
L’Arcivescovo incontra i cattolici impegnati in politica
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 10/2013
Come era facilmente prevedibile il primo appuntamento del nostro Arcivescovo con i cattolici locali impegnati in politica, sabato 9 marzo a Ravenna presso la sala Mesini, ha registrato quasi il tutto esaurito.
Sarà stato per il delicatissimo momento che il nostro paese sta vivendo a seguito di consultazioni elettorali che, anziché fornire risposte, hanno sollevato ancor più interrogativi.
O sarà stata, molto più banalmente, solo una questione di curiosità: cercare di farsi un’idea sugli orientamenti del ‘nuovo’ Vescovo. Caratteristica tipicamente umana quella di voler etichettare e catalogare il prossimo.
Ad ogni modo Mons. Lorenzo Ghizzoni, spiazzando forse qualcuno, ha fatto quello che in realtà era più naturale attendersi dal proprio pastore: commentando la Sacra Scrittura ha messo l’uditorio, composto per lo più di cristiani impegnati nel sociale, di fronte alle sue responsabilità e doveri.
Egli ha utilizzato il noto passo paolino (Romani 12, 1-21), nel quale l’apostolo di Tarso, rivolgendosi alla comunità cristiana di Roma, da lui peraltro poco conosciuta, si premura di fare comprendere la necessità di non agire secondo una doppia morale.
Ciò che valeva per i cristiani di due millenni or sono è ancora pienamente valido ed efficace anche per noi, cristiani di oggi.
Mantenendoci all’interno degli argini dell’Umiltà e della Carità (atteggiamenti ‘fondamentalissimi’ li ha definiti il nostro Arcivescovo), possiamo sviluppare quella stabilità dell’agire morale dalla quale scaturisce la Virtù cristiana.
Un agire virtuoso che si fa habitus e non semplice maschera e che non può essere relegato al solo ambito religioso/privato, ma che va estrinsecato anche, e forse soprattutto, nel mondo.
Non è facile a farsi, ma è un nostro preciso dovere.
E’ la diaconia, la dedizione come spirito di servizio al prossimo a connotare i cristiani che con coerenza si declinano nel sociale.
Un vero e proprio dovere di essere d’esempio dal quale, come cristiani, non possiamo esimerci. Non per cercare consenso, come ama ricordare Benedetto XVI, ma per dare testimonianza alla Verità.
Molto attento, Mons. Ghizzoni, anche nell’ascolto delle istanze, finanche provocatorie, emerse nel corso del dibattito.
Proprio in tale sede è emersa la questione che rappresenta forse il vero punto dolente del pensiero sociale cristiano: il rapporto tra coscienza individuale e Magistero ecclesiale.
Le così dette battaglie civili di alcuni decenni or sono ci ricordano quanto precaria possa essere l’unità tra noi cristiani.
Sappiamo bene che esso rappresenta oggi lo spartiacque tra quei cattolici per i quali la voce della coscienza deve prevalere sulle indicazioni magisteriali, e quelli per i quali, invece, tali indicazioni sono vincolanti.
Considerati i rischi potenzialmente rivenienti da una trattazione superficiale di tale delicatissima questione, cruciale per l’unità dei cattolici impegnati e per comprendere quale sia l’atteggiamento corretto da tenersi quando si devono affrontare problematiche eticamente sensibili, Mons. Ghizzoni ha ritenuto opportuno rimandare ad un prossimo incontro, ricordando però ai presenti che, quando si parla di dovere di seguire la propria coscienza, ci si riferisce alla coscienza rettamente formata.
Il che sembra già un abbozzo di soluzione a questo problema, che assilla non pochi di noi. Difficilmente, infatti, una coscienza, se rettamente formata, potrebbe realmente essere in disaccordo con gli insegnamenti di un Magistero assistito, da quasi duemila anni, dallo Spirito.
Pare quindi che si siano gettate le basi affinché anche al prossimo incontro l’affluenza possa essere significativa.
Sirio Stampa