La Giornata del dialogo fra cattolici e ebrei
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 4/2013
Il teologo valdese Paolo Ricca parla del Comandamento: Non commettere adulterio
Giornata del dialogo fra cattolici e ebrei
Giovedì 17 gennaio, Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, il pastore valdese Paolo Ricca è stato chiamato a Ravenna, presso la Sala Don Minzoni del Seminario Arcivescovile, per trattare il settimo comandamento. Questa importante celebrazione, ha esordito Ricca, apre una pagina completamente nuova nella storia del Cristianesimo, dopo duemila anni di divorzio tra Chiesa e Sinagoga. Tale divorzio è stato fatale per il popolo ebraico, ma anche per la Chiesa, che per duemila anni si è privata di tutto quel patrimonio spirituale che ha prodotto il pensiero ebraico dopo Gesù. Non possiamo capire a fondo la Bibbia, senza l’apporto dell’ebraismo. Ci si chiede se è ancora importante oggi rivisitare i dieci Comandamenti, che Gesù ha riassunto nell’unico comandamento dell’amore. La gente comune oggi tende a fare a meno di leggi morali, ma, al tempo stesso, in questi ultimi anni c’è stato un risveglio di interesse, per le dieci Parole fondamentali della vita. Nella Bibbia i comandamenti sono introdotti da una proclamazione di libertà, e servono per conservare la libertà. Riguardo al settimo comandamento, sesto per la Vulgata, argomento di questa giornata, dobbiamo riconoscere che oggi l’adulterio è stato completamente sdrammatizzato, manca una censura morale e la vita moderna offre più occasioni di commettere adulterio. L’adulterio biblico non era un peccato contro la moglie, ma contro la proprietà, cioè contro il padre o il marito della donna. Però nei profeti biblici a un certo momento l’adulterio diventa delitto contro la fedeltà al coniuge perché il rapporto moglie-marito diventa immagine del rapporto Dio-Israele: Israele è infedele a Dio quando adora altri dèi. Quindi il rapporto coniugale diventa esclusivo, come quello fra Israele e Dio il quale si definisce ‘un Dio geloso’. Gesù introduce in questo discorso due novità: la difesa del vincolo coniugale e il perdono dell’adultera: difende il vincolo coniugale radicalizzando il concetto di adulterio (basta desiderare per aver già commesso adulterio) e col rifiuto del ripudio. Gesù non entra nella casistica che un certo ebraismo faceva (cioè l’enumerazione dei casi in cui si può ripudiare), ma affronta il tema della natura del vincolo. Dio ha creato uomo e donna perché si uniscano, e la natura profonda del vincolo coniugale è che sia eterno. Il testo del perdono all’adultera è collocato in Giovanni 8, prima del tentativo di lapidazione subìto da Gesù: è come se le pietre non lanciate all’adultera ricadano su Gesù, che si è accollato la colpa della donna, come tutti i nostri peccati. Gesù a questa donna non chiede promesse né pentimento. Col perdono Gesù dimostra la sua comprensione verso la condizione della donna e illustra in maniera stupenda la parola grazia, il perdono che ci è dato gratuitamente.           
Il matrimonio per amore che si contrae oggi è una novità nella lunga storia dell’uomo. I problemi che possono nascere si devono superare con la volontà di non dissipare ciò che si è costruito, sapendo che la fedeltà è soprattutto a una persona, quella che hai scelto e da cui sei stato scelto. Ed è la stessa fedeltà che si deve al patto fra Dio e gli uomini.
Giovanna Fuschini
