Missione, don Morini: “Serve un passo in più. Dal dare al darsi”

Missione, don Morini: “Serve un passo in più. Dal dare al darsi”

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 22/2016

 

Sono passati sei mesi dall’inaugurazione della nostra parrocchia a Carabayllo. Il missionario fa il punto sul percorso

Un passo in più. Da diversi mesi arrivano a RisVeglio Duemila notizie e iniziative di raccolta fondi e di sostegno alla nostra missione diocesana in Perù: un segno concreto del fatto anche la diocesi si sta mettendo in moto e in “uscita”, come chiede papa Francesco.

Ma forse, come ci spiega il nostro missionario a Carabayllo, don Stefano Morini, tornato a Ravenna nei giorni scorsi, serve un passo in più. “Dal donare al donarsi”: l’aiuto economico è importantissimo, soprattutto in questa fase, nella quale le necessità anche materiali della missione sono tantissime, ma oltre a questo, a Carabayllo serve il tempo, il cuore e la generosità di ravennati disposti a passare qualche mese nella “nostra” parrocchia peruviana.

La missione diocesana a Carabayllo è partita ufficialmente in gennaio, è tempo di fermarsi per guardare al futuro.

“In questi primi mesi – racconta don Stefano – abbiamo cercato di conoscere la realtà nella quale ci troviamo, che si trova nella grande periferia della capitale, Lima.

Stiamo cercando di elaborare un vero e proprio progetto caritativo, nel quale in tanti possano riconoscersi e trovare qualcosa da fare, sempre in sinergia con la comunità locale”. Attualmente, oltre a don Stefano e a due missionarie ravennati, Luciana e Teresa (quest’ultima tornerà in città a fine mese), nelle strutture della parrocchia vivono anche tre collaboratori peruviani, e tutto è ovviamente fatto in accordo con il vescovo monsignor Lino Panizza. “Finora ci siamo concentrati sull’attività religiosa: oltre alla chiesa principale ci occupiamo di altre 4 ‘cappelle’ molto distanti tra loro e ogni domenica in ognuna di esse abbiamo dai 30 ai 250 fedeli, su una popolazione di diverse decine di migliaia di abitanti, non tutti praticanti. Ma abbiamo individuato molte necessità a livello sociale: anzitutto quella di un oratorio, che possa accogliere i bambini delle famiglie che lavorano lontano dal mattino molto presto fino a sera per sei giorni su sette.

Spesso sono lasciati a loro stessi, perché non tutti possono contare su famiglie allargate, i nonni spesso rimangono nei paesi di origine. Poi ci sono tantissimi malati che non si muovono mai di casa, e hanno spesso bisogno di essere trasportati in ospedale per le terapie.

Infine ci sono tante persone che hanno bisogno solo di essere ascoltate, magari di un ascolto più specializzato, perché hanno alle spalle storie familiari difficili o di violenze”. Su queste problematiche si concentrerà quindi il progetto che don Stefano e gli altri missionari prepareranno in estate, da presentare alla diocesi all’inizio del prossimo anno pastorale.

Accoglienza, solidarietà e annuncio: queste i cardini dell’azione pastorale della nostra missione in Perù, secondo don Stefano (“Accoglienza per noi è un dovere ma occorre sgombrare il campo da ogni poesia: è difficile, le persone hanno bisogno sempre, anche nelle ore nelle quali di solito riposiamo, dobbiamo organizzarci per accoglierle, e poi mai scordarsi dell’annuncio, che è il cuore di quel che facciamo”), azione che non può prescindere da braccia e volontà, ma necessita anche di strutture e investimenti economici.

“Tutti possono dare il loro contributo – rilancia don Stefano –: una delle nostre volontarie ha 70 anni, c’è posto per tutti. Non ci sono caratteristiche particolari per venire in missione, tranne forse una disponibilità sincera a far quello di cui c’è bisogno, una minima conoscenza dello spagnolo per instaurare rapporto con la popolazione e l’adattabilità a vivere in fraternità. L’essenziale è buttarsi e poi, per tutti capita più o meno la stessa cosa: è dando che si riceve, cento volte di più”.