste” – spiega – : con esse condividiamo tutto l’Antico Testamento. Ma soprattutto credo che l’Irc sia un modo per conoscere meglio la cultura nella quale ci troviamo. Le maestre a volte si lamentano che in gita i bambini degli stranieri non sanno nulla, nemmeno dell’origine dei nostri bei mosaici. Per i miei figli non è così”.
Daniela Verlicchi