
L’AC ricorda Emilio Molducci
Dal “RisVeglio Duemila” N. 25/2015
Ammetto di non aver avuto la fortuna di conoscere Emilio Molducci ma da quando faccio parte del Consiglio Diocesano di AC (ormai quasi 20 anni) ho sempre notato quel nome nell’elenco dei soci e mi balzava agli occhi perché abbinato ad una residenza in una parte della città dove l’associazione non aveva legami con nessuna parrocchia. L’ho sempre visto come uno dei tanti aderenti “storici” che ogni anno decidono di esserlo per gratitudine verso un’associazione alla quale si sentono riconoscenti. Poi sono diventato Presidente Diocesano e ricordo ancora oggi quel giorno in seminario quando seduto al tavolo dei relatori l’ho visto entrare. Aiutato dal suo deambulatore, il passo un po’ arrancato ma con il sorriso di chi si sente in famiglia viene a sedersi proprio davanti a me cominciando una discussione con un coetaneo che voleva togliergli il primato di socio più anziano.
L’ho conosciuto così, come colui che mi ha aiutato a rompere il ghiaccio in un momento in cui l’emozione mi stava prendendo. Recentemente poi ho partecipato al suo funerale e sono rimasto colpito da quante volte la parola “Azione Cattolica” ha risuonato nel Duomo di Ravenna scoprendo che Emilio Molducci, insieme alle tante altre cose, è stato, dal 1950 al 1953 e dal 1959 al 1963, Presidente Diocesano dell’AC Ravennate. È per questo che ho deciso di andare a trovare la moglie, Mariangela Baroncelli, per conoscerlo meglio e, anche se su questo settimanale è già stato ampiamente fatto, poterlo ricordare anche nella nostra pagina mensile. La sig.ra Mariangela, mette subito le cose in chiaro: “L’AC è stata ‘colpevole’ del nostro incontro. Ambedue facevamo parte della dirigenza, io per la sezione minori e lui per i lavoratori. Allora non era come oggi”, sottolinea, “c’era più rispetto e meno confidenza. Un giorno in Centro Diocesano mi si è avvicinato il nostro assistente, don Mario Giavazzi dicendomi: C’è un giovane che è interessato a lei”. Mi scappa una risata irriverente. “Non preoccuparti” mi dice “quando la racconto ridono anche i miei figli”. E lei cosa ha risposto? Insisto io. “Ci penserò!”. Sappiamo come è andata a finire. “Era tutto un altro mondo”, continua la sig.ra Mariangela, “diventata ufficiale la cosa, ci si vedeva due volte la settimana, perchè lui lavorava e studiava, e il massimo che si poteva fare era una passeggiata insieme. Ricordo che la prima volta mi accompagnò mio fratello”.
Erano gli anni di Mons. Giacomo Lercaro una delle figure più significative ed emblematiche della vita della Chiesa di quegli anni. Insediatosi in “sordina” a Ravenna, dove regnava un grande anticlericalismo, si appoggiò’ all’AC e ai suoi giovani ma, allo stesso tempo, se ne prese cura affidandoli a validi assistenti e occupandosi seriamente della loro formazione. Tra questi c’era anche Emilio Molducci che veniva da una famiglia tutt’altro che cattolica ma che non gli impedì di entrare nell’associazione che diventò per lui “un motivo di vita”, facendolo diventare, come verrà ricordato, “una persona retta, onesta, equilibrata, che credeva nella giustizia”. Tutte qualità che successivamente sfoceranno nel suo impegno sociale e politico. “Mons. Lercaro fu un arcivescovo molto attivo”, mi dice Mariangela, “con lui nacquero le prime Via Crucis, il Carnevale dei Ragazzi e periodicamente venivano organizzate delle giornate diocesane di giochi, canti, teatro o lettura della Bibbia, in quelle zone che oggi sono chiamate vicariati. Con la nostra bicicletta si andava fino a San Zaccaria, piuttosto che Piangipane passando per Sant’Alberto o Mandriole. Eravamo diventati molto conosciuti e si cresceva. A un certo punto si presentò la necessità di arrivare fino alla zona del ferrarese, così che mons. Lercaro, chiese al Papa, Pio XII, un’automobile in dono che non tardò ad arrivare.
Quando per concludere chiedo a Mariangela cosa le manca di suo marito mi risponde con un secco “Nulla!”. Ma si capisce che è un “nulla” pieno di significato, di chi ha vissuto una vita pienamente condivisa, senza rimpianti, nè rimorsi, nella consapevolezza e serenità di aver fatto tutto quello che doveva. “La nostra è stata una casa sempre aperta ai poveri, al dialogo con tutti, testimone di una fede visibile e mai imposta e per questo così efficace e significativa in tutti gli ambiti della vita di Emilio”.
Fabio Zannoni
Presidente Diocesano AC Ravenna Cervia