Papa Francesco, il suo messaggio la sua Chiesa. La sfida è sul territorio.

Papa Francesco,

il suo messaggio la sua Chiesa.

La sfida è sul territorio.

 

Tre anni fa il mondo ha conosciuto Papa Francesco. Nei giorni in cui la Chiesa universale festeggia la terza Pasqua guidata da questo pontefice, Andrea Riccardi, il fondatore della comunità di Sant’Edigio ha voluto proporre attraverso le pagine del Corriere della Sera (“Una Chiesa capace di intercettare il messaggio del Papa”, Corsera del 23 marzo 2016, pagina 33) un bilancio di quello che è successo in questi anni, non solo e non tanto in Vaticano, ma in tutto il resto della comunità cristiana. Una riflessione che vogliamo riproporre all’attenzione dei lettori per la discussione. Tre anni fa a Pasqua, scrive Riccardi già si sentiva l’entusiasmo per Papa Francesco, un entusiasmo che continua ad accompagnarlo. Di qui la domanda: “La vitalità del cattolicesimo era stata sottovalutata o Bergoglio rivoluzionava il gioco? In realtà, il Papa, in tre anni, ha dato voce al messaggio evangelico «senza aggiunte», suscitando speranza, energie spirituali e voglia di bene”. Il campo internazionale, da leader religioso, ha giocato un ruolo fondamentale scongiurando il conflitto in Siria, incontrando Kirill, contribuendo in maniera decisiva alla fine dell’embargo a Cuba e, con un gesto pastorale, aprendo il Giubileo della Misericordia “nel marginale Centrafrica”. Ma anche all’interno della Chiesa e della Curia romana ha iniziato un’importante opera di riforma, con l’istituzione ad esempio del “C9: un embrione di sinodo permanente anche per aiutare il Papa nel governo – scrive Riccardi -. Dopo i forti attacchi nel preconclave alla Segreteria di Stato, quest’istituzione ha ritrovato una rinnovata ed efficace centralità nel governo vaticano”.

 

Ma, questo è il cuore della riflessione del fondatore di Sant’Egidio, la vera sfida ora si gioca sul territorio e consiste appunto nella “recezione del messaggio e della pastoralità di Francesco tra i vescovi e le Chiese. Forse mai un Papa ha avuto tante resistenze tra i vescovi. Che pensano gli africani? E i polacchi? Tra molti italiani non c’ è la sintonia «storica» con il Papa”. Il problema, prosegue Riccardi non è però il tradizionalismo di tante chiese locali, né una contrapposizione ideologica a quel che il Papa dice: si tratta di resistenze “motivate dalla fatica di cambiare le diocesi, il sistema di governo, la maniera di porsi nella società, il linguaggio, come il Papa richiede. Il suo non è un progetto da applicare, ma – come egli dice – un «processo» in cui entrare”.

 

Occorre fare i conti, prosegue ancora Riccardi, con un cattolicesimo che negli ultimi decenni si è in genere adattato a un modello di minoranza quasi ovunque, anche se in forme diverse: “Per secoli, il cattolicesimo è stato modellato con una mappatura del territorio e con presidii su di esso, analogamente agli Stati. Oggi, in affanno per i pochi preti, fatica a cambiare, gestendo il declino”.

Declino, però, non del messaggio cristiano, ma di quel modo di fare Chiesa: “Senza trionfalismo – conclude il fondatore di Sant’Egidio -, Francesco non crede al declino, perché coglie il bisogno diffuso della fede. Critico sul clericalismo, respinge la logica di minoranza di «puri e duri». Propone un cattolicesimo di popolo «in uscita» – come dice -, attrattivo, con la cifra della misericordia, attento alle periferie. Vuole integrare e aprire le porte, più che marcare frontiere e identità. Francesco mostra che i contemporanei hanno ancora desiderio di ascoltare il Vangelo. La grande questione per loro è come e dove viverlo. I critici parlano di «francescomania» più che di ritorno alla Chiesa. Forse ci si dovrebbe interrogare di più sulla creatività e il rinnovamento che renderebbero la Chiesa capace di intercettare almeno in parte il movimento avviato da Francesco”.