La Giornata Mondiale del Malato
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 6/2013
11 febbraio 2013, festa della Beata Vergine di Lourdes, e Giornata Mondiale del Malato.
Non deve essere stata casuale la scelta di questa particolarissima ricorrenza da parte del Santo Padre per preannunciare le sue dimissioni dal Soglio pontificio.
Senectus ipsa est morbus, la vecchiaia è per sé stessa una malattia, ricorda lo scrittore latino Terenzio. E coerentemente con l’umiltà che ha contraddistinto tutto il suo mandato, il nostro Papa ha ritenuto che le residue forze, che di giorno in giorno vanno scemando, non gli consentirebbero di governare adeguatamente, nel prossimo futuro, la barca di Pietro.
Una notizia come questa non poteva non permeare gli animi di tutti coloro, malati, operatori e volontari, che hanno preso parte alla celebrazione in Duomo.
Un’atmosfera quasi irreale. Alla gaiezza, che sempre accompagna questo momento di fraternità, ha fatto da sottofondo un diffuso stato d’animo di attonita inquietudine temperata da un senso di fiduciosa aspettazione per ciò che la Provvidenza ci riserverà.
Ed è in quest’atmosfera che il nostro vescovo ha celebrato la sua prima giornata ‘ravennate’ del malato.
Mons. Ghizzoni, commentando le letture, in particolare la parabola del buon samaritano, ci ha ricordato le tante valenze della compassione.
Compassione che è responsabilità verso il sofferente, riflesso rivelatore dell’Amore di Dio, fonte della stessa nostra capacità d’amare.
Compassione che, però, non è facile, perché non è facile accostarsi alla sofferenza altrui, farsene carico quando invece ci sentiremmo spinti ad allontanarcene.
Compassione che si trasforma in consolazione nel cuore del nostro fratello meno fortunato, quando percepisce la vicinanza di chi si prende cura di lui.
Compassione che non si limita alla sola sfera fisica, ma che, consapevole del senso di debolezza e precarietà che può prendere dimora nel sofferente, si fa anche vicinanza spirituale.
Debolezza e senso di precarietà che risvegliano il desiderio di ‘salvezza’.
Un desiderio, questo, comune a tanti nostri fratelli sofferenti, e al quale si può e si deve rispondere, così come si fa per le loro necessità fisiche e psicologiche, agevolando l’accesso ai sacramenti, in particolare l’eucarestia e l’unzione degli infermi.
E poi la preghiera.
Preghiera da praticare non solo ‘per’ i malati, ma anche insieme con loro e, se occorre, accanto a loro, qualora essi non possano o non vogliano pregare.
La solidarietà verso i nostri fratelli sofferenti, che già in terra ci guadagna molta più gioia di quanta possiamo sperare di suscitarne in loro, si fa anche esempio per tanti altri.
Si fa forza motrice ed attrattiva dalla quale possono fiorire vocazioni sempre nuove.
Si fa risposta sempre nuova al mandato che Gesù impartì al saccente dottore della legge che voleva metterlo alla prova: «va e anche tu fa lo stesso».
Sirio Stampa