25 Giugno 2015

Papa Francesco a Torino: la Sindone, il lavoro, i giovani e una domanda di perdono

Papa Francesco a Torino: la Sindone, il lavoro, i giovani e una domanda di perdono
 
Dal “RisVeglio Duemila”  N. 25/2015
 
 
Un viaggio per “venerare la Sindone e onorare la memoria di don Bosco”, ma anche per ritrovare le radici di un “nipote di questa terra”, come lui stesso si è definito. La terra di nonna Rosa e nonno Giovanni, che si sono sposati nella chiesa di Santa Teresa, mèta di una sosta fuori programma per lasciare una dedica su una pergamena e far risaltare il valore dei nonni, del battesimo, delle famiglie, e pregare in particolare per il prossimo Sinodo. Nella prima giornata a Torino, il Papa “venuto dalla fine del mondo” è tornato a casa.
 
Ed è stato accolto da circa 200mila persone che, tra mattina e pomeriggio, hanno gremito all’inverosimile piazza Vittorio, il salotto buono della “movida” cittadina, teatro di due momenti culminanti della giornata del 21 giugno: la celebrazione eucaristica iniziale e la “mini-Gmg” nel tardo pomeriggio, dove Francesco ha messo da parte il testo scritto – come aveva già fatto durante  l’incontro con la famiglia salesiana nella Basilica di S. Maria Ausiliatrice – per dialogare più di un’ora a tutto campo con i giovani, chiedendo loro – ma non da “moralista “ – di “vivere casti” e di “fare controcorrente”, per contrastare la nostra società fatta di “bolle di sapone”.
 
“Vivete, non vivacchiate”, il suo invito sulla scorta di Piergiorgio Frassati: non si può andare in pensione a vent’anni.Il Papa ha tenacemente voluto cominciare il viaggio con il discorso rivolto al mondo del lavoro, dove sulla scorta dell’enciclica appena pubblicata ha pronunciato un triplice “no”: alla “economia dello scarto”, all’idolatria del denaro e alla corruzione. E ha ammonito che “non si può solo aspettare la ripresa”: ci vuole un “patto sociale e generazionale” che parta da Torino, prima capitale d’Italia: “Coraggio, siate artigiani del futuro”.
 
Molti, durante la giornata, i riferimenti ai tratti peculiari dei piemontesi, “razza libera e testarda”, come i santi sociali: “teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco, ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano”. È una poesia del piemontese Nino Costa. Nonna Rosa l’ha insegnata a memoria al piccolo Jorge nella versione originale in dialetto, e ora il Papa la custodisce nel suo breviario, insieme al testamento della nonna. La cantavano coloro che dal Piemonte emigravano nelle Americhe, prima di salpare.
 
E poi la richiesta di perdono alla comunità valdese: “Con grande gioia mi trovo oggi tra voi”. Sono le parole che ha scelto Papa Francesco per iniziare il suo discorso nel Tempio Valdese di Torino. È il primo successore di Pietro a varcarne la soglia, in ottocento anni. Per augurare “grazia e pace” ai suoi ospiti, usa le parole di Paolo secondo la traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente. Poco dopo, il “mea culpa” per il quale sarà ricordato questo evento già storico: “Da parte della Chiesa cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!”. I valdesi hanno ricambiato chiamandolo “fratello”.
 
“La cordiale accoglienza che oggi mi riservate mi fa pensare agli incontri con gli amici della Chiesa Evangelica Valdese del Rio della Plata, di cui ho potuto apprezzare la spiritualità e la fede, e imparare tante cose buone”. Per declinare la parola “accoglienza”, il Papa si rivolge al suo amico argentino che l’ha appena preceduto nel saluto: “Nel Rio de La Plata negli ultimi decenni abbiamo fatto tante cose insieme”, ricorda Oscar Oudri, moderador della Mesa Valdense di Uruguay e Argentina, “lottando fianco a fianco, imparando dal prossimo, al di là del proprio credo, per migliorare le condizioni di vita dei nostri popoli”.