Madonna Greca venuta dall’Oriente

Madonna Greca venuta dall’Oriente

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 14/2012
 
La comunità diocesana di Ravenna-Cervia festeggia la Domenica in Albis la Madonna Greca, patrona della città di Ravenna e del vicariato del mare, la cui effige è custodita nella Basilica di Santa Maria in Porto. Dal 1992 con mariana devozione, la comunità dei Monaci Paolini dell’ordine San Paolo Primo Eremita in comunione con il vescovo e tutta la comunità ravennate organizzano la Festa durante la quale non mancano momenti di riflessione e di liturgia che coinvolgono tutte le parrocchie, le associazioni e i movimenti. Certamente 912 anni fa, quando la Madonna decise di fare visita a Ravenna approdando in mare a Porto Fuori, la città non poteva immaginare quante storie di grazie sarebbero state donate ai ravennati ed oggi non saremmo qui a ringraziare, ancora una volta, Lei per quel meraviglioso approdo. ‘Al sorgere dell’aurora del 8 aprile 1100, domenica ‘in Albis’, mentre Pietro degli Onesti, detto il Peccatore, è in coro con i suoi compagni intenti a cantare il Mattutino, un’improvvisa luce penetra dall’oriente nell’abside della chiesa. I monaci fattisi sul lido videro tutti a breve distanza venire galleggiando a quella volta sulle onde marine un’immagine di Maria in mezzo a due Angeli portanti ognuno una face più luminosa del sole. Attoniti e compresi di santa letizia alla vista di sì giocondo portento i sette canonici si schierano in devota processione e cantando inni e salmi si avanzano sulle acque intorno all’immagine prodigiosa. L’Immagine di Maria però si fece avvicinare solo da Pietro che gli andò incontro, poi gli angeli scomparvero e così fu manifesto ai Portuensi che quelle santa immagine di Maria voleva restare con loro per essere venerata nel tempio che a lei sarà dedicato’. Le ‘Memoriae Portuenses’ così descrivono quel giorno glorioso in cui approdò l’effige della Madonna Greca. 912 anni sono trascorsi da quando l’immagine è approdata sul lido a Porto Fuori; ripercorrendo le memorie, tramandate a noi dai monaci Portuensi e dai tanti storici che hanno scritto sulla storia della Madonna Greca, scopriamo che da sempre i ravennati hanno riconosciuto la prodigiosità dell’Immagine. Le cronache di ogni tempo descrivono come sia sempre stato promosso con grande devozione il culto verso la Madonna Greca, così cara ai ravennati e non solo, anche quando, in alcuni momenti, sembrava essersi affievolita o dissolta. Per molti secoli il simulacro della Madonna Greca rimase custodito nella chiesa a Porto Fuori, sino a quando a causa della sempre più dispostica ingerenza dei Dogi di Venezia i monaci decidono di trasferirsi nella vicina città di Ravenna. Il 5 Agosto 1496 i monaci iniziano a costruire il nuovo monastero a Ravenna e nel 1503 vi trasferiscono, da Porto Fuori, l’immagine della Madonna Greca. Nel 1511 Papa Giulio II è ospite dei canonici di Porto, e il 31 di marzo, con una solenne Bolla, concede favori spirituali a quanti avessero elargito una elemosina per la costruenda chiesa dei monaci. (Il testo della bolla è incisa in una lastra all’interno dell’attuale chiesa di Santa Maria in Porto).
Il 13 settembre del 1553 venne posta la prima pietra del nuovo tempio. Nel 1556 il Cardinale Carlo Borromeo donò 100 scudi d’oro per la costruzione dell’altare della Madonna Greca nel nuovo tempio. La domenica ‘in albis’ del 1570 avvenne la solenne traslazione della sacra Effige della Madonna Greca dalla cappella interna del chiostro del monastero al tempio già in fase di ultimazione e fu provvisoriamente collocata nella cappella di S. Lorenzo, l’altare della Madonna Greca fu eretto nel 1626. L’8 ottobre 1606 l’arcivescovo Pietro Aldobrandi consacrò il nuovo santuario mariano la cui costruzione venne completata nel 1781 con la realizzazione della facciata progettata dall’architetto ravennate Camillo Morigia.
Il professor Alieto Benini in un suo scritto ci descrive il simulacro della Madonna Greca intrattenendoci
nell’intento di precisarne, il più possibile, il valore storico ed artistico. ‘Il marmo pario misura m. 1 di altezza e in. 0,45 di larghezza; l’effigie è scolpita in un delicato bassorilievo e sfiora con l’estremità del capo, dei piedi e delle braccia i bordi marmorei rilevati a mo’ di cornice.
È una giovinetta indossante una fluente veste, con sul petto e le spalle un ampio mantello, che scende a tergo in grosse pieghe ritmiche, creando un gioco di bordi ondulati e di rilievi multipli. Ha posizione frontale e sta in atteggiamento di orante. Il capo, fortemente inguainato, s’illeggiadrisce per le pieghe del velo che sulla fronte si fa compatto, assumendo l’aspetto di un casco. Un cingolo costringe la veste, allungata fino ai piedi, a comprimersi sui fianchi e a rilevare la linea delle membra. Sulle superfici così mosse, la luce si fraziona in un pittorico chiaroscuro radente. La Madonnina gravita sulla gamba sinistra, mentre flette la destra, leggermente strusciando indietro il piede. Undici crocette dorate ne guarniscono il vestimento. I piedi calzati poggiano su una pedana, incisa ai bordi di rosette. Il volto emerge
dall’involucro delle bende come un fiore dal calice. Gli occhi grandi e mandorlati guardano lontano in un incantamento estatico. Le labbra un po’ serrate esprimono un certo imperio. La plastica del mento e delle guance è tondeggiante, rigida la simmetria delle palme aperte e delle braccia sollevate. All’altezza del
capo, ai due lati, figurano entro dischi in rilievo, le due sigle significanti con lettere greche: Madre di Dio. Spira dall’insieme della composizione, soffusa di grazie ritmiche e di raffinate eleganze, il sentimento verginale di una maternità dolcissima’. A che secolo appartiene questa scultura? Per gli studiosi non c’è dubbio: essa risale ad età anteriore al Concilio di Efeso (431), ed è ritenuta nientemeno che la più antica immagine della Vergine. Pietro Sulfrini così argomentava: ‘Nel Concilio di Efeso, celebrato l’anno 431, essendosi definito dogma di fede che Maria è vera madre di Dio, subito in Oriente si adottò il costume di rappresentarla insieme col suo Divin Figliolo; il che valeva una professione di fede cattolica contro l’eresia di Nestorio, che alla B. V. negava quel titolo. Orbene, appunto perché la Madonna Greca è priva del Divino Infante, deve ritenersi scultura più antica del su detto Concilio’.
Di una cosa possiamo essere certi: la Madonna Greca, per la nostra città di Ravenna saprà essere sempre ‘uno strumento di grazia, un faro di luce, una difesa ed un conforto’. L’inno alla Madonna recita ‘D’Oriente venisti qual limpida aurora: il popol ti onora, ti chiede la fe” e questa semplicità non farà mai perdere la profonda fede verso la Madre di Dio.
Giorgio Re